Un giovane, un sistema sociale che per funzionare efficientemente gli impone un destino fin dal concepimento, un incontro che lo coinvolgerà in un progetto troppo grande per un adolescente.

È così che in due parole si potrebbe riassumere il primo capitolo della Trilogia del Soldato (Soldier Son Trilogy) della scrittrice statunitense Robin Hobb, finalmente pubblicato in Italia da Fanucci.

È una nuova storia per la Hobb, che dopo tre trilogie si misura con un nuovo mondo, molto lontano e profondamente diverso dalle atmosfere e dai personaggi dei Sei Ducati.

Ci troviamo infatti nelle terre gerniane governate da re Troven, salito al potere dopo due secoli di guerre a causa delle quali le ricche regioni costiere sono state conquistate dai nemici Landsing. Il sovrano ha in mano la grande responsabilità di riorganizzare un regno, il cui stile e mentalità richiamano alla nostra mente sia società molto lontane fra loro, quali gli Ateniesi e la loro fiera supremazia o la Roma Augustea - entrambi caratterizzati dalla missione di civilizzare i popoli conquistati - sia il sistema feudale medievale per la gerarchia e la struttura sociale che prevede l’affidamento delle terre ai migliori cavalieri, sia l’America del XVIII secolo, per le abitazioni, lo stile di vita nell’ambito familiare e gli istitutori privati.

Allo scopo di dare nuova forza al regno re Troven ha intenzione di espandersi verso le selvagge terre dell’Est tramite l’apertura di nuove vie per il commercio, in particolare di una che attraverso le foreste raggiunga le Montagne Barriera. In quelle foreste, però, vivono gli Speck, un popolo assolutamente misterioso e pericoloso, da tenere quanto più lontano possibile dalle città, anche perché latore di strane malattie che si diffondono lentamente nella cavalleria reale già dall’inizio della storia.

La Hobb si sofferma in particolare sul popolo delle pianure: una stirpe molto orgogliosa e restia alla sottomissione, dalle abitudini tribali, selvagge, legato a pratiche magiche e al nomadismo. Un popolo da civilizzare, quindi, grazie alla civiltà gerniana, profondamente religiosa ed esperta nell’urbanistica e nel commercio. Apparentemente re Troven sembra riuscirci, ma nel regno c’è un covare intestino di tensioni sociali e razziali, sia verso i popoli delle pianure, sia, soprattutto, verso gli Speck.

Un altro motivo di tensioni interne è dato dall’innovazione più importante fatta dal re nella struttura sociale, con la nomina di una classe, la Nuova Nobiltà, per premiare i militari della cavalleria distintisi durante la colonizzazione delle pianure selvagge e le steppe dell’est.

Nella nobiltà gerniana anche per i figli ci sono regole prestabilite: se le femmine sono destinate ad accordi matrimoniali decisi dalle proprie famiglie, ed è loro consentito imparare a leggere e scrivere, dilettarsi nella musica e nelle arti femminili, per ogni figlio maschio c’è addirittura una regola scritta: “a coloro che si inginocchiano solo davanti al re, sia permesso avere figli in abbondanza. Il primo come erede, il secondo per portare la spada, il terzo per servire come sacerdote, il quarto per preservare la bellezza, il quinto per conservare la conoscenza…”.

Nevare Burvelle, figlio del colonnello Keft Burvelle, cui Re Troven aveva affidato i territori di Granvalle, è il protagonista che in prima persona narra questa nuova storia.

Nato secondogenito, appena avrà 16 anni potrà frequentare l’Accademia per diventare un ufficiale, sposare la donna che i suoi genitori avranno scelto per lui, e quando sarà il momento trascorrerà il resto della vita con la sua famiglia presso i possedimenti di Ross, il fratello primogenito e, secondo la legge, unico erede. Nevare conosce bene i propri doveri, è un figlio remissivo e diligente, devoto al “Buon Dio” e alla famiglia; forse troppo, al punto di non lasciare molto al proprio libero arbitrio. Egli agisce con un forte senso del dovere e segue le indicazioni che gli vengono fornite, mosso sempre da una buona fede che spesso potrebbe essere scambiata per ingenuità. Caratteristica, quest’ultima, che gli creerà non pochi problemi.

