Ciao Laura e grazie della tua disponibilità. Una domanda classica per introdurti ai nostri lettori: raccontaci qualcosa di Laura MacLem,  le sue passioni, le sue attività, la sua vita letteraria.

Mi piace definirmi un'innamorata non ricambiata delle materie scientifiche, perché non ho potuto seguire il percorso di studi che avrei voluto, in questo campo. La mia vita è stata un susseguirsi di momenti salienti, quelli che in un film sarebbero utilizzati per parlare dei paradossi temporali, alla ''cosa sarebbe successo se…?'' 

La risposta, a volte, sarebbe stata un romanzo in se stesso, ma fortunatamente la parola FINE non è ancora scritta (da leggere immaginando che io stia facendo le corna).

Le uniche costanti sono sempre state l'amore per la lettura, per gli animali e per la cioccolata. La prima mi ha piano piano portata a scrivere a mia volta, perché leggere ti porta necessariamente a rielaborare, e nel mio caso la rielaborazione si è espressa attraverso la parola scritta; la seconda mi ha portata a vivere in un posto sperduto, al confine tra Silent Hill e un bosco popolato di strane creature, la maggior parte delle quali mantenute da me; la terza manda puntualmente a monte i miei buoni propositi dietetici.

Socialmente, sono piazzata molto in basso nella catena alimentare, categoria ''precariato abbastanza istruito da volere di più, ma non abbastanza da ottenerlo''. Niente di speciale, in questi anni di crisi, ahimè.

Una domanda che spesso si sente sul web è “perché scrivere fantasy?”. Tu cosa rispondi?

Non posso parlare per gli altri, ma se non scrivo fantasy (in qualsiasi sua declinazione, anche se il mio primo amore è e resterà sempre l'heroic fantasy) io mi annoio. Nota bene: solo se si parla di scriverne, perché per la lettura è un'altra faccenda e alcuni dei libri che amo di più sono tutto meno che fantasy.

Ma dovendo scrivere una storia, soltanto il fantasy mi permette di raccontare quello che vorrei, nel modo in cui vorrei farlo. Soddisfa sia il mio lato più infantile, quello che si esalta a parlare di combattimenti e magie, sia quello più snobistico e intellettuale, che vede metafore e allegorie dappertutto, e  ne approfitta per parlare delle cose che mi stanno a cuore.

Ma il lato infantile vince sempre, vorrei aggiungere.

Quali sono le letture  che preferisci e gli autori che ti hanno ispirato?

Come lettrice sono completamente onnivora, anche se avere imparato a leggere su Lo Hobbit e sui romanzi della collana Cosmo Oro, che la mia famiglia comprava e io divoravo, penso proprio abbia segnato la mia inclinazione letteraria. Meglio quindi che mi limiti a questa categoria, altrimenti non finirei davvero più: D

Ho una predilezione per le autrici femministe degli anni Sessanta, tra cui Marion Z. Bradley, Mercedes Lackey, Tanith Lee e Ann McCaffrey; non avremmo le eroine cui ormai siamo tutti abituati, se non fosse stato per loro. Ho sempre amato le storie che parlano di luoghi lontani, che fossero altri pianeti o la Terra di Mezzo poco importava, e qualsiasi 'portale' per un mondo parallelo significava che avrei divorato il libro che ne parlava. Perciò Le cronache di Narnia, La Storia Infinita, il già citato Tolkien, ma anche Herbert con Dune, Ray Bradbury, Asimov, Heinlein e Matheson, mi hanno sempre ispirata moltissimo. 

In tempi più recenti, sono naturalmente caduta nel vortice di Martin, ma non posso non citare la saga di Gemma Doyle, il ciclo di Luk'janenko, American Gods, Coraline e il nuovo L'oceano in fondo al sentiero, di Gaiman. 

Tra gli autori italiani, amo molto L'ultimo elfo e L'ultimo orco di Silvana De Mari, L'acchiapparatti di Francesco Barbi, e Godbreaker di Luca Tarenzi.

L'incanto di cenere: qual è il fascino della fiaba di Cenerentola?

Sul piano storico, ovvero del contesto nel quale la fiaba è nata e cresciuta, il buon partito che ti salva da una vita di soprusi era forse l'unica speranza di tante ragazze che non avevano altre prospettive. Del principe non si sa se sia bello, intelligente, gentile, si sa solo che è il principe e che vuole, tra tutte, soltanto Cenerentola. Una garanzia, in un mondo dove per le ragazze nubili e senza ricchezze, di garanzie ce n'erano pochine.

Romanticamente parlando, di certo anche ai giorni nostri non dispiace l'idea di un 'principe' affascinante e innamoratissimo che ci riscatti da una vita monotona e senza sorprese. È il fascino dell'amore che arriva e ti stravolge in meglio l'esistenza, superando tutte le difficoltà e trasformandoti nella bella tra le belle, che supera ogni rivale senza nemmeno gareggiare.

