Vedere il proprio nome associato a quello di qualcuno molto più famoso di noi può essere una bella soddisfazione ma anche un grande peso. Il confronto può schiacciare, e far sparire la figura meno nota come se non contasse nulla.

Il rischio che Brandon Sanderson ha scelto di correre quando ha accettato di terminare la saga La Ruota del Tempo, rimasta incompiuta alla morte di Robert Jordan, è proprio questo. Essere considerato un semplice scribacchino, uno che si limita a mettere le parole ma non è in grado di creare nulla di suo, non può certo far piacere. Peggio ancora, cercare di calarsi nei panni di un altro scrittore per scrivere il suo romanzo potrebbe portare molti lettori a criticare semplicemente perché l’autore più famoso, inevitabilmente, avrebbe scritto qualcosa di diverso. Forse non nella trama, ma certamente nello stile.

E un eventuale giudizio di “aver rovinato una saga fino a quel momento splendida” potrebbe stroncare qualsiasi carriera.

 

In attesa di poter leggere anche noi The Gathering Storm – c’è comunque da segnalare che le impressioni dei lettori d’oltreoceano sono fondamentalmente positive – possiamo iniziare a conoscere Sanderson con questo Mistborn. L’ultimo impero. Tradotto probabilmente soprattutto in virtù dell’improvvisa e imprevedibile fama ottenuta dal suo autore per un libro che doveva ancora essere realizzato, il romanzo sta in piedi benissimo da solo.

Molti dei suoi lettori lo compreranno solo per iniziare a conoscere la sua prosa, in attesa di poter leggere quelle storie che stanno davvero aspettando, ma considerare il volume qualcosa d’interessante solo per i fan di Jordan sarebbe fargli un torto enorme. Anche se non si può non pensare a Jordan quando si leggono frasi come “Le profezie di Terris dicono che io avrò il potere di salvare il mondo..”

D’altra parte lasciano intendere che avrò anche il potere di distruggerlo."

Un campione riluttante, che teme che le sue azioni possano essere più positive che negative, e che sembra destinato ad affrontare il Male per la salvezza dell’umanità. Come non pensare a Rand? Eppure bisogna staccarsi da lui per gustare appieno il romanzo di Brandon.

 

Le premesse, ambientate in un passato lontano ormai un millennio, sono quelle di tanta fantasy epica. Solo che l’eroe delle profezie ha fallito, e il mondo è dominato dall’Oscuro Signore.

In un mondo senza speranza la cenere cade dal cielo e ogni notte si alzano le nebbie, nelle quali vivono orribili mostri. Gli skaa, gli esseri umani, vivono in condizioni disumane, sfruttati e maltrattati da un pugno di nobili, i discendenti dei primi sostenitori del divino lord Reggente.

A marcare la differenza fra i due ceti, oltre alle condizioni di vita, c’è l’allomanzia, una capacità concessa dal lord Reggente stesso solo a chi ha sangue nobile nelle vene.

 

Uno dei punti di forza del romanzo è proprio l’allomanzia, un sistema magico assolutamente originale ma anche coerente e convincente. Gli allomanti, suddivisi in Misting capaci di bruciare – il termine tecnico per far funzionare – un solo metallo, e Mistborn, capaci di bruciarne otto e quindi enormemente più potenti, possono compiere azioni per altri impensabili. Influenzare le emozioni, spostare oggetti metallici (o sé stessi, se il proprio corpo è più leggero dell’oggetto stesso), percepire altri allomanti o nascondersi, accrescere i propri attributi fisici quali forza e resistenza o i sensi quali vista e udito.

Tutte queste capacità sono sfruttate, a volte anche in modi sorprendenti, all’interno della storia. E quando sembra di aver esplorato tutte le possibilità di questo sistema magico, ecco che Sanderson ne mostra nuove sfumature.

 

Ma la magia non sarebbe nulla senza le persone, come ben sa il suo autore. Per sua stessa ammissione nella prima versione di Mistborn la magia – in questo caso l’allomanzia – e le scene d’azione erano spettacolari, ma il protagonista non riusciva ad affascinare i lettori e la storia non sembrava portare da nessuna parte. Questo almeno finché non l’ha trasformata radicalmente, donando al suo potentissimo assassino uno scopo più importante del cercare di nascondersi nel piccolo villaggio nel quale era rimasto intrappolato.

E così ecco il già citato ribaltamento della tradizionale struttura fantasy nella lotta fra il Bene e il Male con la vittoria dell’Oscurità in un lontano passato per rinforzare la trama, e Kelsier che si fa un po’ da parte per lasciare spazio a Vin.

Invece delle vicende di un personaggio dalle incredibili capacità ecco che seguiamo quelle di una giovane ladruncola segnata dalla vita di strada che ha condotto fino al momento in cui ha conosciuto il carismatico leader di un gruppo di fuorilegge molto speciali. Tanto diffidente da aver paura di permettere che qualcuno le si avvicini e quasi priva della capacità di sperare, la ragazza si troverà catapultata in un mondo nuovo nel quale dovrà imparare ben più che alcune nuove abilità fisiche, perché gli eventi più importanti sono quelli che toccano il cuore e la mente. E in alcuni casi non sarà la sola a dover riconsiderare i propri pregiudizi.

 

L’obiettivo del gruppo scelto da Kelsier è molto più che ambizioso, è tanto audace da sembrare folle: il rovesciamento dell’Ultimo Impero. I suoi eterogenei compagni, ciascuno dotato di un potere diverso dall’altro ma tutti necessari per compiere la loro imprevedibile impresa, sono persone reali e coinvolgenti con il loro carico di preoccupazioni, ricordi spiacevoli e cicatrici varie.

Diffidenti o rassicuranti, irriverenti o metodici, tutti hanno qualcosa da nascondere per proteggerla o per trarne la forza per andare avanti, ma sono sempre pronti ad adattarsi al mutare delle circostanze e a portare avanti il loro piano, anche fino alle estreme conseguenze.

 

Lunghe pianificazioni e travolgenti scene d’azione, un pericolo fortissimo e sempre incombente e un’atmosfera cupa e oppressiva, personaggi tormentati o capaci di svelare improvvisamente un lato nascosto del loro carattere, la necessità della speranza e il bisogno d’amore e di fiducia, vicende sentimentali, problemi religiosi e intrighi politici, una magia originale e sorprendente e uno stile chiaro e scorrevole, che rende vive le fasi più concitate e mantiene alto l’interesse anche in quelle più lente: non manca proprio nulla per rendere questo romanzo una lettura fuori dal comune.

Nemmeno il finale: malgrado questo sia il primo volume di una trilogia la trama principale ha una sua valida conclusione. Non tutte le domande trovano una risposta, e c’è un ampio spazio di manovra nel quale possono agevolmente inserirsi i due seguiti già realizzati dall’autore, ma per il lettore il ritorno nella terra dei Mistborn si prefigura più come un nuovo viaggio in un bellissimo mondo che come un doveroso impegno necessario a conoscere la fine della storia.

 

Sul sito di Brandon Sanderson è possibile leggere gratuitamente alcune sue opere. L’autore ha dichiarato di avere una tale fiducia nella sua capacità di scrittura da essere convinto che chi le leggerà ne sarà così affascinato da volerne leggere ancora, e che correrà in libreria a comprare gli altri suoi romanzi. Dopo aver letto Mistborn. L’ultimo impero non resta che dargli ragione: se questo è ciò che scrive abitualmente, non si può che aspettare con impazienza le prossime traduzioni.