Nessuna buona azione resta impunita.

Questa frase, chiunque l'abbia pronunciata, ha sicuramente da sempre un riscontro non solo nella vita reale ma in tutte le narrazioni.

All'inizio di The Wolverine, o Wolverine: L'immortale come è stato titolato in Italia, Logan è prigioniero in un campo di concentramento giapponese durante la II Guerra Mondiale e avrà occasione non solo di salvare la sua vita ma, in circostanze tutte da scoprire, anche quella di un giovane ufficiale giapponese, Yashida, che lo aveva liberato dalla prigionia. Di più non voglio dirvi perché la scelta narrativa dell'incipit, è di non contestualizza momento e luogo, veramente storici e importanti, con didascalie, ma di farlo scoprire man mano, con le immagini e il dialogo. Così come i motivi che hanno portato i due personaggi a salvarsi a vicenda.

Dopo l'incipit il Wolverine che ci viene presentato è un uomo roso dai rimorsi per gli eventi di X-Men: Scontro Finale, perseguitato nel sonno dal fantasma dell'amata Jean Grey. Vive tra le foreste, cercando di ridurre al meno possibile il contatto con gli umani delle vicine zone urbane, ma anche di rispettare il territorio degli animali che le vivono legittimamente.

Logan, si sa, non ha bisogno di cercare guai, tanto quelli arrivano da soli. Mentre sta per fare a fettine un cacciatore di frodo responsabile di una tragedia gli viene in soccorso una misteriosa ragazza giapponese, Yukio. Si presenta come l'emissaria di Yashida, ormai vecchio e morente, che ha espresso il desiderio di vedere per un'ultima volta il suo salvatore del tempo di guerra per restituirgli il favore ricevuto anni prima con un misterioso dono.

Il pur riluttante Wolverine accetta e lì scopre che Yashida è uno dei più potenti uomini del giappone, un industriale con mani in pasta ovunque e che la sua eredità, attesa con ansia dal figlio Shingen, è contesa anche dalla Yakuza. Nello scontro rischia la vita la giovane figlia di Shingen, Mariko, la nipote prediletta del vecchio Yashida.

A complicare il tutto la presenza di una misteriosa dottoressa, l'oncologa di Yashida, che sembra avere dei piani assolutamente personali sia nella questione dinastico/mafiosa che degli interessi letali proprio per Logan e i suoi poteri.

Tra scontri mozzafiato, momenti d'interazione tra i vari personaggi coinvolti, rivelazioni e colpi di scena, il film è essenzialmente la storia delle vicende che trasformano un uomo che non ha una causa per combattere, un ronin, in un vero guerriero, un soldato con una missione e uno scopo nella vita.

Tra gli scopi di Logan, oltre che quello di salvare la vita di Mariko, ci sarà anche quello di scoprire il mistero della perdita dei suoi poteri, per recuperare i quali dovrà fare per l'ennesima volta gesti estremi.

Va detto subito che la sceneggiatura non è sempre perfetta, non sembra sviluppare con il dettaglio necessario tutti gli elementi. Alcuni pezzi vanno a posto se si conosce un po' del background sia fumettistico che cinematografico del personaggio, ma non tutto torna alla fine. Probabilmente il film soffre l'essere incastrato in un progetto di più ampio respiro, visto che dal punto di vista cronologico è successivo a X-Men: Scontro finale e ha un sottile filo, che diventa un preciso raccordo nella scena finale, incastrata a metà dei titoli di coda, con il successivo film della saga mutante, X-Men: Giorni di un futuro passato.

Insomma da film autonomo è diventato una parte di un ciclo in corso d'opera, con revisioni successive delle sceneggiatura che traggono comunque una buona ispirazione dalla saga fumettistica di Chris Claremont e Frank Miller, ma ovviamente se ne sono dovuti distaccare per raccordarsi a un universo mutante cinematografico nato strada facendo e con alcuni passi falsi, come proprio il primo film su Wolverine.

Wolverine è interpretato con efficacia soprattutto fisica da Hugh Jackman. Pur tuttavia le sue prove migliori non sono le scene d'azione, comunque efficaci, bensì quella dei momenti di difficoltà fisica, quando il personaggio, privo del potere rigenerante zoppica e soffre. Jackman è più espressivo con il linguaggio del corpo che con la mimica facciale, da sempre, e anche in questo caso conferma queste doti, frutto dell'apprendistato teatrale.

Il resto del cast è funzionale al ruolo, le maggiori interazioni di Logan sono ovviamente con Mariko, la bella e brava Tao Okamoto; la giovane Yukio, ossia Rila Fukushima, anche lei efficace nella parte; la proiezione mentale di Jean Grey, interpretata con perizia da Famke Janssen.

Un po' buttato allo sbaraglio è il personaggio di Viper, al quale Svetlana Khodchenkova dona solo presenza scenica. Nessun attore nel cast brilla per intensità drammatica, ma d'altra parte è un action fantastico di intrattenimento, non una tragedia greca.

Ottime sono le maggior parte delle scenografie di François Audouy, sia gli interni che i suggestivi esterni giapponesi. Banale invece la location dello scontro finale, l'ennesimo stabilimento industriale senza fantasia e sense of wonder.

Non so se le musiche di Marco Beltrami reggeranno all'ascolto fuori dal contesto cinematografico, ma con il film si raccordano molto bene anche se manca un tema del personaggio che si possa ricordare usciti dalla sala.

Wolverine: l'immortale visto a sé stante, o come tassello di una saga più ampia, è un film realizzato con professionalità, pur se non privo di difetti. Un buon esempio di come si possa intrattenere lo spettatore mostrando buone scene d'azione, ottime nel caso delle scene d'ambientazione urbana in stile parkour, esotiche località, attori e attrici di bell'aspetto. 

Anche questo è uno dei motivi per i quali si va al cinema.