Dio.

Vogliamo avventurarci nel nucleo pulsante di Magdeburg La Furia?

Allora, dobbiamo parlarne. Parlare del dio delle religioni. E citare una delle frasi che, assieme al motivo della Guerra Eterna, ritornano più volte in Magdeburg 2.

Dio è morto.

Lo è per Wulfgar, il viandante in nero protagonista di questa innovativa saga storica. Wulfgar, la nemesi venuta (tornata) dalla Terra della Lacrime (il Giappone). E che per lui sia così, è logico. Perché lui è l’Eretico.

Ma Dio è morto anche nel cuore muto (deve essere muto: l’alternativa al silenzio, può essere il rogo…) di tanti altri, nei tempi cruenti della Guerra Eterna. Uomini e donne. Vittime del dio di troppi. Vittime di troppe Vere Fedi.

Dio, che per alcuni non è mai esistito. Se non come vessillo. Il migliore, quello apparentemente a più buon mercato. Ma nulla, o poco, è veramente gratuito. Purtroppo.

E se per taluni Dio è morto, per altri Dio è con noi.

Lo è per chi ha davvero fede. Nonostante tutto. Quale che sia. Cieca, onesta o incrinata da dubbi. Ma Dio è con noi (Gott mitt uns!) anche per chi ha ben altra fede. E osa chiamarla Dio.

Dio è… con Noi! Sempre da questo lato della barricata, a quanto sembra. Con noi. Mai con voi, o con loro. Bene e Male. Punti di vista, ovviamente. Dagli effetti troppo spesso deleteri. Mortali.

I rappresentanti di Dio in terra sanno sempre quale è la Sua Volontà. E sanno quanto sia necessario perseguirla con ogni mezzo.

Todo modo para buscar la voluntad divina.

Insomma: la vergogna delle religioni che diventano potere, e suo strumento insieme, è eterna. Ed è uno degli aspetti più importanti di questo secondo capitolo dell’opera storica di Altieri. Un atto d’accusa contro chi delle religioni fa ragione e/o pretesto di scontro. Di sangue. Di sterminio.

Vi ricordate il ruolo della Provvidenza nei Promessi Sposi? Beh, anche se il periodo storico è lo stesso, scordatevene. Non c’è Provvidenza che tenga, in questa trilogia. Non finora, almeno. E, lasciatemi scommettere, nemmeno poi. Quando, nel prossimo libro, l’assedio di Magdeburg culminerà nel genocidio. Quando gli elementi (acqua, aria, fuoco, terra) andranno al loro posto, e tutto si colmerà di vuoto.

“Religiosamente oltraggioso”: parole usate dallo stesso autore, in una sua presentazione (estrapolate beninteso da un contesto di frase più ampio). Eppure Altieri, che si definisce ateo, dimostra a modo suo di rispettare la fede, pur disprezzando la religione, strumento di potere.

Il cardinale Colonna è in fondo esempio di questo rispetto. Perché, tra preti perduti, preti in bilico e preti carnefici, emerge la sua personalità: la sua fede impura è, alla resa dei conti, assai più genuina e forte delle ipocrisie e delle follie altrui. A pag. 488 leggiamo: “Io dico che te lo trovi, il tuo Dio.” Ute incrociò le braccia poderose. “Basta che te non lo smetti di cercare.” Colonna non smette di cercare, anche se in genere non se ne rende conto.

Chiaramente, quello “religioso” è solo uno degli aspetti principali di un’opera monumentale – e non solo per pagine scritte! – quale Magdeburg si appresta a diventare. Un lavoro di ampio respiro e impegno come questo vanta inevitabilmente innumerevoli contenuti e motivazioni per cui essere oggetto di analisi.

Tra i tanti contributi, è certo utile segnalare un paio di approfondimenti specifici apparsi su ThrillerMagazine: quello a firma Stefano Di Marino, sull’Arte della Spada (http://www.thrillermagazine.it/rubriche/3122/), e quello redatto da Marina Belli (http://www.thrillermagazine.it/rubriche/3214/). Vi consiglio di leggerli, per più motivi.

Per quel che mi riguarda, cosa voglio aggiungere di significativo a quanto ho già scritto a suo tempo su queste pagine, recensendo il primo capitolo: L’Eretico (http://www.fantasymagazine.it/libri/5476/)?

