Ogni anno i popoli del mondo di Elda si ritrovano alla Grande Fiera, tradizionale evento politico-culturale, in cui le differenze religiose sono messe da parte per ottenere i favori di qualche re, stipulare trattati vantaggiosi o raggiungere importanti alleanze. Su questo sfondo variopinto fatto di tradimenti, delitti, amori e amicizie, si muovono i numerosi personaggi creati da Jude Fisher; lo stupido re Ravn Asharson, sovrano dell’Eyra in cerca di una consorte, le nobili famiglie dell’impero Istriano del sud, la cui intollerante religione maschilista è una cappa di cecità e fanatismo, i fieri eyrani del nord, le cui splendide navi solcano i mari conosciuti in cerca di avventure e gli Erranti, i misteriosi mercanti nomadi che, assieme ai loro suggestivi carichi, portano con sé uno strano uomo pallido, una donna dalla bellezza magnetica ed un gatto nero dai poteri singolari.

Quasi tutti, però, ignorano che un evento epocale sta per sconvolgere il mondo di Elda; la magia, da secoli scomparsa, sta inspiegabilmente ritornando e tra le mille misteriose vie di cui dispone, ha scelto anche le mani della giovane e ribelle armaiola eyrana Katla Aransen.

Prima di cominciare a scrivere, Jude Fisher è stata editor mondiale delle opere di Tolkien. Questo suo primo libro è strano: ha grandi pregi, ma anche qualche importante difetto.

La prima cosa di cui tener conto nel recensirlo è che si tratta del primo volume di una trilogia; è un libro la cui vicenda non si conclude, quindi, e serve a introdurre successivi sviluppi. Un giudizio completo dovrà perciò attendere la conclusione della storia.

Il ruolo preparatorio del Risveglio della magia pesa fin troppo sulla struttura del libro. Le prime duecento pagine sono infatti una sorta di grandiosa introduzione al mondo di Elda, ai suoi popoli, alle sue culture, a discapito della storia che fatica a mettersi in moto e dell’azione che latita del tutto.

Questo nasconde però anche un lato positivo, che non so quanto sia in grado di bilanciare il difetto di scorrevolezza, ma che, in ogni caso, rappresenta la caratteristica fondamentale della Fisher: il Risveglio della magia ha un tono erudito, per certi versi tolkieniano. I popoli dell’Elda sono caratterizzati con grande precisione e profondità, i dettagli politici, culturali e religiosi abbondano pur non essendo fini a se stessi, bensì assumendo un peso rilevante nell’economia della storia. L’autrice attinge a piene mani al suo substrato culturale (è una profonda conoscitrice delle antiche lingue nordiche e della letteratura medievale islandese e norvegese) e lo sfrutta per tratteggiare, in particolare, le usanze della società eyrana, che ricorda proprio quella vichinga.

Nella seconda metà del libro l’autrice dimostra anche di saper gestire una trama che si fa sempre più complessa e ricca di colpi di scena. Qui l’azione entra nel vivo, diventa accattivante, sebbene resti l’amaro in bocca per l’assoluta mancanza di una conclusione sia pure parziale. E, certo, si può discutere se tale mancanza sia effettivamente un difetto o una scelta necessaria. Non è lo stesso per quel che riguarda la gestione del punto di vista: la Fisher adotta quello universale, ma lo gestisce in modo un po’ troppo disinvolto, compiendo dei balzi spazio-temporali che, in certi casi, lasciano perplessi.

Il libro mi pare nel complesso buono e, in fin dei conti consigliabile; non avrà il respiro epico che appartiene a certi capolavori, ma è accurato e sicuramente piacevole.