Tra fate, maghi e castelli
Nato il 20 Agosto del 1947, fin dall’infanzia Alan Lee fu attratto da libri illustrati, soprattutto se dedicati a miti e leggende. “Ho un ricordo chiaro del mio primo incontro con il mito,” ricorda Lee. “Seduto in una libreria mentre nello stesso tempo viaggiavo con Teseo lungo la strada per Atene. Fui completamente rapito e in pochi mesi lessi ogni libro su miti, leggende e folklore presenti nelle due librerie vicine.”
A sedici anni si iscrisse alla Ealing School of Art dove si diplomò in grafica e design e, dopo qualche mese trascorso a fare il giardiniere in un parco, riuscì a farsi commissionare alcune copertine iniziando così la sua carriera di illustratore indipendente.
Alla ricerca di fonti di ispirazione sempre nuove, nel 1975 Lee si trasferì nel Dartmoor, insieme con il collega e amico Brian Froud. Il Dartmoor, un parco nazionale considerato come l'ultima zona selvaggia dell'Inghilterra meridionale, si dimostrò uno scenario perfetto per un artista della sua indole: una terra di suggestiva bellezza, immersa in un’atmosfera di favole antiche, una terra di rovine dell’Età del Bronzo e pietre erette sulle colline spazzate dal vento. Le foreste coperte di muschi, gli alberi contorti, i sentieri costeggiati di edera e le brughiere ondulate influenzarono fortemente Lee, rivelando la sua anima paesaggista, le cui opere sono direttamente ispirate dalle linee, i toni e le forme del mondo naturale.
Nel 1976 l’editore David Larking, pubblicò Once Upon a Time – Some Contemporary Illustrator of fantasy, una raccolta di illustrazioni per l’infanzia create da 14 artisti tra i quali facevano parte Lee e Froud Nello stesso anno, Lee realizzò le illustrazioni per The Golden Book of the Mysterious dove, con l’intero reame del fantastico come soggetto, fu libero di esercitare la propria immaginazione, creando una serie di favolosi acquerelli con cui rappresentò astronavi, aeroplani e alieni, soggetti che non affronterà mai più.
Attratto dalla produzione artistica di Lee e Froud, l’editore Ian Ballatine, che aveva appena pubblicato il volume Gnomi, propose loro la realizzazione di un libro dedicato alle fate. Con Fate (1978), Lee e Froud crearono un’opera memorabile, un fantastico viaggio nei miti, leggende e folklore legati al reame fatato.
Il testo scritto a caratteri tipografici è intervallato da note scritte a mano che danno quasi il senso di un diario di viaggio. Citazioni e poesie tratte da Shakespeare e Walter Scott, leggende, alcune tratte dalle raccolte di Lady Wilde e Lady Gregory, fiabe e racconti popolari forniscono la base storico-letteraria per conoscere le origini del popolo fatato.
Sono però le illustrazioni create dai due artisti a rendere questo volume veramente unico. Lee creò delicati disegni a matita per ritrarre il popolo fatato, volti dai lineamenti antichi e bellissimi o anche mostruosi e crudeli, e sfruttò la trasparenza dell’acquerello per creare paesaggi suggestivi appena nascosti dalle nebbie o dalle acque.
Il successo riscosso da Fate diede a Lee la notorietà che gli permise di realizzare uno dei suoi sogni. Mentre Froud fu coinvolto nella realizzazione di The Dark Crystal di Jim Henson, Lee potè finalmente dedicarsi all’illustrazione de I Mabinogion (1982). Questi racconti tradizionali sono profondamente radicati nei paesaggi e nelle atmosfere del Galles. Lee seguì il filo della narrazione fino alle contee di Dyfed e Snowdonia, immergendosi nei colori, nelle forme e nello spirito di questa regione celtica. Ritornato nel suo studio, con il suo blocco di bozzetti e riferimenti fotografici, creò una serie di favolosi acquerelli per accompagnare le storie del principe mago Gwydion, del re Bran e della bellissima Rhiannon.
