Una notte piovosa in un motel isolato. Un gruppo di estranei uniti da una serie di improbabili coincidenze. La loro morte: prima uno, poi due, tre... in un crescendo di mistero in cui i vari cadaveri di cui si riempe la scena svaniscono nel nulla come gli zombi di Resident Evil.

Dopo i "classici" titoli di apertura copiati da Seven, Identità di James Mangold (quello di Ragazze Interrotte e Cop Land, ovvero uno dei registi più sopravvalutati degli ultimi anni) si presenta subito come un thriller pretenzioso nei suoi ingombranti riferimenti a Psycho di Hitchcock e a Dieci piccoli indiani di Agatha Christie; mezz'ora e sterza nell'horror cupo (il più trito knife-movie con psicopatico) per poi tornare, nel finale, a essere un thriller pretenzioso. Molto pretenzioso. Talmente pretenzioso da risultare irritante.

Il tema cardine, che non vi diremo per non guastare l'alone misterioso del film, è a dir poco abusato e continua a venirci propinato in tutte le salse (e in mano a Mangold non ne esce certo rinnovato). Scoprirete da soli di che tema si tratta se vi verrà voglia di accorrere a vedere il film; allora vi capiterà, probabilmente, di storcere un po' il naso. Non tanto perché Identità sia particolarmente brutto, ma perché nel voler costruire a tutti i costi una storia dotata di "logica", e giustificare così il geometrico sterminio dei personaggi e la scomparsa dei loro cadaveri, finisce per offrire una spiegazione tanto assurda da essere più indigesta che se avesse per protagonisti omini verdi o folletti ubriachi. Identità è infatti emblematico di un certo tipo di cinema "strano" sempre più alla moda che, tenacemente positivo, offre pseudo-scienza (in questo caso pseudo-psichiatria, una parodia delle teorie di Alfred Binet tanto sgangherata da far sbellicare dalle risate qualsiasi psichiatra) con la convinzione di appagare le aspettative dello spettatore. Forse è vero. Più probabilmente non lo è affatto... ma si sa che i produttori sono sempre troppo sicuri di sapere cosa si aspetti il pubblico.

Certamente Identità non è un capolavoro e il finale su cui tutto l'intreccio si regge è tutt'altro che geniale. Può persino capitare che qualcuno azzecchi la verità dopo cinque-dieci minuti di film, tanto gl'indizi sono messi a bella posta anche per i più distratti; indizi e false piste che sembrano aver sopra una freccia neon. Se una curiosità (vaga) rimane, è quella di vedere se verrà confermato quanto si è capito con, purtroppo, larghissimo anticipo.

Peccato, perché a conti fatti Identità è ben fotografato e ben recitato (bravi John Cusack e Ray Liotta): rimane soltanto un modesto diversivo per una serata afosa, comunque.