ATTENZIONE: la recensione contiene SPOILER

A prima vista, il quinto episodio della saga di Harry Potter non era una sfida facile per la cinematografia: si trattava infatti di ridurre in immagine il tomo più voluminoso della serie. Tuttavia, a uno sguardo più approfondito, ci si può rendere conto che parecchio di quel volume non è determinante ai fini di una corretta rappresentazione delle vicende narrate e può essere agevolmente sfrondato.

Perché in fondo, ciò che succede nell'ordine della Fenice è presto detto: da una parte, il Ministero della Magia cerca in ogni modo di screditare Harry e Silente - sostenitori della versione "Voldemort è tornato" - cercando di incriminare uno e di defenestrare l'altro dal posto che occupa.

Strumento per entrambe le cose è la professoressa Umbridge, che stringe Hogwarts in una morsa sempre più serrata quanto inutile.

Dall'altro lato narrativo, si dipana invece il filone che riguarda l'Ordine segreto che tenta di opporsi a Voldemort, il quale sta radunando nuovamente i suoi seguaci e desidera entrare in possesso della Profezia rilasciata dalla professoressa Cooman quindici anni prima.

Dunque, più che sulla quantità di avvenimenti, l'accento della sfida cinematografica andava spostato allora sulla densità dei rapporti interpersonali e sull'introspezione dei personaggi, che in questo volume sono particolarmente ricchi.

Il film riesce solo parzialmente a rappresentare i due succitati  filoni narrativi, perché opera anzitutto uno sbilanciamento a favore della Umbridge (che finisce addirittura per rubare la scena a Harry Potter), mettendo invece a margine l'opera dell'Ordine segreto (relegata a mero contorno) e ricordandosi di Voldemort e dei Mangiamorte solo nelle scene finali della battaglia al Ministero della Magia.

Dal punto di vista degli umori e delle dinamiche emotive la pellicola è invece quasi completamente assente: a parte la perfidia della Umbridge, non emerge molto altro, solamente degli sprazzi qua e là, di certo non sufficienti a tessere un quadro completo.

Perfeziona la disfatta una serie di svarioni relativi ad ambientazioni, situazioni e personaggi che fanno sospettare come né lo sceneggiatore né il regista abbiano metabolizzato veramente a fondo ciò di cui stanno trattando.

Gary Oldman è Sirius Black
Gary Oldman è Sirius Black
Iniziamo dai Dursley, riddotti a una comparsata-macchietta: Petunia, da piccola borghesuccia britannica viene trasformata in una specie di pin up anni '50 con tanto di pagliaccetto sexy che mostra le gambe, mentre Vernon si limita a bofonchiare qualche vaga minaccia di routine all'indirizzo di Harry senza che venga rappresentato il cardine del loro coinvolgimento a questo punto della storia, ossia il fatto che la sorella di Lily conosce cose del mondo magico di cui non potrebbe o dovrebbe sapere, con sommo stupore del suo ignaro marito.

Nell'inutile quadretto così tracciato spicca poi uno svarione scenografico clamoroso: un televisore al plasma che troneggia in salotto circa due anni prima del suo esordio sul mercato.

Dal canto suo Dudley, più che un ragazzino traumatizzato dal recente incontro coi Dissennatori, sembra un pugile suonato alla fine dell'ultimo round e se fosse stato contornato da una torma di uccellini cinguettanti la resa fumettistica sarebbe stata completa.

Un peccato, perché la scena iniziale dell'inseguimento delle guardie di Azkaban dietro ai due cugini aveva fatto ben sperare, risultando altamente drammatica e mettendo in luce una delle qualità della regia di Yates che, come vedremo, brilla unicamente in questo tipo di situazioni.

Nessuna traccia del terrore di Harry, del suo estremo stupore di fronte alla scoperta che la signora Figg sia una Maganò e della sua assillante preoccupazione per la convocazione al Ministero, così come nessuna traccia di emozione tangibile nel rivedere facce conosciute al quartier generale dell'Ordine della Fenice, fra cui l'amato padrino e gli stimati Weasley.

Anche in questo caso, fra l'altro, si compie uno svarione in relazione alla trama, poiché giammai la scorta giunta a prelevare il maghetto a Privet Drive scorrazzerebbe divertita fra il traffico fluviale del Tamigi, a rischio di farsi scorgere dai Babbani.

