Le antiche storie non muoiono mai. Il Medioevo si è lasciato dietro un ampio corpo di racconti – epici e romanzeschi – che un tempo erano narrati e amati in tutta Europa. Tra di essi, molti continuano a vivere nelle epoche successive e alcuni esercitano ancora oggi la propria magia.

Pubblicato già nel 1999, lo scorso anno è stato riproposto dalle edizioni Bruno Mondadori questo Miti e personaggi del Medioevo. Il volume è strutturato come un vero e proprio dizionario, con 91 voci disposte in ordine alfabetico, dalla A di Aiol alla W di Wigalois, passando da personaggi famosissimi appartenenti a categorie molto diverse fra loro. Persone del mondo reale sono affiancate ad eroi mitologici, o a figure appartenenti ad ambiti fantastici, favolistici e leggendari. Carlo Magno, Enea, Renardo la volpe, Robin Hood e molti altri si susseguono in queste pagine, ricostruendo un immaginario ricco e articolato.

Pur essendo un saggio il testo è molto scorrevole, tanto da somigliare ad un susseguirsi di racconti. La narrazione è concisa ma esauriente e ricca di dettagli interessanti.

Gli autori, due professori di letteratura di Utrecht, trattano le varie voci da molteplici punti di vista. Per le figure storiche nella prima parte viene tracciata una breve biografia. Negli altri casi il personaggio viene presentato con l’esposizione della prima opera letteraria in cui compare. A questa inquadratura iniziale segue l’esposizione delle varianti che la vicenda ha subito nel corso dei secoli. La trattazione, pur concentrandosi soprattutto sui testi medievali, arriva a segnalare anche le interpretazioni moderne.

Ottimo il lavoro svolto dalle due traduttrici. Gabriella Agrati e Maria Letizia Magini, forti della loro conoscenza della letteratura medievale, hanno arricchito l’edizione italiana con riferimenti alla nostra cultura.

Lo spazio principale è dedicato, ovviamente, alla letteratura. Chanson de geste, romanzi cortesi e cavallereschi, novelle, lai e poemi che spesso fanno parte di ampli cicli sono riassunti e confrontati fra loro. Il risultato finale è un’immagine dinamica e complessa del personaggio presentato.

Per le figure principali, capaci di uscire dai confini della letteratura e catturare in maniera più forte l’immaginario degli ascoltatori, vengono citate anche le fortune in ambito artistico, musicale e cinematografico.

Non mancano le ambiguità. Figure considerate positive al loro apparire hanno finito per assumere caratteri negativi nel corso dei secoli, mentre altre hanno subito il processo inverso.

Forse proprio la fluidità delle storie, narrate in così tante forme da impedire di considerarne una come definitiva, giustifica e nobilita l’opera dei moderni scrittori. A percorrere queste pagine si scopre che sono davvero tanti gli autori contemporanei di fantasy che si sono ispirati a queste storie.

Una larga parte del volume è dedicata al ciclo arturiano, al quale sono riservate parecchie voci. Non può certo sorprendere che i personaggi di Artù e Lancillotto, Galahad e Morgana ritornino nei romanzi di Marion Zimmer Bradley, di Bernard Cornwell e di tanti altri romanzieri dei nostri giorni.

Ugualmente noti sono gli studi di John R. R. Tolkien su Beowulf, testimoni di una lettura dell’opera più che superficiale, opera che può aver fornito le basi per alcuni elementi de Lo Hobbit.

E quest’affascinante chiave di lettura rivela non poche sorprese.

Scopriamo allora che la regina Salmissra di David Eddings discende dalla leggendaria Melusina, mentre la tattica adottata da Cú Chulainn per indebolire il nemico viene ripresa da Paul Edwin Zimmer nel suo Il ritorno del principe. E se non è sorprendente verificare i punti di contatto fra le vicende del Cavaliere del Cigno e quelle narrate da Juliet Marillier ne La figlia della foresta – del resto nella sua nota l’autrice dichiarava di essersi ispirata ad una famosa favola – può invece stupire la scoperta che una magia impiegata da Harry Turtledove ne Un imperatore per la legione discenda dritta dritta dalle vicende di Ermanarico.

Procedendo in quest’insolito cammino si può scoprire che le vicende di Merlino, trattate ampliamente nei vari romanzi arturiani, pur estrapolate dal contesto originario hanno fornito spunti a più autori. Se Lois McMaster Bujold ha ripreso l’idea della triplice morte per L’ombra della maledizione, Terry Goodkind ha ripreso per L’anima del fuoco l’idea di uno strumento magico non dalla versione medievale, ma da quella lirica realizzata da Gian Francesco Malipiero nella prima metà del XX secolo.

Il gioco dei rimandi e delle citazioni, del quale quelli citati sono solo alcuni esempi, può essere proseguito anche al di fuori dal territorio della letteratura. Fra i tanti film ispirati, in modo più o meno dichiarato, a queste vicende, possiamo elencare a titolo di esempio La spada nella roccia, Guerre Stellari e Indiana Jones e l’ultima crociata.

Riprendendo le parole della presentazione, si può davvero dire che “le antiche storie non muoiono mai”.