Come è nato Promachos e il Tamburo da Guerra? E a cosa stai lavorando ora?

Promachos nasce da un progetto che volevo portare avanti da tempo, specialmente dopo che scrissi il poema All’Ombra di una Guerra sulle Termopili, e successivamente l’Achilleion. Un lavoro incentrato sulla Guerra, e i personaggi, aedi che decantavano tale tematica in un ciclo rituale d’eccezione al pari di sacerdoti devoti alla propria divinità.

Promachos è supportata da una trama avvincente che si evolve profondamente, a volte in maniera inattesa, lungo il proprio tessuto diegetico. Lo si evince anche dal fatto che i ponti narrativi, già presenti in altre mie opere precedenti, qui, sono stati curati nel minimo dettaglio, risultando molto più lunghi se non unici rispetto alla mia intera produzione di carattere epico-mitologico. Sarebbe un gravissimo errore affidarsi solo alle parti narrative per estrapolare il senso di tutta l’opera, il testo poetico è fondamentale ma tutto va visto nell’insieme. Inoltre, lo studio particolareggiato investe anche la scelta dei paradigmi mitici greci, intessendo fra loro un’inedita correlazione dal punto di vista dell’avventura; in sostanza, ho messo in rapporto personaggi, creature e luoghi apparentemente distanti tra loro, così creando anche qui una sfida unica. Diverse sono le sfumature sottese a ogni testo e ponte, soprattutto non manca la presenza di creature leggendarie, scontri epici e anche della magia (goeteia), secondo sempre concezioni dell’epoca, il tutto perfuso da un grande senso poetico.

Questa volta non mi sono rifatto alla tipologia del nostos, ma ho preferito rendere la storia più viva, più dinamica, insomma più avventurosa. 

Sono molto soddisfatto del risultato finale, specialmente per un’opera che impiega una struttura ibrida, narrativa e poesia. Ci sarebbe tantissimo da dire sull’opera, tanto che è uscita da poco un’intervista-guida a opera di Simona Iovino, che cerca di approfondire, nei limiti del possibile, la genesi e i retroscena di Promachos. Per adesso è in corso una analisi del testo da parte della stessa Iovino, e che a breve vedrà la sua uscita sul portale di Mondogreco. Eccoti la sintesi dell’opera:

L’opera si apre in medias res con un Prologo e un Antefatto, in forma di racconto breve, nei quali si delineano lo sbarco della nave dei Polemadontes e la ricerca delle rovine troiane.

Calate le tenebre, mentre sono ancora intorno al fuoco, presso l’interno della città, nella sezione intitolata Avvio all’Eikos, i Polemadontes si preparano a dar vita al circolo di narrazione poetica (tralasciando l’accenno alle peripezie che precedono l’accampamento dei Cantaguerra). Una volta stabiliti i turni, i temi da trattare e le posizioni da prendere all’interno del circolo, Melesigenes struttura il canto di apertura in forma rituale, invocando il favore della Musa Calliope. Subito dopo, nella sezione Kyos di Tebe, il cantaguerra tebano formula, sottoforma sempre di canto, il Prologo al Ciclo Bellico, in cui prospetta ai partecipanti l’intero corteo guerriero di Ares.

L’Eikos è ufficialmente aperto. Primo a iniziare il turno di narrazione, vero e proprio, è Eutimo di Corinto, storico-guerriero, il quale decide di affrontare diversi temi riguardanti

la Troade. In particolar modo, egli concentra la propria componente drammatica sulla figura di Laocoonte e sulla morte della Regina Amazzone Pentesilea.

A seguito della trattazione di Eutimo sulla morte di Pentesilea, Calypsos di Temiscira, furibonda, inveisce contro il cantore dell’Istmo, e parimenti maledice con una secca formula il pelide Achille, ritenuto responsabile del lutto della regina. Il canto trabocca di cruda meditazione e lamentazioni funeree nei confronti del reo uccisore. Questo è il canto più importante del primo ciclo.

È la volta di Carrothos di Sparta, il quale rapito da tanta agitazione e ira, quasi ne viene pesantemente influenzato. Il suo canto però non è da meno, ma con toni più sommessi rispetto alla guerriera di Temiscira. In lui vige la devozione e non l’odio, la compostezza e la fierezza di un guerriero che si appresta a combattere a fianco dei suoi compagni, pronto a morire per il proprio comandante.

Carrothos termina il canto, e così cede il turno ad Enfialo di Elide, il quale con un tono che ben

s’addice a un cronista sportivo, dopo una inattesa introduzione poetica, fa volare i versi oltre le liriche vette della poesia celebrativa, nel descrivere una corsa di Tethrippon; la narrazione però continua con un secondo canto, questa volta dedicato a un campione olimpico. La tessitura del proprio narrato raggiunge un elevato carattere stilistico, situazione davvero singolare per un “semplice” guerriero.

Con il parallelismo del mito di Ikaros termina il canto di Enfialo, e si passa ai toni più avventurosi di Eteocle di Micene, il quale riprende l’avventura del satiro Chelide vicino le coste della Sicilia, ed esattamente nei pressi di Cariddi; lo scontro con l’Idra d’Acqua, evocata da Poseidone, viene rappresentata con una versificazione molto colorita e aderente alla versione propinata dal leggendario satiro arcade.

Alla fine della narrazione, Melesigenes apostrofa, con toni superbi, il comandante dei Polemadontes, aggiungendo alcuni particolari alla vicenda del satiro arcade; ma Melesigenes non sembra più lo stesso. Da qui in poi, inizia il Ciclo detto del Megiston Kratos o di Melesigenes di Chio, costituito dalle sezioni Phlogiston, Megiston Kratos e Kérberos. Cosa succede, non verrà qui disvelato, ma posso soltanto dire che l’opera inizia a prendere pienamente forma.

Per adesso sto lavorando a tre nuovi progetti: uno è Syrinx – Alla ricerca del flauto di Pan, una raccolta tematica, incentrata sulla figura dei Satiri e delle Ninfe, e sul rapporto che tali figure mitologiche hanno nella loro componente dionisiaca col poeta. Il secondo invece è la pianificazione di Calypsos – e l’incanto di Tephra, seguito di Promachos. E per concludere, un poema fantasy intitolato Nynivar – La Battaglia del Fuoco: l’intera descrizione di un assedio in settecento versi circa.