Quando hai scoperto, e come, che avevi qualcosa da dire, che sentivi la necessità di scrivere? E quando hai iniziato e su quali argomenti? Quale è stato il percorso che hai affrontato prima di veder pubblicato un tuo romanzo? Hai ricevuto molti rifiuti?

Ai tempi delle superiori mi divertivo a disegnare. Immaginai un mondo, Lenth, e un solo personaggio, Crysta. Volevo farla muovere in questo strano pianeta, vedere cosa aveva da raccontare. Capii presto che non disegnavo così bene come pensavo! Cercai allora altre forme di espressione e i racconti mi sembravano la via più giusta. Ogni racconto aveva un protagonista diverso. Da lì alla scelta del romanzo il passo è stato breve. L’atto pratico della scrittura è durato cinque mesi, ma ho impiegato quasi un anno a pensare la storia completa e a studiare in dettaglio l’ambientazione. Immaginavo una trilogia e speravo di poter dare a ognuno dei libri un’impronta diversa. Il Silenzio di Lenth è incentrato sulla fede, su quanto possa facilmente sfociare nel fanatismo e perdere di senso. Credo sia stato questo a colpire la casa editrice, anche se non posso dirlo con certezza. Quando mi decisi a spedire il manoscritto, lo inviai solamente a un paio di editori, la Piemme e un altro. Quest’ultimo mi disse che il genere trattato “non era in linea con la politica editoriale”, la Piemme invece mi scelse. Come continuo a ripetermi: “posto giusto, momento giusto”.

Come e quando nascono le idee per i tuoi romanzi e da quali esigenze sono mossi? Da dove “nascono” le tue storie? E come è nato il tuo primo romanzo, Il silenzio di Lenth?

Il Silenzio di Lenth, inizialmente, era molto diverso. La prima parte almeno era molto più lunga, più caotica forse. Avevo inserito tanti personaggi, ma il risultato non era dei migliori. La seconda parte invece bene o male è rimasta la stessa, anche perché il protagonista, Windaw, è stato uno dei primi che ho creato, dopo Crysta. Tantissime volte però, ho cambiato la scaletta. I personaggi avevano tirato fuori una loro voce, si rifiutavano di fare determinate cose. Cose che avrebbero finito di sicuro per snaturarli. E’ stato allora che ho capito di avere davanti delle persone “reali” e non delle semplici figurine astratte. Windaw, ad esempio, ha un passato tormentato, una vita fatta di pregiudizi e di meschinità. Un ragazzo normale, al posto suo, proverebbe rabbia. Ma lui no. Alcuni trovano quasi snervante il modo passivo in cui accetta gli eventi, ma è la sua indole ed è giusto che rimanga così. Le poche volte che perde il controllo c’è sempre di mezzo Kexan, sono le sue parole a tentarlo. Mi rivedo molto in lui. Spesso anch’io affronto le situazioni con una pacatezza che esaspera chi mi sta attorno. Perdo raramente il controllo, come Windaw, ma quando accade, scateno l’inferno! C’è qualcosa di mio anche in Crysta: il suo stare sempre in disparte, il non riuscire ad accettare pienamente se stessa e chi le sta attorno. Con Zoria è lo stesso. L’accettazione è il comune denominatore di tutti i personaggi. Accettare se stessi, accettare il proprio passato… ognuno lo fa in modo diverso. Con coraggio, con codardia, con forza o con pacatezza.

Antico e sempre attuale dilemma: pensi che scrivere sia dote innata o che si possa imparare, anche con le "nuove tecniche di scrittura"?
Licia Troisi e Luca Centi
Licia Troisi e Luca Centi

La scrittura è una forma d’arte. Come la pittura, il disegno o la musica. Una base deve esserci sempre, bisogna avere umiltà e mettersi in discussione. Fino ad un certo punto però! Chi disegna, canta o scrive, può seguire inizialmente dei corsi, ma il resto deve farlo da sé. L’immaginazione, la creatività, sono cose che non si apprendono, sono innate. Si possono seguire tutte le lezioni di musica del mondo, ma se non si ha orecchio, se non si riesce ad uscire dagli schemi, si rimarrà sempre nella mediocrità. Un buon esecutore, un pessimo interprete.

Non scordiamoci inoltre di disegnatori, musicisti e scrittori che sono apprezzati in tutto il mondo senza aver seguito alcun corso. Spesso la lettura è il solo insegnante valido.

Sei uno scrittore lento o veloce, meditativo o istintivo? Tecnica a macchia di leopardo o disciplinato con ruolino di marcia? Imbrigli i personaggi o lasci che siano loro a decidere quale percorso deve seguire la vicenda?

Sono lento e veloce al tempo stesso. Quando penso la storia, medito a lungo sui vari passaggi. Ci vogliono mesi prima che possa dirmi soddisfatto. Una volta fatta la scaletta però, scrivere mi risulta semplice. La prima stesura è sempre quella che preferisco; per mantenere il paragone precedente con i disegnatori, è come la griglia per creare un personaggio. E’ un qualcosa di abbozzato, non necessariamente perfetto. Mi concentro principalmente sulla dinamica e sulla psicologia dei personaggi. Le incongruenze, i difetti d’ambientazione e le rifiniture arrivano solo con la seconda stesura. I personaggi in questo mi aiutano. Sento che sono vivi nella mia mente, mi dicono loro cosa vogliono fare, quali sono le conseguenze logiche di determinate scelte narrative. Quindi la storia vien da sé!

E a cosa stai lavorando ora?

Ho finito la seconda stesura del seguito de “Il Silenzio di Lenth” e ho quasi terminato la prima dell’ultimo volume. Ovviamente prima di rivederla passerà del tempo, quindi molte cose cambieranno. Nel frattempo ho iniziato una nuova storia. Un romanzo autoconclusivo; non è ancora terminato, ma ho inviato alla casa editrice i primi capitoli. E’ rivolto a un target diverso, più giovane forse. Dico “forse” perché credo poco nei target. Spesso sono fuorvianti.

Pensi che in Italia si possa vivere “solo” scrivendo fantascienza o fantasy?

La mia esperienza è molto limitata. Moltissimo anzi. Credo che solo gli scrittori di best seller riescano a vivere di rendita. E spesso neppure loro. Forse è meglio così. Certo, sarebbe bello vivere di scrittura, ma c’è il rischio che poi diventi troppo un lavoro. Non sarebbe affatto edificante scrivere per forza, anche quando l’ispirazione se n’è andata da mesi.