In Grecia, quasi tre millenni fa, anche se le ipotesi oscillano di un paio di secoli a seconda degli studiosi che le formulano, una serie di storie narrate da cantori itineranti chiamati 'aedi' confluì nella forma scritta dell'Iliade e dell'Odissea.

La tradizione antica, in realtà, attribuì a Omero la composizione dei poemi e da lui il genere letterario dell'epica (da epos, 'parola' ma anche 'racconto') prese vita.

Gli studi più recenti considerano irrisolvibile il problema della sua reale esistenza, se si considera che gli stessi antichi credevano alla sua storicità ma non conoscevano, in merito, nulla di fondato.

E se gli studi a riguardo, oltre a quelli relativi a data e modalità di composizione, e alla maggiore o minore storicità degli eventi narrati, continuano a tutt'oggi sin dalla seconda metà del Seicento, le vicende narrate nell'Iliade (che narra le gesta di Achille sullo sfondo della guerra decennale fra i Greci e la città di Troia a causa del rapimento di Elena, sposa di Menelao, da parte di Paride, principe troiano) e nell'Odissea (il viaggio di ritorno dell'eroe greco Ulisse nella patria Itaca dopo la fine della guerra di Troia) sono state, insieme al registro poetico omerico e al sistema di valori che portano in sé, fondamento di tutta la cultura antica, medievale, moderna e contemporanea dell'Occidente.

Oggi, tra le numerose edizioni, divulgative e critiche, che costellano le librerie italiane, La Lepre Editore ha deciso di pubblicare una nuova edizione dell'Iliade, curata da Dora Marinari (traduzione) e Giulia Capo (commento), incontratesi per caso in un liceo romano (la prima preside, la seconda insegnante). Insieme, hanno deciso di affrontare la sfida di una traduzione in versi che riportasse il ritmo del metro antico ma che, contestualmente, semplificasse il ricco vocabolario della lingua greca senza banalizzarlo.

Una riattualizzazione, dunque, senza che il verso moderno delle attuali interpreti distorca l'essenza dell'epos antico. Alla mente viene subito il confronto con la traduzione, anch'essa in versi, e pubblicata per la prima volta all'inizio dell'Ottocento, di Vincenzo Monti, ancora oggi largamente diffusa per la sua eleganza formale (il poeta utilizzò l'endecasillabo sciolto per rendere l'esametro dattilico greco) ma certamente non utile al filologo o allo specialista per la mancanza di interlinearità nella traduzione e per la libertà nella resa di espressioni ripetitive oggi considerate tipiche del formulario aedico. Conformemente al gusto ottocentesco, infatti, queste ultime furono da Monti corrette con uno stile più uniforme, che nell'enfasi romantica ricalca lo spirito del poema originale di Omero (sopra, la copia romana di un suo ritratto, da un originale greco, risalente al II secolo d. C. e conservato al Museo del Louvre di Parigi).

La traduzione della Marinari, considerata dall'editore che ha accettato la sfida "fluida, comprensibile eppure fedele al testo omerico", sarà introdotta da una prefazione di Eva Cantarella, storica del diritto antico divenuta famosa al pubblico grazie a numerosi suoi scritti sulla società e sugli aspetti culturali dell'età classica (L'Ambiguo Malanno. Condizione e Immagine della Donna nell'Antichità Greca e Romana e L'Amore è un Dio, per citarne solo un paio), consisterà di 1216 pagine e sarà in vendita in libreria al prezzo di 28 euro. 

Intento delle curatrici è quello di rivolgersi a un pubblico vasto, sia a chi intenda riscoprire il gusto del poema antico sia agli insegnanti e agli studenti che vogliano utilizzare il testo nella didattica scolastica.

Una speranza, certo, è quella di contribuire a ravvivare l'interesse per il mondo antico che, tristemente in un paese dal passato profondo e affascinante come il nostro, sembra ora più che mai lontano dall'interesse del pubblico, almeno nelle sue forme più pure e non abusate a fini commerciali.