Tora Hamilton è una ginecologa che vive con il marito a Lerwick, nelle isole Shetland.

Non è originaria del luogo, al contrario del marito.

Una mattina, mentre scava una buca nella quale seppellire abusivamente il suo cavallo preferito appena morto, trova in una torbiera il cadavere di una giovane donna in perfetto stato di conservazione.

Il cadavere ha una serie di strane caratteristiche. Alla donna è stato strappato via il cuore e sul suo corpo sono state incise delle rune. Inoltre Tora scoprirà che la donna aveva appena partorito.

Questo è il punto di partenza di Sacrificio, thriller dell’esordiente Sharon Bolton.

 

Un romanzo che ha l'ambizione di spaziare attraverso diversi generi, e che mette sul piatto diversi situazioni conflittuali. Il primo è il contrasto tra la vita cittadina, alla quale la protagonista era abituata, e la tranquilla vita di provincia, con le difficoltà di inserimento in una comunità chiusa, retta da abitudine vecchie di secoli. C'è poi il thriller a sfondo medico, con un’indagine che propone il campionario di autopsie e descrizioni più o meno crude alle quali anni e anni di CSI e Kay Scarpetta hanno abituato il pubblico.

Un’indagine per la quale la scrittrice appronta dei personaggi polizieschi forse un po' stereotipati, come Dana Tulloch, figura che sembra la sintesi di Clarence Starling e Dana Scully.

Quello che Sharon Bolton aggiunge al calderone è un’ambientazione che promette svolte in direzioni fantastiche.

 

Le Isole Shetland sono un microcosmo molto suggestivo. Un vero trionfo della natura, stando almeno alle pur efficaci descrizioni del romanzo. Popolate di persone chiuse e diffidenti secondo uno stereotipo che invece risulta sinceramente poco credibile.

Le comunità chiuse, depositarie di millenari segreti, sono un'idea ormai abusata e male usata dalla scrittrice, che non riesce a trovare il guizzo che faccia apprezzare l'espediente.

Non sono ben sfruttate, quindi, le potenzialità dell'ambientazione, ma anche le promesse di una svolta fantastica, cominciate con il ritrovamento di simboli runici sul cadavere, tardano a concretizzarsi durante la lettura. Troviamo invece pagine e pagine di indagini poliziesche standard, di riflessioni sulla visione del mondo al femminile, di rapporti tumultuosi con i personaggi maschili della vicenda, che non si capisce bene dove vogliano portare. La trama alla fine rimane veramente esile e gli elementi fantastici vengono annacquati in questo prolisso diluvio di parole.

 

La scrittrice d'altra parte, sembra sempre volerci avvisare che tutto quello a cui assistiamo non ha alcun fondamento di realtà. Il romanzo rimane quindi fino alla fine in un territorio ambiguo.

La rivelazione finale sui misteriosi mandanti dell'omicidio, anzi degli omicidi rituali, è poi assolutamente priva di climax e con poca logica di supporto. In realtà anche alcuni comportamenti dei personaggi non sembrano avere logica. Infatti pur se ricco, il gruppo dei personaggi creati per il romanzo, dal marito al capo chirurgo o al dispotico suocero, sembra assolutamente accessorio. Solo i personaggi femminili, a diretto contatto con la protagonista sembrano uscire dallo sfondo, ma solamente in maniera sporadica.

In conclusione un romanzo che non soddisfa nel piacere della lettura, lasciando l'amaro in bocca per le molte potenzialità sprecate.