La scrittrice Goliarda Sapienza entra nel carcere di Rebibbia per aver rubato a un’amica dei gioielli e averli rivenduti. Anche se da principio sembra un pesce fuor d’acqua in mezzo alle detenute, riesce a stringere con alcune di loro un rapporto profondo, in particolar modo con Roberta, una ragazza misteriosa e affascinante quanto trasgressiva, e Barbara. Una volta uscita, Goliarda persa tra l’incapacità di scrivere, le bollette da pagare e un lavoro che non trova, riallaccia i rapporti con Roberta, che sembra legata a qualche gruppo terroristico. La sua vitalità spinge Goliarda a riacquistare la voglia di vivere e tra le due donne si instaura un rapporto che andrà ben oltre all’amicizia.

Gli italiani ascoltano la verità solo dai morti
dice Goliarda Sapienza a un editore, e in effetti il suo valore di scrittrice è stato riconosciuto solo negli anni duemila quando se n’era andata ormai da tempo, come una delle voci più potenti, radicali e originali della letteratura italiana del Novecento. Nata in una famiglia antifascista, non frequentò la scuola poiché il padre temeva che l’educazione ufficiale, asservita al regime, potesse corroderne la libertà di pensiero, e da ragazza fece l’attrice prima di darsi alla scrittura. Con Fuori il regista Mario Martone racconta un breve momento della sua vita seppure tutta sarebbe estremamente interessante da mostrare, quando cioè Sapienza allontanata dai salotti romani incontra le carcerate di Rebibbia sentite come più autentiche e vitali.

Fuori
urlano le detenute dopo che Barbara tenta il suicidio, e anche Goliarda si unisce a loro nell’enfasi della protesta salvo poi essere protetta da Roberta, che nonostante l’età ha uno sguardo più lucido sulla realtà. Fuori si sente sempre Goliarda che crede invece che le donne conosciute in carcere siano “dentro” e, stando con loro anche lei si sente così. Un approccio che potrebbe apparire un po’ snobistico se lo intendiamo in senso borghese, come se il mondo potesse essere diviso tra le salottiere snob e le autentiche donne della plebe, non istruite ma più sanguigne e vere. A dare il volto a Goliarda è non a caso Valeria Golino regista della miniserie tratta dal romanzo più celebre della scrittrice, L’arte della gioia, e che bene incarna la protagonista, anche se a rubarle la scena è la Roberta di Matilda De Angelis, capace di dare spessore forse all’unico personaggio che esce dai binari un po’ troppo prevedibili del film.

Se Fuori non brilla per originalità nella storia, Martone, che scrive la sceneggiatura insieme alla moglie Ippolita Di Majo, riesce con il montaggio a creare una narrazione non lineare ed estremamente suggestiva, capace non solo di rendere l’inquietudine della protagonista, ma di avvolgerla in un mistero affascinante. Si scopre per gradi e parallelismi tra il dentro al carcere e il fuori nel mondo, il legame tra Goliarda e Roberta, in uno scorrere del tempo fatto di echi che restituisce perfettamente l’idea di come un rapporto d’amore nasca da conseguenze illogiche che devono poco alla linearità logica del tempo.
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