Leon e Felix vanno a trascorrere alcuni giorni sul mar Baltico ma non per fare una vacanza. Il primo è uno scrittore che deve completare il suo secondo romanzo anche se si rende conto di non aver fatto un buon lavoro, mentre il secondo deve realizzare un portfolio fotografico per essere ammesso a una scuola d’arte. Per portare a termine i loro obiettivi i due cercano un clima rilassato ma, a ostacolarli c’è l'inaspettata presenza di Nadja alla quale la madre di Felix ha affittato la casa prima dell’arrivo dei due ragazzi. Ma se la presenza della giovane non disturba il fotografo che è alla ricerca di ispirazione e stimoli, irrita invece profondamente lo scrittore. Leon, infatti, sembra incapace di sentirsi parte del mondo circostante e pur essendo attratto da Nadja non riesce a interagire con lei, rimanendo prigioniero del proprio romanzo mentre un incendio devasta la foresta intorno alla casa.

Il cielo brucia di Christian Petzold, presentato all'ultima Berlinale e premiato con l'Orso d'argento per il Gran Premio della Giuria, costituisce il secondo capitolo della trilogia degli elementi del regista tedesco. Iniziata nel 2020 con Undine dove il tema era quello dell’acqua, qui è il fuoco a diventare il fulcro della narrazione, riflesso sia nei disastri locali causati dagli incendi lungo la costa, sia nelle passioni e nelle dinamiche sentimentali dei protagonisti. Petzold, figura di spicco della Berliner Schule, dimostra di saper usare anche il tono della “commedia estiva”, rivelando una sottile ironia e una capacità di cambiare prospettiva che disorienta lo spettatore, in modo inedito rispetto ai suoi lavori precedenti.

Tuttavia la presenza di Paula Beer anche in Il cielo brucia, già protagonista in Undine, collega i due film e sottolinea il tema ricorrente della figura femminile nei lavori di Petzold. Nadja rappresenta un personaggio più tenero e gioioso rispetto alla pellicola precedente, ma con ombre e segreti che contribuiscono a tenere vivo l’intreccio. A farle da contraltare c’è Leon, un individuo bloccato che ha limitato l'introspezione a una sterile introversione, imprigionando le sue emozioni nell'angusto mondo del suo manoscritto. Questa prigione fantasmatica gli impedisce di godere della leggerezza creativa di Felix, della spensieratezza di Nadja e dell'amichevolezza del bagnino Devid.

Il cielo brucia si rivela così essere un viaggio attraverso l'educazione sentimentale e la rieducazione alla vita, un percorso che inevitabilmente attraversa la tragedia, la crisi, il dolore e la perdita in quell'istante in cui tutto intorno prende fuoco e si trasforma in cenere. Tuttavia, anche nell'esposizione del dramma, Petzold mantiene una leggerezza che si riflette prima di tutto negli sguardi, negli atteggiamenti e nel linguaggio dei corpi e, solo successivamente si esprime attraverso la parola. Solo quando tutto è perduto Leon trova la sua voce nella scrittura ed è come se riacquistasse la capacità di vedere il mondo.

Una nota a parte per la colonna sonora con la canzone In My Mind come leitmotiv e per la fotografia di Hans Fromm che giocano un ruolo cruciale nel catturare l'atmosfera della costa baltica, i colori del fuoco e le scene notturne.