Quale è stato il percorso che hai affrontato prima di veder pubblicato un tuo romanzo (o comunque un tuo lavoro)? Hai ricevuto molti rifiuti?

In effetti, no. Non ho avuto alcun problema a vedere pubblicati i miei articoli di informatica sulle riviste alle quali li avevo proposti. Mi è bastato mandare il primo. Certo, non sempre le cose sono andate bene. A volte un articolo non corrispondeva alle esigenze dell’editore, a volte semplicemente era troppo lungo o corto, ma in linea di massima, sono bastate un paio di telefonate per sistemare la cosa. I libri di informatica erano basati sugli articoli, per cui anche qui ho ricevuto il contratto prima ancora di consegnare i manoscritto. Stessa cosa è successa per i due libri di carattere psicologico-sociale. Ho spedito all’editore un piano dell’opera, e questo è bastato. Devo dire che sono stato molto fortunato a riguardo e che ho sempre avuto a che fare con editori molto professionali e aperti. In particolare devo ringraziare Giovanni Armenia, per aver avuto fiducia in me. Ci vuole molto coraggio, determinazione e competenza, oggi, per avere successo nel mondo della piccola e media editoria. La grande distribuzione spesso penalizza gli editori più piccoli, indipendentemente dalla qualità delle loro pubblicazioni, mentre spesso è proprio grazie a loro se scrittori sconosciuti e senza “santi in Paradiso” hanno la possibilità di farsi conoscere dal grande pubblico. Per il romanzo le cose sono andate in modo leggermente diverso. All’inizio avevo proposto ad Armenia una collana di romanzi di fantasy per ragazzi. Avevo preparato un piano completo dell’opera, compresi i caratteri dei protagonisti e un riassunto delle trame dei primi tre o quattro romanzi. Si trattava tuttavia di una proposta che esulava da quelle che erano le strategie commerciali dell’editore, per cui il progetto è rimasto lì, nel cassetto, dov’è tuttora. Armenia mi ha chiesto, per contro se ero disponibile a leggere alcuni romanzi in inglese per farne una valutazione, ma a me interessava scrivere, per cui gli ho proposto un romanzo di fantasy di tipo più tradizionale. A questo punto l’editore ha replicato «va bene, ma prima voglio leggere il manoscritto». Così ho scritto il primo libro — ci ho messo quasi un anno — l’ho spedito a luglio e, a settembre 2005, lo stesso Giovanni Armenia mi ha telefonato è mi ha detto «Ma Lei è proprio sicuro di voler pubblicare con il suo nome?» Insomma, era fatta. È stato un momento speciale. Pochi giorni dopo iniziavo a lavorare sul secondo volume. Nel frattempo avevo spedito a TEA, dopo aver informato Armenia, il progetto di collana per ragazzi che avevo preparato. Le persone di TEA, molto gentilmente, hanno sottoposto la proposta a Salani, che fa parte del loro stesso gruppo, ma fino ad ora non ho avuto alcuna comunicazione da parte loro. Immagino sia un rifiuto, ma essendo impegnato con il secondo romanzo, la cosa non mi ha creato alcun problema. Il progetto è lì, e prima o poi lo realizzerò. Ora non avrei neppure il tempo. Bisogna avere pazienza in questo campo.

In merito a quanto detto che consiglio puoi dare agli scrittori esordienti? Partecipare ai concorsi? Affidarsi a un agente investendo una somma di denaro? Cosa fare?

Bella domanda. Vediamo di chiarire una cosa: raggiungere un obiettivo dipende solo in piccola parte da noi. La maggior parte dei successi nasce dal saper cogliere delle opportunità. L’unica cosa che possiamo fare noi è quello di essere sempre pronti, il che vuol dire saper fornire un prodotto di qualità e saperlo presentare. C’è tanta gente in gamba che non ha avuto successo o il cui valore è stato riconosciuto addirittura postumo, così come ci sono tanti che, grazie a spintarelle e appoggi di vario genere, hanno fatto i soldi con prodotti scarsi o di media qualità. Così stanno le cose ed è inutile farsi illusioni. Si può partecipare a concorsi per tutta la vita con storie favolose senza ottenere alcunché in cambio, poi un giorno fai leggere un manoscritto a un tizio che hai appena conosciuto a una festa e scopri che quello è il direttore editoriale di una casa editrice: il libro gli piace e sei mesi dopo è in libreria. Storie così possono succedere, ma non ci contate. Quello che uno scrittore può fare è cercare di diventare sempre più bravo, raffinare il proprio stile, la padronanza della lingua in cui scrive, la capacità di sviluppare trame e di creare strutture robuste al cui interno inserire i contenuti. Non si diventa né ricchi né famosi con un buon libro, non subito almeno. È più facile avere un effimero successo con un romanzo impregnato di contenuti erotici, se non porno, o che ipotizza improbabili complotti o misteri strettamente legati ad argomenti di attualità. Se poi finisci in un talk show, è fatta. Una cosa è essere uno scrittore, una cosa è vendere libri. Le due cose non sono necessariamente conseguenti. Sta a voi decidere cosa volete essere.