Ci risiamo: ultimamente la smania della Proprietà Intellettuale a ogni costo accende la miccia per le dispute più insulse. E più i Golia sono grandi, più si accaniscono su David inifinitesimali.

Già la Warner Bros, anni fa, aveva provato a soffocare, a suon di diffide legali, tutti i domini della Rete contenenti la parola Harry Potter. Domini, si badi bene, facenti capo a genitori che li avevano comprati per soddisfare la voglia dei loro pargoli di aprire un sito tematico sul maghetto occhialuto. Una concorrenza, si capisce, temibilissima per il colosso americano e per i sito ufficiali dei film tratti dai libri di J.K. Rowling...

Qualche tempo dopo, resasi conto della figuraccia (cui i media non hanno mancato di dare ampio risalto), la Warner aveva fatto marcia indietro, rendendosi conto che la campagna anti-bambino non solo non era produttiva per la salvaguardia del marchio Harry Potter, ma si era rivelata dannosissima in termini di immagine, per motivi così intuitivi che ci si domanda, in primo luogo, come sia possibile anche solo concepire certe azioni legali.

La lezione non sembra essere stata assimilata dagli eredi di C.S. Lewis, che rischiano di bissare l'illuminata operazione di cui sopra col marchio Narnia, il nome del luogo fatato dove lo scrittore britannico ambientò la sua eptalogia.

Infatti, a seguito dell'acquisto del dominio 'narnia.mobi' - avvenuto due anni orsono per conto del figlioletto - il signor Richard Saville-Smith, pacifico commercialista di Edimburgo, si è visto recapitare una lettera del famoso studio legale newyorkese Baker & McKenzie che gli intimava di cedere il suddetto dominio.

La disputa ha subito quindi un'escalation culminata ora con un ricorso lungo ben 128 pagine depositato presso la W.I.P.O, l'Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale che ha sede a Ginevra. In esso, lo studio legale accusa l'ignaro commercialista di aver agito in malafede poichè il dominio da lui registrato sarebbe, rispetto al marchio riconducibile alla saga narniana, identico o comunque così simile da ingenerare confusione nel pubblico.

Ma come i genitori potteriani suoi predecessori, anche il signor Saville-Smith è un duro e non vuole farsi mettere i piedi in testa, peraltro di fronte a un' operazione piuttosto risibile. "Intraprendere un'azione legale lunga 128 pagine mostra chiaramente l'intenzione di spaventarci per indurci a cedere qualcosa che noi possediamo e che loro desiderano" - ha dichiarato ai giornali. "Questo, solo perché loro dicono che è così  e perché sono un grosso studio legale con clienti estremamente ricchi e non perché ne abbiano il diritto".

E come i suoi predecessori, il signor Saville-Smith non faticherà a trovare qualche studio disposto a difenderlo gratuitamente per via della risonanza mediatica che il caso non mancherà di registrare e che, c'è da scommetterci, rischia di rimbalzare negativamente sulle pellicole tratte dalla saga.

Resta da vedere allora come reagirà la Disney, che non potrà comunque restare indifferente alla disputa. Nel frattempo, lo studio Baker & McKenzie si è rifiutato finora di rilasciare commenti alla stampa.