La fantasy storica di Guy Gavriel Kay

Guy Gavriel Kay ha spiegato come la fantasy consenta l’universalizzazione delle storie perché “toglie gli episodi al di fuori di uno specifico tempo e luogo e apre la possibilità per lo scrittore — e per il lettore — di considerare i temi, gli elementi di una storia, come applicabili a una più ampia gamma di tempi e luoghi. Distacca il racconto da un ristretto contesto, permette di spogliarsi o al limite di erodere pregiudizi e assunzioni. E, paradossalmente, poiché la storia è presentata come un fantasy può essere vista come maggiormente applicabile alla vita del lettore e al suo mondo, non meno” (6). Un esempio di quanto sia vera questa sua affermazione è data dalla reazione di molti lettori al suo Paese delle due lune. Il romanzo, ambientato nell'immaginaria Penisola del Palmo, è incentrato sulla lotta di alcuni personaggi per liberare da un invasore straniero il loro Paese, oppresso da una ventina d'anni. In Quebec, ma anche in Polonia o in Croazia, gli hanno chiesto (7) se narrando la storia di una cultura deliberatamente distrutta e di un nome strappato via insieme al linguaggio e all'identità storica stava in realtà narrando la loro storia. “Stavi scrivendo di noi?” è la domanda standard che gli viene posta quando incontra qualcuno appartenente a una cultura che ha corso il serio rischio di essere cancellata. La risposta è sì e no, perché per lui Il paese delle due lune è stato un tentativo di usare il fantasy per esplorare tutte queste culture e non una sola di loro.

Il contrasto fra culture diverse è presente in un altro romanzo di Kay mai tradotto in italiano, The Lions of Al-Rassan. Se nella prima opera la magia ricopre una funzione molto importante, in The Lions of Al-Rassan la magia è completamente assente e gli elementi fantastici sono quasi inesistenti. Se non fosse per la presenza di due lune in cielo – citate proprio per ricordare al lettore che quella di cui sta leggendo non è la nostra Terra – e per i nomi e la geografia diversi, quella storia potrebbe tranquillamente narrare di fatti accaduti sul pianeta sul quale anche noi camminiamo. Fin dall'inizio il romanzo, come già aveva fatto Tolkien e come avrebbero fatto la maggior parte dei suoi successori, abbandona il fiabesco “c'era una volta” (8) per concentrarsi sul mondo secondario e costruirlo alla perfezione. Quello che ne risulta è un mondo assolutamente convincente, abitato da personaggi vivi capaci di catturare le emozioni del lettore e di trattenerlo con il fiato sospeso fino alla conclusione. Anche se il mondo è inventato la storia che narra è reale.

Terry Brooks fra il nostro mondo e quello di Shannara

Kay è in buona compagnia visto che anche Terry Brooks ha spiegato che per lui la fantasy è “un modo diverso per osservare la realtà” (9). Il suo primo editor, Lester del Rey, era solito affermare che “la fantasy è la forma di letteratura più difficile da scrivere perché deve essere la più realistica”, e lui ha imparato bene la lezione. “La maggior parte di ciò che scrivo”, ha detto, “metaforicamente riguarda il nostro mondo. Gli elementi che formano i dettagli delle mie storie sono quasi sempre ispirati da ciò che leggo sui giornali. Ponendo la storia in un mondo diverso, io posso dare uno sguardo fresco a quegli elementi e forse donare al lettore una prospettiva diversa. Il mio primo obiettivo è narrare una buona storia, ma il secondo è di spingere i lettori a riflettere sulle loro vite”. E se all'inizio, con La spada di Shannara, aveva iniziato a inserire nelle sue storie piccoli indizi sul fatto che il suo mondo e il nostro non erano poi troppo lontani, con le ultime saghe, in particolare La genesi di Shannara e Le leggende di Shannara, ha collegato il mondo del Demone – mondo che potrebbe essere il nostro – con quello che lo ha reso famoso (10).

Il desiderio di usare la maschera del fantastico per parlare di problemi o situazioni reali accomuna Brooks a molti altri autori. Steven Erikson ha spiegato di aver usato gli stilemi del genere come metafora, per esempio, in Memorie di ghiaccio, terzo romanzo della saga La caduta di Malazan. Nella sua storia l’elemento magico di una figlia che si nutre troppo dalla madre e finisce con il farla invecchiare precocemente nasconde un problema reale, quello della depressione post partum (11). Ma perché la situazione sia credibile il mondo in cui è ambientata deve essere estremamente coerente. In questo gli è stata molto utile la sua formazione da antropologo e archeologo, che gli ha consentito di costruire una società priva di contraddizioni interne anche su dettagli marginali per la storia vera e propria quali usi e costumi delle varie popolazioni.

La Ruota del Tempo di Robert Jordan

Brooks ha esplicitato il collegamento fra il mondo reale e quello fantastico con una serie di romanzi nati con lo scopo di riunire in un'unica grande storia due saghe in apparenza distanti. Erikson ha seguito la strada della rigorosità estrema nel costuire tutti dettagli del suo mondo. Jordan ha preferito mantenere un tono solo apparentemente fiabesco – o epico – ambientando la sua saga in un mondo che, se osservato bene, potrebbe essere il nostro in un tempo lontanissimo (12). La scelta di una terra favolosa nella quale la magia funziona e sulla quale camminano creature fantastiche, è stata un semplice strumento che gli ha permesso di narrare storie reali, che parlano di noi e a noi.

Robert ha spiegato che “nella letteratura mainstream la linea di demarcazione fra bene e male è diventata sfuocata. Ormai è diventato normale sentire notizie che parlano, per esempio, di un kamikaze che ha compiuto un gesto tremendo, ma naturalmente… Ecco, quel "naturalmente" ormai abusato in qualsiasi circostanza è invariabilmente seguito dalle spiegazioni del perché quell’azione sia stata compiuta. Il gesto viene reso così comprensibile, se non proprio giustificabile, in base alle particolari circostanze in cui si è verificato, se osservato dal giusto punto di vista. Secondo questa teoria non esisterebbero bianco e nero, ma solo sfumature di grigio.