Il motivo arturiano de I Mabinogion fu ripreso per creare le illustrazioni di Castles (1984), di David Day, una raccolta di miti, racconti e leggende ambientate in famosi castelli. Lee dipinse dalle classiche fortezze celtiche, ai luoghi delle leggende Arturiane, dai castelli delle fate fino alla fortezza di Gormenghast e la casa degli Usher di Edgar Allan Poe.
Con la collaborazione del mago dell’alta tecnologia Richar Seymor, nel 1985 Lee creò le illustrazioni per il libro The Mirrorstone, incorporando, per la prima volta, immagini olografiche nei dipinti: specchi, finestre, pozzanghere e sfere di cristallo realizzate come mai altri libri erano riusciti fare, arricchite dalla vera profondità tridimensionale. Il libro fece vincere a Lee lo Smarties Prize for Innovation.
Nel 1987 Lee illustrò il romanzo The Moon’s Revenge di Joan Aitken, dove si narrano le avventure del giovane Sep il cui sogno è quello di diventare violinista. Per realizzare questo desiderio Sep deve lanciare sette scarpe contro la luna, la quale, offesa dal gesto, richiede il suo prezzo al giovane. Toglie la voce alla sorella, costringe Sep a camminare per sette anni senza scarpe e lo fa incontrare con un drago gigantesco. Joan Aitken sfuma il motivo del sette, i desideri e i compiti, con il fascino della musica e del potere della natura in una storia che sembra antica e familiare insieme.
Con le sue illustrazioni, la città medioevale sulla scogliera rocciosa e battuta dalle tempeste, le creature spettrali che emergono dal mare, un antico cavaliere che sembra portare un violino e un grigio e fetido drago, Lee cattura perfettamente il tono onirico del romanzo bilanciandolo con un velo di realismo.
The Moon’s revenge fu seguito da Merlin’s Dreams (1988), nove storie di sangue, magia e creature fantastiche, racchiuse nei sogni di un mago Merlino imprigionato sotto una grande pietra, che Lee accompagna con incantevoli illustrazioni a matita e acquerello.
Per i sentieri della Terra di Mezzo, con un intermezzo nell’antica Grecia
Fu all’inizio degli anni ‘90 che Alan Lee legò la sua attività di illustratore con l’opera che viene considerata la quintessenza della letteratura fantasy inglese e mondiale, Il Signore degli Anelli di J.R.R Tolkien.
L’incontro di Lee con il libro di Tolkien avvenne all’età di di 18 anni. “Mi sentii come se l’autore avesse preso ogni elemento che avevo sempre cercato in una storia e li avesse intessuti in un’immensa e scorrevole narrativa; ma, cosa più importante, Tolkien creò un luogo - un vasto, bellissimo e imponente paesaggio - che rimane vivo a lungo anche dopo che i protagonisti hanno terminato le loro battaglie e sono andati per strade separate.”
Quando il romanzo fu ripubblicato in una versione in tre volumi, Lee creò le illustrazioni per le copertine. Dipinse anche le copertine dei volumi dal VI al IX dell’opera The History of Middle Earth, immagini che trovarono la loro piena realizzazione nel suo successivo capolavoro: l’edizione illustrata de Il Signore degli anelli pubblicata per la commemorazione del centenario (1892-1992) della nascita di Tolkien.
Fu Jane Johnson, l’editrice di Tolkien per la Allen e Unwin, ad avere l’idea di creare una edizione illustrata, convincendo la Tolkien Society a interessarsi al progetto. Lee fu invitato a presentare alcuni disegni dei personaggi, in quanto, gli hobbit soprattutto, avrebbero dovuto essere rappresentati secondo le idee della Tolkien Society. “Fu facile farli sembrare sia grotteschi che strani e anche un poco ripugnanti” ricorda Alan Lee.
Secondo Lee fu un bene che la Tolkien Society avesse il controllo della produzione, la cosa che più lo preoccupava era infatti di imporre uno stile visivo che potesse competere con quello che l’autore aveva cercato di veicolare con le sue descrizioni. “E’ sempre un problema fare la trasposizione di un’opera utilizzando altri mezzi. Sotto certi aspetti sono sempre stato riluttante a illustrare racconti, in quanto rappresentano già dei lavori completi e non sono stati creati per essere illustrati. L’autore ha fatto così fatica a costruire le immagini nella mente del lettore che sembra quasi un arrogante tentativo per sostituirle.
