I marziani hanno deciso di invadere la Terra perché il loro pianeta è diventato invivibile e la razza umana è costretta ad affrontare una dura guerra per la sopravvivenza. Anche Ray Ferrier, ormai da tempo separato dalla sua famiglia, si trova coinvolto nella battaglia per difendere a tutti i costi i suoi figli dai violenti attacchi degli extra-terrestri...

Amici, visto su grande schermo il trailer di King Kong è semplicemente eccezionale, vale veramente la pena di aspettare il film con ansia, oserei dire che il geniale Peter Jackson potrebbe superarsi.

Fin qui le note positive, ero quindi in una buona disposizione d’animo che avrei tanto desiderato mantenere durante la proiezione di La guerra dei mondi.

Non è stato possibile, il film è brutto e soprattutto lento e noioso, pecca quest’ultima già presente in altre opere di Steven Spielberg, sebbene mai a questo livello.

Il regista sembra aver esaurito il repertorio delle citazioni da altri, suo pregio più o meno accettabile e se si vuole geniale, ed è ormai ridotto a citare se stesso, senza nemmeno troppo spirito.

I marziani sono visibilmente i “cugini cattivi” di ET (ma somigliano vagamente ad Alien), gli effetti speciali soffocano quasi del tutto il dialogo (e forse è meglio così, considerandone la pochezza) e perfino la musica ricorderà a quanti di voi abbiano orecchio musicale quella di Incontri Ravvicinati, in chiave minore.

Quanto alla storia, Spielberg fa leva, esattamente come in molti temevamo, sui sentimenti più epidermici e deteriori, riducendo il tutto a un apologo moraleggiante sulla ritrovata unità familiare di fronte alle avversità.

Malgrado in varie interviste dai toni trionfalistici e autocelebrativi il “più grande regista della storia del cinema” (permettetemi di dissentire da questo recente giudizio) abbia dichiarato il contrario, c’è soltanto un vaghissimo accenno alla verità proclamata da Wells, cioè la lotta per la sopravvivenza di due razze.

Spielberg è ormai un regista di effetti speciali e di tenere marionette aliene, ma Tom Cruise è umano, tetragono e monocorde come speravamo non fosse più, per non dire di un inutile gesto che determina una caduta di stile rovinosa quanto inspiegabile.

I due ragazzi co-protagonisti, soprattutto la “promessa” Dakota Fanning, sono irritanti nei loro stereotipi così come gli altri impegnati nell’operazione. Non manca un sottile ma persistente razzismo di fondo (l’Europa sta messa anche peggio di noi, perché NOI siamo i migliori e riusciremo a fargliela pagare) e un omaggio del tutto inutile, nel finale, al Minute Man della Rivoluzione.

La sceneggiatura è zoppicante, piena di buchi, di controsensi e di mancanza di logica (sia da esempio la fuga in automobile della famigliola, realizzata evidentemente come pura coreografia senza prendere in considerazione né la realtà dei fatti né la verità inoppugnabile che le automobili hanno bisogno di benzina), tutto è stato visto e sentito mille volte, non un brivido o una frase inattesa, tutto è programmato e prevedibile – ammettiamo che Spielberg ci abbia abituato a questo – fino alla noia; a questo proposito, sfido chiunque di voi a non saper indovinare, con più o meno un film d’anticipo, la frase finale tra padre e figlio.

Se il vostro ideale sono i popcorn movie, i paga-e-dimentica, gli effetti speciali rutilanti e annichilenti, padronissimi di aggiungere stelline in quantità industriale all’unica che mi sento di dare a questo film senza qualità, un passo falso – non il primo e presumibilmente non l’ultimo, perché la creatività non c’è più – di Spielberg.

Andandolo a vedere rischierete di rimpiangere, sullo stesso tema, non solo quel piccolo gioiello di Tim Burton che è Mars Attacks!, ma anche Ho sposato un mostro venuto dallo spazio, La Terra contro i dischi volanti e altre nefande produzioni ingurgitate nella lontana gioventù.

Un ultimo appunto: H.G.Wells è presente con alcune battute tratte dal suo romanzo omonimo, all’inizio e alla fine del film, con una lieve quanto improbabile “variante” religiosa che i lettori del romanziere inglese non faticheranno a scoprire.