Nessuna traccia infine della suprema incavolatura perenne che accompagna Harry per tutta la durata del libro, a cominciare dallo sfogo con gli amici Ron ed Hermione che l'hanno tenuto senza notizie tutta l'estate e che nel film si riduce a un abbozzo assimilabile a un mero "cattivi, cattivoni!".

Una parte della manchevolezza è sicuramente dovuta a Radcliffe, la cui recitazione non accenna a voler ampliare la ristretta gamma di emozioni che è capace di riprodurre, così come si può dire del resto di Rupert Grint. Emma Watson sembra essere invece l'unico membro del trio che registra qualche progresso a ogni film e in questa pellicola resta una dei pochi attori in parte.

Quest'ultimo è un altro limite di questa quinta prova cinematografica: quasi tutti gli attori sono sottotono, a cominciare da Silente che, anziché confutare sardonicamente le sciocche accuse del Ministero come fa nel libro, si mette addirittura a pregare Cornelius Caramell (!) affinché si convinca del ritorno di Voldemort.

E' in questa scena che incontriamo per la prima volta Dolores Umbridge: Imelda Staunton regge bene per tutto il film la viscida personalità di questa strega, ma viene penalizzata dalla doppiatrice italiana, che la rende, anziché falsamente melliflua, scioccamente cinguettante.

Evanna Lynch è Luna Lovegood
Evanna Lynch è Luna Lovegood

A Hogwarts invece, se si eccettuano Hagrid  e la McGranitt, tutti gli altri professori risultano fuori ruolo: la Cooman, troppo sopra le righe nel terzo film, qui incorre nel difetto opposto e si trasforma in una mentecatta piagnucolante, mentre il preside, anziché contrapporsi fieramente alla Umbridge che ha appena licenziato la professoressa di Divinazione, sembra un qualunque portinaio che redarguisce un condomino sull'opportunità di un certo comportamento nei confronti di un altro condomino.

Persino Piton non possiede sempre il mordente che lo contraddistingue, specialmente nelle scene relative all'Occlumanzia, in cui il suo furore e le continue schermaglie provocatorie nei confronti di Harry sono solo una lontana eco di quanto mostratoci nel libro.

Estremamente deludente, a questo riguardo, la scena del Pensatoio, ridotta a pochi fotogrammi privi, fra l'altro, dell'intervento di Lily.

Molto vago l'accenno del legame mentale fra il ragazzo e Voldemort, semplicemente raccontato e raramente mostrato. In quelle poche occasioni, esso è comunque privo di intensità se si eccettua la scena al Ministero in cui l'Oscuro Signore cerca di impossessarsi del corpo del maghetto. Mentre poco prima si è assistito a un patetico tentativo telepatico di convincere Harry a operare la madedizione Cruciatus insinuandoglisi nei pensieri con uno stile che ricorda Darth Vader quando cerca di persuadere Luke a passare al Lato Oscuro della Forza, la scena della tentata possessione è invece ricca di emozioni, non certo per merito di Radcliffe, che si dimena come in preda a una slogatura della caviglia, ma per merito del regista, che sceglie un carosello di sequenze particolarmente toccanti in cui si alternano tutti gli affetti più profondi di Harry, ergendosi a barriera invalicabile contro il potere del Male.

Per quanto riguarda i membri l'Ordine della Fenice, Tonks e Lupin si intravedono appena, i Weasley sono ridotti al ruolo di comprimari mentre Gary Oldman sembra un anziano gentleman ormai ritiratosi a vita privata, anziché un uomo con un passato terribile e contraddistinto dall'impulsività di una giovinezza rubata. Il rapporto col figlioccio resta sullo sfondo, e appare solo nella scena in cui i due dialogano dinanzi all'arazzo della famiglia Black. Invece, nelle sequenze in cui questo legame avrebbe potuto rivelarsi appieno - la scena del Velo - Oldman, prima di passare 'dall'Altra Parte', scocca una pallida occhiata di scusa ad Harry, il quale  ricambia con la disperazione di un ragazzino che ha appena perso il suo pallone preferito e non certo una figura paterna di riferimento.

Imelda Staunton in tutta la zucccherosa malignità di Dolores Umbridge
Imelda Staunton in tutta la zucccherosa malignità di Dolores Umbridge
Fra i nuovi ingressi riusciti, oltre alla Staunton, si può annoverare anche Evanna Lynch che interpreta una Luna Lovegood abbastanza convincente, anche se la svagatezza del personaggio sconfina spesso nello stupore crepuscolare, mentre il doppiaggio italiano vanifica molti degli sforzi recitativi della giovane attrice.