A otto anni Nevare viene allontanato dalle amorevoli cure materne perché i suoi tutori, il sergente Duril, i maestri Rorton e Leibsen, lo istruiscano per prepararlo all’accademia. Poco prima che parta il padre decide di affidarlo a un maestro speciale: Dewara, un Kidona,affinché gli insegni le tecniche guerresche dei nemici: “Alcune cose… non possono essere insegnate da un amico; si imparano solo da un nemico”.

Il guerriero gli insegnerà la tecnica militare Kidona, come concordato, ma lo metterà anche a contatto con la propria cultura, quella sciamanica e magica del popolo delle pianure. Quanto accadrà durante la permanenza con Dewara resterà in modo tangibile sia sul corpo che nella mente di Nevare.

Una volta giunto in Accademia conoscerà tanti figli della Nuova e Vecchia Nobiltà, ma subirà spesso affronti e ostilità talvolta realmente ingiustificate, e imparerà a vivere come un giovane della sua età, con tutte le tematiche tipiche dei giovani ragazzi delle accademie militari, coi piccoli vizi, gli interessi, i sogni, le paure, la voglia di confrontarsi, di dare il meglio, di non subire ingiusti trattamenti e di essere apprezzati per il proprio valore. Ma c’è quel pressante ricordo del periodo passato con Dewara che incombe, e presto Nevare scoprirà di avere una grande responsabilità verso il regno di Gernia.

Se nel mondo dei Sei Ducati la magia è più legata ai poteri della mente, in questo primo episodio della nuova trilogia essa non ha avuto il ruolo che ci si poteva aspettare. Il popolo di Gernia parla per sentito dire di certe pratiche magiche, sedute spiritiche, implicazioni legate all’occulto. L’unico potere magico di cui Nevare parla è il “mantieni saldo” usato nella sellatura delle cavalcature. Sono i popoli delle pianure e gli Speck a rimanere più legati alla componente magica, ma il giovane Nevare parla solo di ciò che lui stesso vive di volta in volta.

Questo aspetto è riscontrabile anche nell’approccio con i personaggi: la Hobb traccia le loro linee fondamentali, e con rapide pennellate mostra come si muoveranno all’interno della storia, pur sempre rispetto al pensiero del narratore-protagonista. Nevare cerca spesso di andare oltre le prime impressioni, riflettendo sulle persone che lo circondano e cercando di capire le loro motivazioni, le loro scelte, le loro debolezze. Non ci sono grandi capovolgimenti di situazione, ma essendo solo il primo libro di una trilogia immagino possa esserci ancora molto da scoprire.

C’è una forte volontà della Hobb a definire i personaggi anche al di là di ciò che vive il narratore stesso, spesso attraverso lunghi dialoghi. Si evince però una pecca: per introdurre un nuovo mondo e i suoi protagonisti sembra quasi che l’autrice perda di vista il nocciolo della questione, l’incontro e la missione… l’unico nesso logico tra il mondo reale e la missione di Nevare sono i suoi sogni che in quanto tali sembrano opinabili, vaghi e confusionari perché tutto è vissuto dal lettore con la stessa presa di coscienza del protagonista, esclusivamente attraverso il suo punto di vista e i suoi tempi. Nessun altro sa, nessun altro è così direttamente coinvolto e tantomeno potrebbe comprendere, se non Epiny, la cugina di Nevare, una giovane ribelle alle regole e alle imposizioni sociali del suo tempo, considerata piuttosto infantile e strana, spesso tenuta lontana dal cugino da una madre troppo preoccupata a combinarle un buon matrimonio.

Solo negli ultimissimi capitoli la Hobb riesce a ristabilire un equilibrio narrativo che lungo la storia è andato quasi perdendosi a causa del lento procedere della trama, con la tendenza a velocizzare la risoluzione degli eventi, dando l’impressione che poi la storia si concluda lì. Il secondo episodio, Forest Mage, potrebbe chiarire questi dubbi.

Malgrado qualche periodo un po’ contorto, la lettura risulta abbastanza scorrevole. Balza però all’occhio la mancanza di una revisione finale della traduzione, con numerosi refusi ed errori di battitura, che pur non dando terribilmente fastidio si notano, soprattutto quando hai tra le mani un volume costato 24 euro. Lo stile, malgrado le riserve appena espresse, è comunque il suo, di Robin Hobb.