Cassie era una donna promettente ma alla soglia dei trent’anni lavora in una caffetteria, è single e vive con i genitori. La sua vita a un certo punto si è spezzata a causa di un evento traumatico legato alla sua amica d’infanzia Nina, con la quale si era iscritta alla facoltà di medicina e con la quale si era ritirata dagli studi. Da allora Cassie vive in una sorta di apatia e l’unico scopo che sembra avere è spaventare gli uomini che cercano di abbordarla e approfittare di lei nei locali in cui si finge ubriaca. Un giorno incontra Ryan, un ex studente della sua facoltà diventato pediatra, che nonostante la freddezza di Cassie fa di tutto per corteggiarla, fino a farla cedere. Che sia lui l’unico modo per di trovare un po’ di pace?

Se di primo impatto Una donna promettente può apparire come una black commedia colorata e un po’ kitsch con una colonna sonora pop che spazia dalle Spice Girls a Paris Hilton, in realtà si rivela un film legato all’attualità. Chiari sono le intenzioni di allacciare all’onda del Me Too e ai fatti di abusi subiti dalle donne in modo serio, e riflettendo in particolar modo sul concetto di colpa. Emerand Fennell, regista e sceneggiatrice (Una donna promettente ha ricevuto cinque nomination all’Oscar portandosi a casa la statuetta per la miglior sceneggiatura originale), non parla di una storia di vendetta da fumetto alla Kill Bill, ma di una donna traumatizzata dalla morte di un’amica che non ha retto la pressione dopo essere stata stuprata.

Forse uno dei tratti migliori di questa pellicola è il raccontare come la prevaricazione sia presente in ogni parte della società, non soltanto nel mondo maschile, e di come tenda ad essere giustificata. Carrie, ben caratterizzata da Carey Mulligan, sente che il male viene coperto anche dalle donne poiché fanno parte di un sistema che difende gli uomini. Il modo di pensare “era ubriaca e quindi se l’è cercata”, oppure “era vestita in modo provocante e quindi…”, è purtroppo una forma mentis che permea profondamente tutti, anche i membri all’apparenza migliori della società. Un mondo tanto disgustoso è invece raffigurato dalla Fennell con segno opposto, per questo la Mulligan viene vestita con abiti pastello e colorati, e fatta muovere all’interno di una scenografia pop. La protagonista, ritratta con un’iconografia cristiana in più di un’occasione, vive in una dimensione in una favola che copre una da incubo.

La vendetta in Una donna promettente è l’unica forma di liberazione per Carrie ed è forse questo il vero limite del film troppo concentrato sul messaggio, senza compiere alcun un lavoro di limatura. Da una parte la poca verosimiglianza della storia si perde in un bicchiere d’acqua in alcuni passaggi (se fai finta di essere ubriaca e finisci a casa con uno che vuole approfittarne, davvero basta dire di essere in realtà sobria per farlo spaventare o, più verosimilmente, non andrebbe comunque a finire male?), dall’altra il finale è troppo nero. Ma davvero, ci si chiede è necessario fare un film in cui il solo modo per trovare giustizia è l’estremo sacrificio? Anche l’epilogo non dovrebbe insegnare qualcosa invece di raccontare un fatto di cronaca come in una puntata di Amore criminale?