Con Il segreto dei Maghi Trudi Canavan chiude la sua Black Magician Trilogy. La storia di Sonea, iniziata in La corporazione dei maghi con una lunga fuga nei bassifondi, si apre a un orizzonte più vasto grazie alla rivelazione del segreto custodito gelosamente da Akkarrin.

 

La trilogia è strutturata in alcune tappe fondamentali, che corrispondono ad altrettanti percorsi di formazione e di crescita.

Si comincia con la scoperta dei propri poteri magici da parte della giovane protagonista, e con la lunga fuga che la porta a osservare, pur senza comprendere, un rituale che si rivelerà fondamentale per il prosieguo della saga e per il destino del regno in cui vive.

La seconda parte del primo volume è dedicata al difficile rapporto fra Sonea e i maghi, che per troppo tempo si sono visti schierati su fronti contrapposti. E prima di potersi ad accettare reciprocamente servirà un po’ di tempo.

 

Ne La scuola dei maghi vengono portati avanti contemporaneamente due filoni, uno nella città di Imardin e l’altro nel regno confinante di Elyne.

Nella capitale di Kyralia continuano i problemi di Sonea, tormentata da un compagno di classe ma soprattutto preoccupata dal segreto del Sommo Lord. La pratica della magia nera da parte di Akkarrin infatti, oltre a condizionare pesantemente fino a minacciare la vita di Sonea e dei suoi cari, getta inquietanti interrogativi sul futuro del regno stesso.

Interrogativi ai quali non sono in grado di rispondere né Rothen, per un certo periodo tutore di Sonea, né l’Amministratore Lorlen.

Per molto tempo la speranza di risolvere il problema ricade sulle spalle di Dannyl, recatosi a Elyne in veste di ambasciatore. Di lui vengono seguiti i viaggi e gli studi, ma anche le relazioni sociali e la scoperta e l’adattamento a usanze diverse da quelle cui era abituato.

 

Con quest’ultimo romanzo si torna nell’incertezza. Per due volumi il lettore ha visto crescere i poteri di Sonea, ma anche i suoi e i propri dubbi circa le reali intenzioni di Akkarrin. Mago nero sotto mentite spoglie, o custode di un terribile segreto che – suo malgrado – non può svelare a nessuno?

Come già negli altri romanzi la Canavan si sofferma su piccoli episodi, parla della quotidianità, crea un’atmosfera apparentemente tranquilla ma attraversata da tensioni sotterranee. Anche i fatti drammatici, come quelli di cui viene a conoscenza Lorlen, sono tutto sommato osservati con un certo distacco. C’è preoccupazione, ma non un reale coinvolgimento emotivo, come se fossero cose avvenute in un luogo distante. Spiacevoli, ma senza davvero dare l’impressione di poter toccare la vita dei protagonisti della storia.

Finché il Sommo Lord non decide che è giunto il momento di svelare il mistero, rendendo la ragazza partecipe di alcuni fatti cancellati dal tempo. Prima gradualmente, tramite alcuni libri, e poi in maniera più attiva, dimostrando finalmente – e non solo narrando – cosa realmente stia accadendo. È il momento delle scelte di campo, e anche quello in cui sulla saga si accende una nuova luce, anche se la storia continua ancora per un po’ a procedere con un ritmo abbastanza tranquillo.

 

Parallelamente a queste vicende vengono portate avanti quelle di Dannyl. Più investigatore che ambasciatore, il mago si trova a dover fronteggiare una situazione non prevista all’inizio. Solo che mentre nel secondo volume il legame fra i suoi viaggi e gli eventi distanti di Imardin era molto forte, pian piano questa trama compie una svolta, e prende un’altra direzione.

Dannyl scopre sì qualcosa che lo potrebbe avvicinare a Sonea e ai suoi problemi, ma la sua attenzione si concentra su problemi personali, o su una diversa pur se grave infrazione alla legge. E neanche il ritorno a Kyralia riesce a riunire davvero le due trame, finendo così per far percepire la meno importante come qualcosa di marginale, nulla più che una simpatica ma fondamentalmente inutile distrazione dagli eventi che contano davvero.

 

Un’analoga mezza delusione si ha con il ritorno di Cery. Il ragazzo, che si era rivelato fondamentale all’inizio della saga e che – suo malgrado – aveva condizionato il destino di Sonea anche nella seconda parte di La corporazione dei maghi, ne La scuola dei maghi sembrava essere stato accantonato perché privo di poteri magici.

Ora assume un nuovo ruolo, congeniale a ciò che già si sapeva di lui, e in alcuni momenti le sue azioni e le sue decisioni si rivelano importanti. Al suo fianco, però, si muove una figura un po’ troppo enigmatica. Savara sa troppo ma spiega e soprattutto agisce troppo poco perché le sue decisioni possano essere accettate tanto tranquillamente come fa il giovane ladro, e alla fine la donna risulta essere nulla più che una figura bidimensionale, utile semplicemente a fornire qualche informazione difficilmente reperibile altrove.

 

Non del tutto convincenti risultano anche le figure degli Ichani, di cui si ignorava persino l’esistenza finché la Canavan non decide che è giunto il momenti di parlare di loro. Certo, Akkarrin fornisce una lunga spiegazione sul mistero che li circonda, ma non riesce a cancellare completamente la sensazione che siano stati creati appositamente per poter realizzare una saga in più volumi, e aprire le avventure di Sonea a un orizzonte più vasto.

Oltretutto, come già avvenuto negli altri due romanzi, all’inizio la giovane è troppo tranquilla, quasi passiva nella sua accettazione di ciò che le capita. E questa passività viene trasmessa anche alla figura che le è più vicina, che invece di combattere, o di fornire prove a sostegno delle sue affermazioni, opta per un’attesa quasi rinunciataria. Una scelta che potrebbe rivelarsi fatale, come i due ben sanno, ma che comunque compiono consapevolmente.

 

Insomma, tanti piccoli dubbi disseminati nella costruzione di una storia che per altri versi si rivela piacevole.

Lo stile dell’autrice è scorrevole, e quasi tutti i personaggi sono ben caratterizzati. L’alternanza fra i vari punti di vista consente tanto una migliore visione d’insieme della storia quanto una partecipazione emotiva che spinge a “tifare” per tutti i protagonisti, pur con le loro differenti visioni. E la parte conclusiva del romanzo mostra come la Canavan sia capace di accelerare il ritmo quando la storia lo richiede, compiendo anche alcune scelte probabilmente impopolari.

 

Complessivamente si tratta di una trilogia d’esordio – compreso questo volume conclusivo – interessante, pur se con diversi limiti di originalità e di sviluppo di alcuni elementi della trama che non sempre sono perfettamente legati fra loro. Resta da vedere se, nei successivi volumi, accanto alle capacità descrittive e d’introspezione già presenti, la scrittrice australiana riuscirà a raggiungere quella maturità che potrebbe fare di lei un’autrice davvero interessante.