Tolkien, tuttavia, sembra più vicino a quei testi antichi che veramente amo illustrare, perchè così aperto a una varietà di interpretazioni.
La Tolkien Society chiese a Lee di concentrarsi principalmente sui paesaggi e non sui personaggi, richiesta che incontrò anche gli interessi dell’illustratore. “In alcune scene i personaggi sono così piccoli che quasi non si riconoscono. Questo incontra le mie inclinazioni e il mio desiderio di evitare, il più possibile, che le immagini interferiscano con quello che può immaginare il lettore, il quale tende a focalizzarsi maggiormente sui personaggi e le loro relazioni. Penso che il mio compito sia di lasciare nell’ombra gli eroi di questa saga, o in lontananza, avvicinandosi a loro solo in caso di forti emozioni ma senza cercare di ricreare la drammaticità del testo.”
Lee creò cinquanta acquerelli i cui toni di colore si sposano perfettamente con le atmosfere e le emozioni del romanzo. I delicati toni dell’ocra e del verde, usati per descrivere i sereni paesaggi delle terre degli Hobbit e degli Elfi all’inizio del romanzo, lasciano il posto a immagini dominate dal nero e dalle sfumature di un cupo grigio per rappresentare le battaglie e i luoghi dominati dall’ombra di Mordor per essere poi interrotte, verso la fine del romanzo, dal bianco che illumina e domina le illustrazioni di Minas Tirith e Gondor.
Nel 1992, Lee prese una pausa dalla Terra di Mezzo per iniziare un viaggio in un paesaggio molto differente, accettando di illustrare una nuova edizione dell’Iliade e l’Odissea, rivisitate dalla scrittrice per l’infanzia Roosemary Sutcliff.
Lee conservava ancora il suo amore per questi racconti, tuttavia “ero preoccupato all’idea di passare così tanto tempo sui campi di battaglia di Troia, quando la mia casa naturale, e fonte di ispirazione, sono da tempo le foreste e le colline del Dartmoor,” ricorda Lee. “Viaggiai in Grecia, per la prima volta, con una copia della descrizione della Grecia di Pausanias come guida e appesantito da colori, blocchi e macchina fotografica. So che molte delle azioni erano ambientate in Turchia, ma avevo sentito dire che non c’era molto da vedere sul sito di Troia e pensai quindi che Micene sarebbe stata un’ottima sostituta.
Visitai tutti i siti archeologici e i musei, disegnando manufatti e folle di studenti. Mi innamorai di tutte le Korai dell’Acropoli e, soprattutto, andai a Delphi, che non ha nulla a che vedere con la storia che stavo illustrando, ma è incastonata in uno dei paesaggi più straordinari che abbia mai visto.”
Armato di fotografie, appunti, bozzetti e arricchito dai ricordi delle immagini lasciategli dal suo viaggio in Grecia, Lee iniziò a creare una visione di una Grecia magica che non fu mai, a metà strada tra il mito e la storia, tra la casa di Omero e gli dei, coinvolgendo famiglia e amici come modelli per i personaggi principali della vicenda.
Sfortunatamente Rosemary Sutcliff morì prima che questa meravigliosa opera d’arte fosse completata, ma avrebbe sicuramente apprezzato vedere i risultati in The black ships of Troy, che vinse il Kate Grenaway (premio inglese per l’illustrazione) e in The wandering of Odysseus.
