Palm Springs risponde a una domanda che nessuno si è mai posto: come sarebbe il film Ricomincio da capo se al posto di Bill Murray ci fosse stato un più recente commediante del Saturday Night Live? Può questa leggera commedia romantica in salsa sci-fi tenere testa a un classico del cinema tanto amato dal pubblico? 

Trama

Nyles (Andy Samberg) vive ripetutamente uno specifico 9 novembre. Ospite a una festa di matrimonio al fianco della fidanzata Misty (Meredith Hagner), si sveglia ogni mattina per rivivere gli eventi della giornata, incastrato in un soffocante ciclo che lo ricomincia ogni volta che il ragazzo perde conoscenza o si appisola.

Superato un primo momento di fosca depressione, Nyles ha imparato a crogiolarsi in un vivace nichilismo. Rassegnandosi alla futilità della vita stessa, ha infatti iniziando a godere decadentemente di ogni piacere e di ogni vizio, abbandonandosi a un’eternità di eccessi. Il suo strampalato equilibrio viene però sconquassato una sera, quando, a seguito di un tentativo di seduzione deragliato da eventi esterni, la giovane Sarah (Cristin Milioti) finisce a sua volta incastrata nel dedalo temporale.

Iniziando ad affrontare l’eternità al fianco della ragazza, il senso di abbandono di Nyles finisce gradualmente con il venir intaccato. Il suo cinismo si tramuta in affetto e in sincero interesse, ma fintanto che il loop non verrà infranto la liaison amorosa non potrà mai sbocciare. Dopotutto bisogna avere un futuro, per ambire a un futuro di coppia.

Tecnica

Sul piano prettamente produttivo, Palm Springs è plagiato da un’impostazione da “direct to video” o, più adeguatamente, da video on demand. L’intero progetto è autoprodotto da Samberg stesso attraverso la sua Lonely Island Classics, motivo per cui nel progetto sono stati investiti solamente 5 milioni di dollari. Per comparazione, ricordiamo che nel 1993 Ricomincio da capo vantava un budget di più di 15 milioni, cifra che oggi corrisponderebbe a circa 30 milioni di dollari, se si tiene conto dell’inflazione.

Proprio questa natura da “underdog” ha fatto sì che la pellicola si legasse a un regista e a un autore di primo pelo, rispettivamente Max Barbakow e Andy Siara, personaggi di buone speranze, ma privi di quell’esperienza utile a concretizzare una prodotto visionario o particolarmente arguto. Il sodalizio dei due ha dato vita a un lungometraggio fresco e genuino, ma che è anche incapace di trattare con la dovuta profondità le tematiche più impegnative proposte dal copione.

Attori

Andy Samberg (Vicini del terzo tipo, Hotel Transylvania) è un volto noto più per la sua partecipazione al Saturday Night Life che per le sue abilità attoriali. Tutto il mondo lo conosce per video musicali dal gusto pacchiano quali Threw It On The Ground e Jizz in my pants, ma anche per le sue collaborazioni con Adam Sandler, ambo traguardi professionali che potrebbero preoccupare il pubblico più esigente. Sorprendendo, Samberg riesce a stemperare i tratti più eccessivi del suo repertorio, proponendo il suo solito “party animal”, ma con toni credibili e umani.

La Sarah interpretata da Cristin Milioti (How I met your mother, The Wolf of Wall Street) si dimostra un’ottima co-protagonista, fungendo da contraltare simbiotico all’atteggiamento semplicista e autoindulgente messo in campo da Nyles. I suoi istinti autodistruttivi, la sua malsopportazione all’ipocrisia sociale e la sua pragmatica concretezza sono in grado di creare un ponte empatico che coinvolge lo spettatore e attorno al quale finiscono per orbitare anche gli altri personaggi.

Quasi a sorpresa, Palm Springs é riuscito a reclutare anche J. K. Simmons (Spider-Man, Thank you for smoking), attore di nota bravura che qui si presta per un ruolo marginale e criminalmente mal sfruttato.

Conclusioni

Palm Springs è la classica pellicola che desta gli entusiasmi e le attenzioni delle mostre del cinema indipendente: ha un basso profilo, cerca un approccio innovativo, è in mano a una nuova generazione di cineasti. Nonostante le sue innegabili qualità, il film finisce però con il cadere irrimediabilmente a metà tra un’opera dalle ambizioni artistiche (si veda Swiss Army Man) e un prodotto commerciale con cui intrattenere (Get Out), non soddisfacendo appieno nessuna delle due categorie.

Si tratta di una pellicola perfetta per lo streaming, che riesce indubbiamente a strappare qualche risata e a trasmettere vampate fatte di buoni sentimenti. Un prodotto “feel good” in cui é piacevole incappare, ma che risente molto del fatto gli siano stati garantiti addirittura meno fondi di quelli assicurati anni fa al temibilissimo Dracula 3D di Dario Argento.