Asterix è un’icona del fumetto. Per umorismo e freschezza gran parte delle storie scritte da René Goscinny e disegnate da Albert Uderzo prima, interamente realizzate da Uderzo poi, godono di quella strana alchimia che solo la bande dessinée, il fumetto, riesce a dare. Le trasposizioni sul grande schermo sono quanto mai rischiose. I migliori risultati si sono raggiunti con Asterix e Cleopatra del 1968, trasposizione fedele dell’albo anonimo, e con le 12 fatiche di Asterix, storia originale uscita una decina di anni dopo.

Oggi arriva questo Asterix e i Vichinghi, versione a cartoni del volume Asterix e i Normanni anche lui del ’68, coraggioso e spericolato come i nordici suoi protagonisti, pronto a sbarcare sugli schermi cinematografici italiani.

Protagonista della storia, al fianco degli immancabili Asterix e Obelix, è Spaccaossix, nipote del capo del villaggio Abraracourcix. Il giovanotto viene dalla città, è scapestrato, arrogante, sciupafemmine, seguace dell’ultima moda e dedito al ballo e alla musica. Pacifista perché gli conviene, il biondo galletto è incapace di capire come i compaesani del campagnolo parente possano trovare divertimento nel dare sganassoni ai romani, cacciare cinghiale e gozzovigliare nei banchetti serali con cibi ipercaolorici. Sta ai nostri eroi, il piccoletto furbo e il grosso tardone più famosi del fumetto, fare di Spaccaossix un uomo.

I giovani mandano gli SMS
I giovani mandano gli SMS
E proprio nella prima parte la trama della pellicola ci mostra la sua più grossa debolezza. Il volume originale è stato scritto negli anni sessanta, in piena epoca dei Figli dei Fiori, dei quali il vegetariano, codardo e pacifista Spaccaossix (nel volume francese originale si chiamava Goudurix, in Italia Menabotte) costituiva una parodia e nello stesso tempo un affettuoso omaggio, con quell’umorismo che ha portato al successo il bravo Goscinny. Il film, che cerca di essere fedele all’originale, fa un po’ le cose a metà cercando di modernizzare il personaggio senza scostarsi troppo dal fumetto. Gli stranoti abitanti del villaggio d’Armorica non capiscono il loro gap generazionale col giovanotto, e non ci riusciamo nemmeno noi. Il biondo nuovo arrivato pare solo parecchio vigliacco, piacione e superficiale. Pacifismo e voglia di ribellione passano in secondo piano e smettono di avere senso. Non manca però qualche trovata divertente, come il piccione viaggiatore chiamato SMS.

Il tutto sottolineando che, come era giusto aspettarsi, la qualità dei disegni e delle animazioni è senz’altro il meglio che sia stato prodotto finora nell’adattamento di un albo di Asterix.

Addestramento
Addestramento
Le cose vanno molto meglio quando entrano in gioco i “cattivi” della storia, una tribù di fortissimi Vichinghi capitanati dal brutale Olaf Grandibaf. I biondi e nerboruti guerrieri, dall'alto della loro casa fra le nevi del nord, pare si divertano a passare la vita saccheggiando un villaggio dietro l’altro. Quando Criptograf, ciarlatano consigliere del capo, nomina per sbaglio la “fifaf”, tutti ne restano incuriositi: pare che la fifaf (la paura, insomma) metta le ali. I Vichinghi non sanno nemmeno cosa sia la paura, e non vedono l’ora di provarla, visto che pare sia capace di far volare gli uomini.

E allora bisogna andare a sud a cercare un campione di fifaf. E nel famoso villaggio gallico in Armorica, non c’è forse un giovane ospite che di paura se ne intende anche troppo?

L’umorismo asterixiano che circonda i brutali vichinghi è la cosa più riuscita del film, con tutta una serie di citazioni/parodia sulla cultura scandinava (complice la coproduzione franco/danese). La figlia del capo si chiama Abba, come il gruppo pop, e la moglie Likea. Inutile dire che la rossa vichinga è un tantino fissata coi mobili, che assembla dopo che il marito porta a casa i pezzi dalle sue razzie.

E allora al via l’avventura, alla quale non mancano i soliti sganassoni (ma attenzione che i Vichinghi non sono mollaccioni come i Romani), pozioni magiche e buoni sentimenti. Lo sceneggiatore Jean-Luc Goossens gestisce in modo un po’ anomalo il personaggio di Asterix, che perde il solito ruolo di testa pensante della combriccola, di risolutore dei problemi. Per ragionare con Spaccaossix ci vuole cuore, e il sentimentalone dei due è il buon Obelix.

Il cast di doppiatori italiani ha qualche nome illustre: il sempre bravo Pino Insegno fa un buon lavoro con Obelix, che perde il suo classico tono da tardone e non gli fa male. Martina Stella presta i toni decisi alla battagliera Abba, e si dimostra all’altezza. C’è qualcosa che non va, qua e là, nell’accento svedese dei vichinghi: qualche volta sembrano scadere in curiose inflessioni umbro-marchigiane, e non è ben chiaro se la cosa sia voluta o meno.

Una segnalazione merita la colonna sonora, che vanta la canzone originale Tous les Secrets/ Let your Heart Decide di Celine Dion.

Di solito per questo genere di film si dice qualcosa tipo “per gli amanti del fumetto originale”. In questo caso, specie per quello che riguarda la caratterizzazione dei personaggi, il grande pubblico potrebbe apprezzare di più, mentre gli asterixiani DOC magari guarderanno con piacere, ma poi si andranno a rileggere il volume.