Ma meglio ancora era la terra di Merlino e Artù, e meglio di tutto il Nord senza nome di Sigurd dei Volsunghi e del principe di tutti i draghi. Terre del genere; sì, che erano straordinariamente desiderabili. Non ho mai pensato che il drago appartenesse allo stesso ordine del cavallo, e non solo perché di cavalli ne vedevo ogni giorno, ma perché mai mi era capitato di scorgere l'impronta di un drago. Il drago portava il marchio Made in Feeria impresso a chiare lettere; e, quale che fosse il mondo in cui menava la sua esistenza, era pur sempre un Altro Mondo. La fantasia, la creazione o il balenare di Altri Mondi sostituiva il nucleo del desiderio di Feeria. Desideravo draghi con tutto il mio cuore; naturalmente, peritoso com'ero, non mi auguravo di trovarmeli nei dintorni, a invadere il mio mondo relativamente sicuro in cui era possibile, per esempio, leggere racconti in santa pace, immuni dalla paura.

Ma il mondo che comprendeva un Fáfnir, sia pure soltanto immaginario, era più ricco e più bello, per quanto pericoloso fosse. L'abitante delle tranquille e fertili piane può sentirsi raccontare delle colline impervie e dei mari infecondi, e desiderarli in cuor suo. Perché il cuore è saldo anche se il corpo è debole.

Ecco, potrei giustificare l’assunto iniziale di questo mio discorso rimarcando la frase centrale del brano poco prima citato: “… il Mondo che comprendeva un Fáfnir, sia pure soltanto immaginario, era più ricco e più bello, per quanto più pericoloso fosse.”.

I draghi, quindi, non solo possono esistere, ma anzi devono esistere, perché rendono il Mondo Secondario più bello e più ricco, per quanto essi rappresentino solitamente il simbolo del male e dell’inganno, della crudeltà e dell’avidità, forse proprio per questo: il Male è visualizzato, l’eroe può decidere di misurarsi con esso, il suo valore verrà riconosciuto come tale non importa se risulterà vincitore o vinto, o se, come spesso capita nei miti nordici, che proprio per questo Tolkien prediligeva, la “personificazione di malizia, cupidigia e distruzione (il lato malvagio della vita eroica)” [BMC-MF#44], l’immagine della natura corrotta e svilita, ed il guerriero che lo combatte solo perché sente che ciò è giusto, un atto dovuto in forza della sua umanità, si annulleranno l’uno con l’altro, come in un Ragnarök anticipato. Come giustamente fa osservare Tolkien, la grandezza del Geato Beowulf che muore sconfiggendo il drago, non è nel suo eroismo, ma proprio nella sua natura umana: “È un uomo, e questa, per lui e per molti altri, è già una tragedia sufficiente.” [BMC-MF#48] È il confronto fra natura umana e Feeria che fa risaltare questa tragicità, è il drago che rivela questo oscuro eroismo, è questo insieme fantastico e potente di fattori che rende il mondo creato da Tolkien una delle più interessanti e meglio riuscite subcreazioni letterarie dei nostri tempi.

Termino quindi questa mia breve escursione lungo la via tolkeniana della fiaba che ci mena verso i draghi, con un’ultima riflessione: dato per scontato la militanza dei draghi di tutto il folklore europeo (discorso a parte andrebbe fatto con la simbologia orientale) nell’esercito del Nemico (non senza ragione l’iconoclastica e la simbologia cristiana associa il drago con il demone, Satana, l’inferno), che dire circa lo schieramento degli altri esseri fatati, gnomi e folletti, elfi ed Ent, maghi e incantatori? Sono essi dalla parte del Bene o del Male, in che relazione essi stanno, se questa domanda ha senso, con la morale cristiana? La domanda non è oziosa, se consideriamo la fervente fede cattolica di Tolkien, in apparente contrasto con la sua condizione di maggior bardo moderno del reame fatato.

Ebbene, leggiamo infine insieme questa assolutamente graziosa e fresca poesia [SF-AF#15-16]:

Non vedi dunque quella strada stretta,

Tutta coperta di rovi e di spine?

Eppur della Virtù è la via retta,

Sebbene pochi ne vedan la fine.

E non la vedi, quella strada ampia,

Che corre delle rose tra il sorriso?

Quella del Male è, ahimè, la calle empia,

Benché la dican Via del Paradiso.

E vedi la graziosa stradicella

Che serpe sopra l'argine frondoso?

Mena al Paese delle fate, quella,

Dove tu ed io stanotte avrem riposo.

Riferimenti bibliografici 

SF       J.R.R. Tolkien, "Sulle fiabe”, inizialmente scritto per la Andrew Lang Lecture e letto in forma abbreviata alla University of St. Andrew nel 1938, pubblicato sia su [AF] che su [MF].

BMC   J.R.R. Tolkien, "Beowuf, mostri e critici”, tenuto come conferenza alla British Academy nel 1936, pubblicato sia su [MF].

AF       J.R.R. Tolkien, "Albero e foglia”, ed. Bompiani, 2003 (i numeri seguenti il simbolo # indicano le pagine del volume a cui si fa riferimento)

MF      J.R.R. Tolkien, "Il medioevo e il fantastico”, ed. Bompiani, 2003 (i numeri seguenti il simbolo # indicano le pagine del volume a cui si fa riferimento)

LETT   J.R.R. Tolkien, "La realtà in trasparenza – Lettere”, ed. Bompiani, 2002 (il numero seguente il simbolo # indica la lettera a cui si fa riferimento)