Abbiamo visto la versione anglofona del secondo episodio della saga Spider-Man e ve lo raccontiamo in anteprima.

Torna al cinema la squadra di Sam Raimi al gran completo (nel film ci sono comparsate anche per personaggi deceduti nel primo episodio), con l’aggiunta di un Alfred Molina in piena forma a dar vita al nuovo superavversario di Spidey, in un film che, da buon sequel, pretende che si sia visto l’episodio precedente.

L’eroe protagonista, Peter Parker, rimane (perdonate il termine) lo sfigatello visto due anni or sono, che cerca ora di gestire la doppia vita di studente lavoratore in bolletta ed eroe del popolo.

Ritroviamo anche i suoi due più grandi problemi/delizie: Mary Jane Watson, l’amore della sua vita, colei che ha deciso di non poter avere per non metterla in pericolo; e Harry Osbourne, figlio (come sa chi ha visto il primo episodio) del Goblin, e che ha giurato vendetta contro Spiderman: da qui il dilemma di come gestire l’amicizia con il peggior nemico del suo alter-ego. A questo si aggiunge la stanchezza che un “lavoro” come quello di Peter genera a josa, che lo porta a disastrosi cali nello studio. La comparsa di un nuovo avversario (strano come tutti i nemici di Spidey siano in origine i suoi idoli di studente...) non fa che peggiorare le cose, fino a portare il nostro a un bivio nella sua esistenza: da una parte il desiderio di far del bene e di vendicare la morte dello zio, dall’altra quello di poter vivere in pace, realizzando i suoi sogni e potendo essere di nuovo un ragazzo normale.

La nuova pellicola è certamente più cupa della precedente, mirando più al conflitto interiore (che cresce col passare dei minuti e delle scene), senza dimenticare però la spettacolarità delle scene di volo e di lotta con il suo supercattivo personale, o il lato comico (lo sfigato fa ridere, non ce n’è). Splendido, nella versione originale, il cambio di battuta del nostro eroe in una scena che non spiegherò, ma che lo vede passare da un giubilante “I’m back! I’m back!” a un dolorante “My back! My back!” che sarà difficilissimo tradurre. Alfred Molina dà il meglio e riesce a creare un personaggio in disgrazia che funziona davvero bene. Unico appunto: si sarebbe potuto lavorare meglio sulle scene della sua “caduta”. E su quegli urlacci che tira ogni tanto, poco credibili e sensati. Sempre dignitose le interpretazioni degli altri comprimari (MJ fa l’attrice... non ho mai capito come fa un attore a interpretare un attore che recita). Torna infine la musica di Danny Elfman, genio incontrastato (basti ricordare capolavori come Edward Mani di Forbice, Men in Black, Sleepy Hollow), i cui temi principali riescono ormai a far presagire quello che sta per succedere. In particolare, le percussioni che preannunciano l’entrata in scena del Ragno Umano, sono capaci di generare pathos anche in un sasso.

Forse è normale che la seconda pellicola di una serie dedicata ai supereroi possa riscuotere un maggior successo. In fondo, il problema di far conoscere a un pubblico di non appassionati un nuovo personaggio non sussiste nel sequel e ci si può concentrare su altri aspetti, come nuove mosse del personaggio, richiami al fumetto e all’episodio precedente. Fatto sta che questo film tiene incollati alla poltrona e piace forse anche più del primo, un po’ com’era successo con il seguito degli X-Men. E come per quello, anche qui il finale ci mostra uno spaccato del futuro, di ciò che vedremo fra un anno o due. Ma la voglia di aspettare e vedere cosa accadrà è poca, sinceramente; io voglio vederlo subito, Spiderman 3.