Buona anche la prova di Helena Bonham Carter, che riesce a connotare il suo personaggio, Bellatrix Black, di una nota di assoluta follia. Le andava lasciato però maggiore spazio, soprattutto per mettere in luce la sua fanatica adorazione per il Signore Oscuro. Una via percorribile avrebbe potuto essere quella di affidarle le battute riservate a Lucius Malfoy, uno dei pochi personaggi che conserva intatto il suo spessore, continuando a essere deliziosamente perfido come l'ottimo Jason Isaacs ci ha abituati a vederlo.

I primi batticuori adolescenziali di Harry per Cho Chang, resi abbastanza bene nel Calice di Fuoco, si riducono qui a un paio di dialoghi e alla strombazzata scena del primo bacio, mentre la vita scolastica, già pericolosamente vacillante nel film predecessore, subisce qui il colpo di grazia definitivo.

 

Per quanto riguarda l'effettistica risultano riusciti i Thestral ma non Grop, che sembra, anziché un gigante selvaggio, un cagnolone un po' stolido e in cerca d'affetto.

Spettacolari le sequenze dell'esercitazione con i Patronus e quelle della fuga dei gemelli dalla scuola, con un tripudio di fuochi d'artificio e una pregnante scena che manda in frantumi, letterali e metaforici, gli sforzi della Umbridge e dei suoi famigerati decreti didattici.

Tutto il resto sembra realizzato all'insegna del risparmio, senza Dobby e col solo Kreacher relegato a poche inutili sequenze, senza l'animazione della fontana magica del Ministero, senza il S. Mungo, senza la Stanza dei Cervelli, senza la peculiare oggettistica rinvenuta in casa Black (nessun accenno al famigerato medaglione-lucchetto)... Forse le richieste economiche sempre più stellari di alcuni attori finiscono per sottrarre quelle risorse spettacolari che nei primi film venivano elargite a piene mani mentre ora vengono dosate con parsimonia crescente.

Sotto questo profilo, come già nel film precedente, Hogwarts perde tutta la magia che l'aveva contraddistinta: non bastano infatti qualche libro volante, una scala che si muove e un quadro vivente  maldestramente maneggiato da Gazza per rendere al maniero quello splendore che solo Columbus gli ha saputo conferire pienamente persino in una pellicola oscura e drammatica come la Camera dei Segreti.

Il tanto atteso bacio tra Harry e Cho
Il tanto atteso bacio tra Harry e Cho

A chiusura, va rilevato che l'Ordine della Fenice è il film che più di tutti gli altri cerca di far sorridere, grazie all'inserimento di siparietti umoristici, e di strizzare l'occhio a qualche sviluppo futuro. Magistrali, da questo punto di vista, le occhiate malovole di Ginny a ogni accenno del coinvolgimento di Harry con Cho. Se c'è una parola slang che ben si attaglia a esprimerle, questa è senz'altro... 'rosicamento'.

Rispetto alle ultime due pellicole va inoltre riconosciuto all'Ordine il minor numero di spostamenti e falle nella continuità della trama, e anche una maggior capacità di condensazione rispetto al Calice di Fuoco, grazie anche a un intelligente uso delle foto e dei titoli della Gazzetta del Profeta, che risolvono parecchie situazioni a rischio di eccessiva lungaggine.

Queste peculiarità vengono mitigate però dagli abbondanti tagli e dall'approccio superficiale già evidenziati in apertura.

In conclusione, è con sollievo che accogliamo la notizia del ritorno di Steve Kloves alla sceneggiatura del prossimo episodio: pur con tutti i suoi difetti, il suo lavoro resta comunque più completo e aderente ai libri rispetto a quello del collega Goldenberg.

Desta invece una certa apprensione la conferma di David Yates alla guida del Principe Mezzosangue, perché la saga di Harry Potter ha bisogno, ora più che mai, di ben più che questa regia senza infamia e senza lode con la mania delle sequenze aeree. La saga di Harry Potter ha urgentemente bisogno di qualche comprovato genio del genere fantastico, per invertire un pericoloso fenomeno ormai innescatosi da tempo, che sta riducendo il franchising a una mera macchina genera-soldi con cadenza annuale e sempre meno cuore.