Nel 1994, Lee tornò nella familiare Terra di Mezzo, illustrando Tolkien’s Ring di David Day e l’anno successivo, per il 60enismo anniversario della pubblicazione de Lo Hobbit, fu nuovamente coinvolto per realizzare le illustrazioni. Diversamente da Il Signore degli Anelli, Lee potè concentrarsi anche sul disegno dei personaggi e in particolare dell’eroe della vicenda. “Non credo di avere mai visto il disegno di uno hobbit che mi convincesse abbastanza e non so neppure io se sono andato vicino nel disegnare Bilbo. Sono abbastanza contento dell’illustrazione di Bilbo in piedi davanti a Bag End, prima che Gandalf arrivi e sconvolga il suo confortevole mondo, ma sono giunto alla conclusione che una delle ragioni per cui gli hobbit sono così quieti ed elusivi è per evitare lo sguardo curioso degli illustratori.”
Per sei anni, Lee dovette mettere da parte il progetto di illustrare nuovi libri. Si trasferì infatti in Nuova Zelanda per collaborare alla trilogia cinematografica di Peter Jackson insieme a un altro famoso illustratore tolkeniano, Jon Howe. “Penso sia stata una vera collaborazione. John e io non lavoravamo isolati ma insieme con i disegnatori della Weta e molto spesso lavoravamo sugli stessi soggetti, per esempio Rivendell, preparando diverse versioni per molte scene. In alcune occasioni John aveva l’ispirazione giusta e io lo seguivo e viceversa. Non abbiamo fatto una divisione del lavoro, è stata una cosa naturale. Io ero più coinvolto nella progettazione di luoghi e città, John nelle creature, armi e armature.”
John Howe è un esperto medievalista, dirige una compagnia di rappresentazione medioevali in Svizzera (in Nuova Zelanda arrivò con la sua armatura personale). Le sue idee ebbero un effetto decisivo per la realizzazione di armi e armature che dovevano apparire il più realistiche possibile. John si dedicò principalmente al “lato oscuro” della vicenda, ai luoghi e agli ambienti più cupi, come ad esempio Barad-dûr, mentre Lee si occupò della rappresentazione delle culture, città e villaggi della Terra di Mezzo.
“Ogni cosa sembrava essere al suo posto. John ha uno stile molto drammatico, focalizzato sulla teatralità di ogni gesto. Davvero andò nella città dal Cancello Nero, ogni cosa era realmente immensa e oscura. Diversamente, io trascorsi molto tempo a Rivendell. Ho spesso pensato che stavo cercando di creare quei luoghi che avrei voluto visitare e abitare. Vivo in una regione dell’Inghilterra veramente splendida e molti dei suoi paesaggi compaiono in Hobbiton e Rivendell. Sono stato coinvolto dalla storia e ho cercato di renderla il più realistica possibile.”
Rohan e il Salone d’Oro di Edoras sono le creazioni di cui Lee è più fiero. Per la sala d’oro si ispirò alla descrizione del salone di Heorot con cui inizia la saga di Beowulf, come fece lo stesso Tolkien quando descrisse il Meduseld. “Quanti disegni di dettaglio sono finiti in quel set! Erano luoghi meravigliosi, Edoras è uno dei luoghi più belli che abbia mai visitato.”
Grazie alla trilogia de Il Signore degli Anelli, Lee vinse nel 2004 il premio Oscar per il suo lavoro come Art Director per il terzo film, Il ritorno del Re. Bisogna ricordare che Lee non è nuovo a esperienze cinematografiche avendo lavorato anche sulle scenografie di Legend di Ridley Scott, di Erik il Vichingo di Terry Jones e della miniserie televisiva Merlino.
Al suo ritorno nel Dartmoor, nel settembre 2004, Lee riprese a lavorare ad alcuni suoi progetti e alla realizzazione di The Lord of the Rings Sketchbook (http://www.fantasymagazine.it/notizie/3267), un racconto in parole e disegni di come concepì e creò le immagini inserite nell’edizione illustrata del Signore degli Anelli.
Quando non lavora presso il set di qualche film, Lee trascorre il suo tempo nella sua casa nel Dartmoor e in particolare nel suo studio a due piani ricavato in un vecchio granaio. I suoi interessi coprono ancora i miti, il folklore, la letteratura, la poesia, la musica, l’archeologia, la storia e lunghe camminata per le campagne del Devonshire. Al momento sta lavorando alla rivisitazione delle Metamorfosi di Ovidio di Adrian Mitchell.
