Oggi, lo sappiamo, si festeggia l’unità d’Italia. Un’unità ottenuta con la guerra, ma anche con la presa di coscienza di un popolo frammentato in tanti staterelli che si sentivano parte di qualcosa di più grande.

La retorica e la fanfara della giornata non sono argomenti che riguardano il nostro giornale e le lasciamo volentieri ad altri. Anche nella fantasy però i sentimenti di appartenenza nazionale possono essere molto forti.

Al di là delle guerre contro gli Oscuri Signori della situazione, nelle quali il fronte è fra esseri umani e creature mostruose, spesso ci sono guerre di conquista fra popoli o, più spesso, di difesa della propria identità. Basti pensare ai cicli dei Drenai o dei Rigante di David Gemmell, alla Valle degli eroi di Jonathan Stroud, a Il segreto dei maghi e L’apprendista del mago di Trudi Canavan, o alla Trilogia del figlio soldato di Robin Hobb, tutte opere nelle quali uno Stato o un clan si trova a far fronte a un nemico che vuole imporre – e in qualche caso ci riesce – la propria autorità e i propri costumi a popolazioni che invece la pensano in tutt’altro modo e sono pronte a lottare fino allo stremo per la propria libertà. Certo, in queste storie gioca una grossa parte anche l’istinto di conservazione, perché nessuno può accettare tranquillamente un’invasione, con tutti i rischi fisici e i possibili disagi che questa comporta. In caso di necessità anche persone pacifiche scoprono il loro patriottismo e prendono le armi per difendere la Patria ma anche i propri cari.

Nella maggior parte dei casi il tema dell’amor di Patria e dei sentimenti di affinità con i propri compatrioti è visto al negativo, non come conquista e unificazione del proprio Paese ma come difesa di ciò che rischia di essere sottratto. In almeno un caso, invece, i sentimenti patriottici sono il motore che spinge i protagonisti dell’opera ad agire per cercare di riconquistare ciò che hanno perduto tempo prima. Si tratta di Il paese delle due lune di Guy Gavriel Kay.

Il romanzo si apre con un prologo di cinque pagine. È notte, e due eserciti sono accampati sulle rive opposte di un fiume in attesa della battaglia che arriverà l’indomani. L’esito della battaglia è già segnato perché uno dei due eserciti è molto più numeroso dell’altro, ed è guidato da un potentissimo re stregone. E coloro che certamente saranno sconfitti non possono neppure sperare nella pietà del nemico, perché per loro si tratta della seconda battaglia in una settimana. Nella prima erano stati loro a vincere e a uccidere il figlio dell’avversario che dovranno affrontare l’indomani.

Con la consapevolezza della morte imminente, il sovrano di Tigana e il suo miglior amico si scambiano le ultime confidenze.

“«Ah, questo nostro terribile orgoglio. Si ricorderanno di noi solo per il nostro orgoglio quando non ci saremo più?»

«Può darsi», rispose Saevar. «Ma, in un modo o nell’altro, si ricorderanno di noi: lo so. Qui nella penisola, a Ygrath e a Quileia. E anche oltremare, nell’impero di Barbadior. La nostra fama resterà.»

«E resteranno i nostri figli», disse Valentin. «I più giovani. I figli che si ricordano di noi. E quelli ancora in braccio alle madri; e quando saranno abbastanza grandi per conoscere la storia della battaglia della Deisa, i nonni diranno loro che cosa è successo qui, e come eravamo prima della sconfitta. Brandin di Ygrath può distruggerci, può conquistare la nostra terra, ma non può toglierci il nome, e neppure il ricordo di quel che siamo stati.»

«No, non può», rispose Saevar, e si sentì sollevare il cuore. «Avete ragione. La nostra non sarà l’ultima generazione libera. La battaglia di domani lascerà una scia di ricordi lungo il corso degli anni. I figli dei nostri figli si ricorderanno di noi e non si lasceranno mettere il giogo senza ribellarsi.»” (Pag. 4)

La storia è ambientata nella Penisola del Palmo, una penisola suddivisa in nove staterelli fra i quali c’è una perenne situazione di rivalità. Per questo quando, venti anni prima, due invasori erano arrivati con le loro armate e la loro magia dai vicini regni di Ygrath e Barbadior le varie province della penisola non erano riuscite a far fronte unito ed erano state conquistate uno dopo l’altro. Brandin di Ygrath ha conquistato l’isola di Chiara, diventata col tempo un centro di cultura paragonabile alla Sicilia dell’epoca Normanna, e i territori di Asoli, Corti e Tigana. Alberico di Barbadior ha conquistato Astibar, Ferraut, Tregea e Certando, mentre Senzio è rimasta temporaneamente indipendente, fungendo da ago della bilancia fra i due rivali. Sul sito autorizzato di Kay viene chiaramente spiegato che la geografia, la storia e la cultura italiane sono state usate per creare la Penisola del Palmo.