Mai stata romantica, io. 

Quando ho scelto di rovesciare i ruoli in Cenerentola, ho voluto ribaltare anche il messaggio originario della fiaba, un messaggio di rassegnazione, sottomissione, speranza nel domani che migliorerà, indipendentemente da noi. 

La mia protagonista capisce che non può, non deve rassegnarsi, che sottomettersi equivarrebbe a essere sconfitta, e che la speranza non va aspettata, ma costruita, perché il principe è una bravissima persona che può aiutare, ma se il problema è il tuo, soltanto tu puoi sapere come affrontarlo. 

Genevieve è un personaggio che ho ideato pensando a come sarebbe bello essere, quando ti capita qualcosa di tremendo che sembra insormontabile. 

Le fiabe hanno indubbiamente un lato dark e horror. Da cosa deriva, secondo te?

Le fiabe non nascono come racconti per intrattenere i bambini e, quando hanno questo compito, non si tratta di intrattenimento com'è diventato in epoca moderna: edulcorato, rassicurante, divertente. 

Fino al secolo scorso veniva considerato giusto ed educativo raccontare ai bambini, prima della buona notte, vere e proprie storie dell'orrore, che avevano il compito di svezzarli, per così dire, alla durezza della vita che li attendeva. Era convinzione comune che, raccontando loro di morte e abusi, si sarebbero assuefatti e avrebbero imparato a temprarsi il prima possibile; non dimentichiamo che erano tempi in cui la mamma, il papà e i fratellini potevano davvero morire, in qualsiasi momento, per una semplice appendicite. La morte era una paura molto più concreta di quanto lo sia oggi. 

(Ho sempre pensato che non sia un caso se la psicoanalisi sia nata proprio nel contesto sociale in cui si pensava fosse educativo parlare di antropofagia e abusi sui minori poco prima del bacio della buonanotte, per inciso).

Con una premessa simile, è naturale che le fiabe indulgessero sui particolari più macabri e raccapriccianti, perché era quello lo scopo con cui venivano rielaborate e raccontate; ed è notevole che queste fiabe, di fatto, non siano proprio nate come intrattenimento per l'infanzia – salvo pochissime, che comunque rispettano il criterio 'educativo' di terrorizzare a morte, per indurre all'obbedienza.

Ma, tornando ancora più indietro, diventa interessante constatare che le fiabe sono arrivate a noi quasi intatte, risalendo a epoche talmente remote da essere, di fatto, irrintracciabili. In molti casi, è stato possibile ritrovare indizi dei riti iniziatici delle tribù che hanno tramandato le fiabe stesse, solo attraverso la tradizione orale. 

Perfino oggi, in raccolte come quelle, per esempio, di Calvino, saltano fuori questi particolari, che per chi li legge sono strani e incomprensibili. Il fatto di recarsi alla tomba del genitore per vegliarlo, magari dopo anni che è morto, un innamorato che, come pegno d'amore, taglia un dito alla fidanzata (che dolcezza…), le prove assurde richieste per ottenere qualcosa di irrilevante, sono tutte tracce di qualcosa che esisteva quando ancora la tradizione era esclusivamente orale. Nel novanta per cento dei casi, le fiabe parlano di riti iniziatici, vera e propria magia nera. Non sono, e non vogliono essere, intrattenimento per bambini. 

Poi venne Disney e fu l'epoca del 'vissero per sempre felici e contenti'.

Per pubblicare con Asengard hai scelto una specie di pseudonimo: quali sono i motivi di questa scelta? 

È stata una scelta principalmente estetica, visto che il mio cognome è un po' 'difficile'. Inoltre, il mio nickname di Rete ha tracimato nella vita reale, e tutti mi conoscono come Lem. Per nome ormai mi chiamano soltanto i parenti! 

Sono davvero più riconoscibile con lo pseudonimo che con il mio vero cognome, per strano che sia.

A cosa stai lavorando attualmente? Puoi darci qualche anticipazione?

Il mio regalo di Natale è stato mettere la parola FINE a una storia cui lavoravo da molto tempo. Per scaramanzia preferisco non parlarne, e mi limito a una considerazione: in Italia abbiamo i migliori scenari urban fantasy del mondo. Non è campanilismo, è la pura e semplice realtà. Sfido chiunque a trovare un'ambientazione più mozzafiato di San Pietro o più misterioso delle traverse di Trastevere, fuori dalle mete turistiche.

Non c'è un solo angolo d'Italia che non trabocchi di magia. Perfino le strade secondarie e meno suggestive sono straordinariamente interessanti. 

E pericolose. Soprattutto a lampioni spenti.