Sicuramente, devo tornare a parlarvi del principale fil rouge di Magdeburg.

La Guerra Eterna, ovviamente. Perché Altieri continua a gettare il lettore nei campi di Caino del passato, allo scopo di ricordarci l’oggi. Sempre più, la trilogia si sta dimostrando uno spaccato di attualità. Di “eterna” attualità. A volte, non c’è niente di meglio della storia, per ragionare sul presente.

Un paio di esempi?

A pag. 110, von Falkenberg, Pappenheimer in pugno, tuona frasi motivanti e retoriche, sostenuto dalla minaccia palpabile del suo esercito. Un’armata di salvatori, di… difensori. Sempre con il sostegno di Dio, von Falkengerb promette ai bravi cittadini di Magdeburg “patti d’acciaio. Patti d’acciaio contro la decadenza e la prepotenza dell’Impero cattolico”, e “armature d’acciaio contro la brutalità, contro la violenza della soldataglia cattolica.”

E più avanti ancora: “io rifiuto di credere che tra voi c’è chi non respinge la guerra. Tutti noi siamo stati, siamo anche in questo momento, costretti a combatterla. Nello stesso modo in cui anche Sua Maestà il Re di Svezia è costretto a combatterla.” Un discorso che si chiude così: “Dobbiamo continuare la guerra. Nel nome della pace.”

Diciamoci la verità: per un’oratoria del genere, Altieri non ha avuto difficoltà d’ispirazione, di questi tempi.

Il motivo della Guerra per la Pace è presente in più di un dialogo. A pag. 141 Dekken, nel convincere Wallenstein a sostenere il suo progetto, parla di “Unità, tradizione, pace.” La stessa figura storica di Albrecht von Wallenstein (che ricordiamo aver ispirato la trilogia storica di Friedrich von Schiller, alla fine del diciottesimo secolo), manipolatore, banchiere, condottiero, nobile acquisito, insomma vero e proprio signore della guerra dell’epoca, ci appare quasi come un padrino mafioso, con la sua gotta, le sue manie astrologiche, la sua discutibile e forte personalità.

Sugli aspetti di modernità del testo, invito i lettori a concentrarsi anche sul capitolo che vede il cardinale Colonna al cospetto di papa Urbano VIII.

Altri spunti?

Ci sarebbe il tema del viaggio, da sviscerare. Io mi limito ad evidenziarlo.

Sono tutti in movimento, i protagonisti della Furia. In fuga, reale e apparente, in caccia, in missione, allo sbando…

Itinerari determinati da più motivazioni. Itinerari che si incrociano, con effetti drammatici e/o sorprendenti per il lettore. Itinerari che, nel percorrere l’inferno in terra, diventano anche percorsi interiori.

Tappe di un appuntamento finale e, certo per molti, definitivo.

Anche nella Furia, impera lo stile di Altieri: ritmo, alto impatto visivo, sonorità, crudezza, tensione, azione “dura”… Caratteristiche ben note al pubblico dei suoi estimatori.

Soprattutto, uno stile che costringe a “guardare”, che non lascia chiudere gli occhi. Di fronte a nulla.

Ma è presente anche una sorta di lirica tragica, immediata e tagliente, nella prosa di Magdeburg. E un’apprezzata punta di teatro, di cui assume talvolta i toni, per esempio in alcuni dialoghi. Ne è un esempio il capitolo CXV, quando Wulfgar è faccia a faccia con Reinhart.

Per rispetto di coloro che ancora non hanno letto La Furia, non riporterò l’ultima parola del romanzo. Sta a loro scoprirlo.

Basti sapere che Altieri sa bene come rendere “circolare” persino un’opera aperta, come può esserlo il secondo episodio di una trilogia.

Su noi lettori grava ora un ovvio quesito: quanto dovremo attendere, per assistere all’apocalisse di Magdeburg?

Non lo sappiamo di preciso, anche se è assai plausibile che otterremo la risposta ai quesiti irrisolti nella primavera del 2007. In ogni caso, possiamo star sicuri che sarà un appuntamento con il destino. Quello che attende tutti i protagonisti della saga nelle pagine del terzo e conclusivo atto della tragedia: Magdeburg/ Il Demone.