I dialoghi hanno un’importanza fondamentale. Tra i tanti, alcuni primari sono proprio quelli tra Avito e Ierocle. In una delle conversazioni, Ierocle, pur essendo lo sposo di Avito, non riesce ad accettare l’idea che in ogni essere umano ci siano l’uomo e la donna, in proporzioni differenti. “Diverse parti dell’anima che agiscono, più sottilmente mescolate di quanto non si creda”.

Quasi nessuno riesce ad accettare la presenza di uomo e donna in un unico essere. Forse sono più accettabili altre dualità (nero/bianco, buono/cattivo), non so, non ne sono sicura. L'insistenza sulla virilità/femminilità (al tempo stesso ruoli e feticci) mi sembra una forma di resistenza ostinata alla dualità sessuale. Perfino il modo in cui sono gestite le "devianze" tende a ricondurre al ruolo e al feticcio. Se un/una trans si opera, dal mio punto di vista, non abbiamo che una donna o un uomo in più. È un po' come disinnescare la carica esplosiva e creativa della condizione di passaggio, e renderla innocua. Quello che mi affascinerebbe, sarebbe uno stile di vita impostato sull'eterno passaggio. La tensione al mito dell'androgino alchemico. Piaccia o no, sia riconosciuto o negato, ciascuno di noi (anche quelli che scelgono di impersonare il ruolo e il feticcio fino al grottesco) ha una sua "formula chimica" sessuale, probabilmente unica come l'impronta digitale, o il fondo dell'occhio.

A quel punto, Ierocle ribatte con un’innegabile verità: “In te, certo, sono tanto sottilmente mescolate che nessuno ne comprende nulla”. In effetti, pochi capirono o vollero capire Eliogabalo, ai suoi tempi. E successivamente, anche come conseguenza di quanto i testi antichi, a dire il vero piuttosto di parte, hanno lasciato in eredità. Quindi, pochi si sono sforzati di provare ad andare oltre all’immagine di ennesimo imperatore squilibrato. Tu hai voluto farlo, anche se da narratrice.

Quando Eliogabalo convocava le prostitute a Palazzo vestito come una di loro, o affidava la riserva di grano della città da amministrare ai travestiti, sicuramente cercava di integrare queste persone nel corso normale della vita politica. Lo faceva a modo suo, attraverso lo spettacolo, l'invenzione, mettendo in gioco se stesso, disposto a pagarne l'inevitabile prezzo. Non è strano che lo abbiano giudicato stravagante e demente allora, ma anche in seguito. A parte Artaud, ha scritto di Eliogabalo un professore di Oxford (John Stuart Hay, The Amazing Emperor Heliogabalus, 1911). Un saggio pacato e quasi divertito, che riporta alle giuste proporzioni il numero dei morti (Avito ha perfino ammazzato meno di altri imperatori) ed evidenzia i pregi del ragazzo: la tolleranza, il pacifismo, la creatività, la compassione. Mancava una fiction su Eliogabalo: strano, perché ci sono tutti gli ingredienti di una fitcion avvincente: intrigo, guerra, lusso, spettacolo, erotismo, amore, predestinazione a una fine tragica. Era una sfida cercare di rendere comprensibili dal maggior numero possibile di persone comportamenti che non sono condivisi dalla maggioranza delle persone. Nelle opere di genere esiste solo l'amore eterosessuale. Esiste, voglio dire, come elemento atto a suscitare coinvolgimento/desiderio/identificazione. Un comportamento sessuale polimorfo non è mai protagonista. Io ho provato a collocarlo in primo piano.

Volevi raccontare la storia di Eliogabalo, o volevi di più trattare alcuni argomenti, ed il giovane imperatore si sposava perfettamente con l’obiettivo?

Volevo entrambe le cose. Il mondo di Eliogabalo, impossibile nel reale, si avvicina molto a quello che vorrei vedere reso possibile e realizzato.

Vuoi dirci qualcosa del ruolo imprescindibile che le quattro Giulia hanno nell’economia del romanzo, ma soprattutto nella vita di Eliogabalo?

Giulia Domna è l'antenata, l'origine di tutto, l'eredità spirituale, quasi una dea. Giulia Mesa è l'anziana esperta del mondo che sa pianificare e preparare la strada: è il personaggio più politico. Giulia Soemia è la madre che ama suo figlio: mi è piaciuto rappresentarla come una Semiramide, una regina orientale piena di nobiltà. Giulia Mamea è fondamentale in quanto provoca la caduta di Avito. Suggerisco che solo una donna della famiglia avrebbe potuto farlo. Nonostante l'impossibilità della sua proposta esistenziale, pare che Avito avrebbe potuto rimanere più a lungo sul trono.

Secondo Avito, “i cristiani erano lagnosi per carattere, e rancorosi anche senza un preciso motivo”. Inoltre, non ridevano quasi mai”. Un commento di Giulia Mesa è che “i cristiani danno da fottere alla gente”. Non in senso fisico, ovviamente…
Tu, come lo vedi davvero il rapporto tra Roma e il cristianesimo?

Lo vedo veramente bizzarro… Fra tutti i luoghi del mondo, la religione più spirituale ha attecchito sul corpo più carnale e scettico. È un fenomeno per cui non ho mai una spiegazione convincente. Ultimamente ho pensato che l'Italia, contrariamente a quanto si crede, NON sia affatto un paese cattolico. La Chiesa sta bene lì, ma gli italiani non si sono mai sognati di comportarsi secondo la sua morale sessuale. È un equilibrio che regge, però… è chiaro che il cristianesimo deve aver soddisfatto un bisogno della gente, cioé dato da fottere (non in senso fisico).

E il rapporto tra Claudia Salvatori e il cristianesimo, com’è? Possiamo dire che, in qualche modo, hai un approccio gnostico? Sperando che nessuno in futuro ti metta su un rogo?

Non mi basta certo il materialismo. Sento il bisogno di una rinascita spirituale, ma non mi riconosco nella Chiesa cattolica. Lo gnosticismo mi fornisce soluzioni più adeguate al mio temperamento, credo. In quanto ai roghi, non ci fanno neppure più il favore di bruciarci. Non esistiamo, nessuno esiste.

E’ realistico o reale il tentativo di Eliogabalo descritto del tuo romanzo di far convergere i culti professati nell’impero romano in un’unica religione, quella del Sol Invictus?

È storico e abbastanza realistico. Eliogabalo agiva in modo simbolico, manipolando "magicamente" le religioni per arrivare a ottenere un'unità di culto e di fede. Era un re solare. L'unico paragone storico che mi viene in mente è quello con il faraone Akhenaton. I culti solari tendono a ricondurre all'Uno tutte le molteplicità.