Influenze artistiche e tecnica
In un periodo in cui la venerazione per gli illustratori dell’Età d’Oro non era comune, Alan Lee costruì il suo stile basandosi su un’alchimia di influenze che risalivano a 50, 60 anni prima. Le opere di Arthur Rackam e Edmund Dulac così come i dipinti di Burne Jones e dei preraffaelliti, giocarono un ruolo importante per i suoi studi e l’orientamento artistico.
“Sono continuamente ispirato anche da Rembrandt e Brueghel (mi sono sempre chiesto se la sua Torre di Babele non avesse ispirato la descrizione di Minas Tirith), Hieronymus Bosch, Albrecht Dürer, e Turner; non necessariamente perchè influenzano il mio lavoro, ma perché il loro esempio solleva il mio spirito, afferma la mia convinzione nel potere delle immagini di commuoverci e deliziarci, e mi mostrano quanto lontano devo ancora andare. Quando visitai pere la prima volta Venezia e Firenze rimasi incantato dagli artisti del Rinascimento, Botticelli, Bellini, Leonardo e altri. Il loro lavoro è calmo, controllato, tuttavia ogni viso e ogni paesaggio è ricco di passione. Nei dipinti di Botticelli, ogni ciottolo e ogni foglia è resa con una devozione religiosa; c’è una riverenza insita nel prestare una tale attenzione in ogni pietra, trasformando la pittura in una forma di devozione, un atto di preghiera”
Come i suoi predecessori, Lee sceglie l’acquerello per le sue illustrazioni, utilizzato in un classico stile romantico. “Mi piace lavorare con gli acquerelli. Un mezzo imprevedibile che può essere influenzato dall’umidità, gravità, il modo in cui gli elementi più pesanti del composto si fissano nelle ondulazioni della superficie della carta, e da qualsiasi cosa io desideri fare. Con altri mezzi si ha più controllo, si è responsabili di ogni segno sulla pagina, ma con gli acquerelli si è in dialogo con la pittura.”
Quando inizia un’illustrazione, normalmente Lee parte da piccoli bozzetti, dando solo un’idea dell’atmosfera, delle dinamiche e degli equilibri dell’illustrazione. Successivamente crea un disegno più grande supportato da modelli, generalmente amici, se la figura umana deve occupare uno spazio importante nell’illustrazione. Il disegno viene quindi abbozzato sulla carta per acquerello senza però inserire i dettagli, che verranno invece aggiunti con il colore. “Questo mi permette una maggiore interazione con il mezzo, un dialogo tra me e la pittura. Altrimenti sarebbe come dipingere con i numeri, una conversazione a senso unico.”
I suoi dipinti sono ricchi di paesaggi suggestivi e immaginari, tuttavia così incredibilmente reali che guardandoli si potrebbe essere tentati di fare un passo dietro il dipinto e per camminare oltre l’orizzonte visibile.
La magia del Mito e dell’Arte
“Il potere del mito e dell’arte è la magica abilità di aprire porte, di creare connessioni, non solo tra noi e il mondo della natura, ma tra noi e il resto dell’umanità. I Miti mostrano ciò che abbiamo in comune con il resto dell’umanità, indipendentemente dalla cultura dalla quale proveniamo, o dal secolo in cui viviamo e, nello stesso tempo, mitologia e arte celebrano le nostre differenze essenziali.
L’alchimia tra mito e arte produce in verità una qualità di magia evidentissima nella bellezza senza tempo delle illustrazioni di Alan Lee. I tortuosi sentieri attraverso la Terra di Mezzo, le valli verdeggianti dell’antico Galles, le vedute della piana di Troia, e gli alberi contorti delle foreste del Dartmoor, creano un incantesimo potente e durevole.
Tuttavia il tranquillo mago che si cela dietro i dipinti sembra quasi inconsapevole della magia che crea con la matita, la penna e il pennello.
“Continuo a disegnare alberi, rocce e fiumi, “dice. “Sto ancora imparando come vederli, sto ancora scoprendo come rendere le loro forme. Passerò la mia vita a farlo. Forse un giorno riuscirà a farlo bene.”
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