Come ben sappiamo per secoli non è esistita un’Italia unita, e al suo posto si trovavano molti piccoli stati indipendenti. L’Italia era colta e ricca ma frammentata, caratteristica che l’ha resa vulnerabile ai grandi poteri che si trovavano oltr’Alpe, che l’hanno periodicamente conquistata. È significativo che nel sito venga citata la nascita di alcune organizzazioni segrete durante il XIX secolo, il cui scopo era eliminare il dominio straniero e creare uno Stato forte e unito. Le azioni di Alessan e dei suoi seguaci nel Paese delle due lune, con la loro lotta per cacciare tanto Brandin quanto Alberico, sono dichiaratamente ispirate a quegli eventi. Viene nominato, fra l’altro, Garibaldi, autore di una vittoria improbabile a causa dell’esiguo numero dei suoi soldati.

In questo caso si tratta di un fantasy, e Kay ha più volte spiegato di preferire questo tipo di narrativa a quella storica perché in questo modo può discostarsi da ciò che è realmente avvenuto per far prendere alla sua storia la direzione che preferisce. Ha anche raccontato che la visione di Avalle delle Torri, la capitale di Tigana, gli è stata ispirata dalla vista di San Gimignano che aveva da Certaldo, durante il soggiorno toscano da lui effettuato prima di scrivere il romanzo.

Al di là dei frammenti di Italia presenti in questa storia, quello che emerge è il forte sentimento patriottico dei protagonisti, e la loro necessità di lottare per la patria che conoscevano. Perché, anche se il principe Valentin e Saevar non potevano saperlo, la vendetta di Brandin di Ygrath per l’uccisione del suo figlio prediletto sarebbe stata il loro annientamento totale, anche dalla memoria.

Brandin “«raccolse la sua magia, il suo potere, e mise un incantesimo su quella provincia: un incantesimo che non era mai stato fatto in precedenza. E con quell’incantesimo… ne cancellò il nome. Strappò quel nome dalla mente di chiunque non fosse nato laggiù. Fu la sua maledizione più profonda, la sua vendetta. Fu come se non fossimo mai esistiti. Le nostre imprese, la nostra storia, il nostro nome. E poi ci chiamò Bassa Corti, prendendo il nome dalla provincia che era tradizionalmente la nostra nemica.»

Devin sentì un rumore alle sue spalle e capì che era Catriana che piangeva. Baerd continuò: «Brandin fece in modo che nessuno riuscisse a ricordare il nome di quella provincia, o della città reale accanto al mare, o della città dalle torri sulle montagne. Ci distrusse e ci saccheggiò. Uccise un’intera generazione e poi ci strappò il nome».” (Pag. 78)

Nella fantasy, ha affermato George R.R. Martin, i colori sono più intensi che nella realtà, la musica più pura, gli edifici più maestosi. Tutte le misure sono moltiplicate, per catturare il lettore e trasportarlo in terre fantastiche. E così una sconfitta in guerra può portare non solo alla distruzione di edifici e opere d’arte, e al massacro della popolazione, ma anche al lancio di una maledizione capace di far scomparire il ricordo di una terra in chiunque non vi sia nato prima che la maledizione stessa fosse scagliata.

Di Tigana si è perso il ricordo se non nelle menti di Alessan e dei suoi pochi compagni. La provincia si chiama Bassa Corti, e Il paese delle due lune è la storia di un gruppo di uomini e donne uniti nell’improbabile tentativo di restituire l’identità alla loro patria e di ridare la libertà a tutta la penisola. Perché, come giura sempre Alessan bevendo il vino azzurro, finché non avrà successo il ricordo di quanto avvenuto dev’essere per lui “come una spada nell’anima”.