Dopo la morte del marito Harper decide di trovare pace in una villa isolata nella campagna inglese del Gloucestershire. Tutto sembra idilliaco: la casa è accogliente, la campagna perfetta e il padrone di casa, sebbene eccentrico pare il tipico gentiluomo di provincia. La donna però è divorata dall’angoscia perché non sa se il marito sia morto a causa del divorzio imminente voluto da lei, o se si sia suicidato. Lui l’aveva minacciata di togliersi la vita se lei se ne fosse andata ma dopo l’ennesimo litigio sfociato in violenza, Harper esasperata lo aveva cacciato di casa. La vacanza sembra un modo per ritrovare se stessa ma la tanto sperata tranquillità si trasforma quasi subito in un incubo. Viene stalkerata da un uomo nudo che vive nella campagna, il prete locale si rivela tutt’altro che comprensivo al dolore e persino il poliziotto non fa nulla per proteggerla.

Alex Garland dopo la fantascienza di Ex Machina e Annientamento pare aver cambiato genere per dedicarsi all’horror grazie anche alla A24, casa di produzione e distribuzione statunitense, la cui missione sembra quella di nobilitare il genere. È di qualche settimana fa l’uscita italiana di X – A Sexy Horror Story di Ti West, notevole rielaborazione del classico Non aprite quella porta, così come tanti altri autori come Robert Eggers, Yorgos Lanthimos o Ari Aster, si sono affidati proprio alla A24 per fare horror a basso budget ma con un’idea di autorialità molto forte. Non fa eccezione Alex Garland con e il suo Men, pellicola tra le più distanti dal classico horror per teenager con jumpscare.

Che cosa ci voglia dire Garland è abbastanza evidente. Usare un unico attore, Rory Kinnear, per interpretare quasi tutti i ruoli maschili è un’aperta dichiarazione che vale quanto a dire “tutti gli uomini sono uguali”. Harper con il suo senso di colpa viene proiettata in un mondo in cui da vittima diventa carnefice. È la mascolinità tossica da cui è circondata, che passa da finta gentilezza a molestia vera e propria, a ribaltare una situazione dove la mentalità è quella in cui le donne se la vanno sempre a cercare. Detto così il discorso non è sbagliato ma il problema è che il punto di vista di Men continua ad essere quello di un uomo. Certo, è un uomo che fa la morale agli uomini su come sono sbagliati degli atteggiamenti che colpevolizzano la vittima, ma la voce continua a rimanere maschile.

Senza fare spoiler, tutta la seconda parte di Men dopo che il (notevole) film d’atmosfera lascia il posto all’horror adatto solo a stomaci forti, diventa una lezione su che cosa sia la mascolinità e su quali limiti abbia, e quale sia invece il valore della femminilità, ancora una volta ridotta a pura procreazione. Le donne/natura sono in grado di generare la vita e creare esseri diversi da loro (non a caso la migliore amica di Harper è incinta), mentre gli uomini/società possono al massimo fare copie di sé, anche in senso metaforico se s’intende l’educazione. Una società patriarcale che insegna un certo tipo di valori genera individui identici che non avranno mai un’evoluzione di pensiero. Sarà anche vero ma ridurre ancora oggi il femminile alla capacità di generare una prole è tutt’altro che un discorso progressista.