Per spiegare il significato della parola “passato” un noto dizionario riporta nelle prime righe le seguenti affermazioni: “detto di tempo che è ormai lontano rispetto al momento attuale”, “che si riferisce a/si è verificato in/epoche trascorse”, “che è superato, che ha perduto la propria attualità.”

Ma le cose stanno davvero così? Come ci si dovrebbe comportare quando il passato continua a mostrare le sue tracce e rifiuta di scomparire? E cosa si dovrebbe fare quando non è solo quello di 2.500 anni fa, ma è anche una storia incompiuta che si trascina da 25 anni?

 

Per Ned Marriner non si tratta di domande oziose. Ned è un adolescente normale, adora fare jogging o ascoltare musica sul suo iPod, e non ha nulla in contrario nel ricevere un inaspettato aiuto quando si tratta di fare i compiti.

Giunto in Provenza dal natio Canada al seguito del padre fotografo e del suo staff, si trova però presto a dover fare i conti con una realtà inspiegabile, che sembra riemergere dalle pieghe della storia e dalle leggende della terra in cui si trova.

 

Entrato nella cattedrale di Aix-en-Provence per ingannare l’attesa durante il lavoro del padre, Ned si imbatte in Kate Wenger, una coetanea con la quale stringe subito amicizia. Insieme, i due faranno un incontro che gli cambierà la vita per sempre.

L’irrompere del mistero nella storia avviene già nelle prime pagine, con la comparsa nella cattedrale di un uomo sfregiato da una cicatrice e armato di coltello. Disperatamente impegnato in una ricerca della quale i due ragazzi non possono ancora comprendere la portata, l’uomo alterna frasi sibilline a minacce che pungono nel vivo l’orgoglio di Ned. Il quale, pur senza comprendere bene cosa stia avvenendo, si trova a conoscere, o percepire, cose che dovrebbe ignorare.

È l’ingresso per lui in una storia che travalica i secoli e che dura ormai da oltre 2.500 anni, dal momento della leggendaria fondazione di Marsiglia. E che, nonostante il tempo e gli avvenimenti trascorsi, continua a riemergere dalle pieghe del passato e a lasciare tracce indelebili in quell’angolo di paradiso che è la Provenza.

 

Come ha spiegato in un’intervista lo stesso Guy Gavriel Kay, quando un luogo è definito paradisiaco, attira le brame di molti. E un luogo bramato è destinato inevitabilmente a conoscere la guerra.

Dal conflitto fra i romani guidati da Caio Mario e i teutoni nel 102 a.C. alla crociata contro gli albigesi nel XIII secolo, queste località ricche di fascino hanno conosciuto un lato più oscuro, troppo spesso nascosto dagli straordinari monumenti che ancor oggi è possibile ammirare. E una buona parte del suo lavoro preliminare per la realizzazione di Ysabel è consistito nel visitare questi posti dalla storia misteriosa e violenta, e nel cercare di capire i popoli che vi hanno abitato.

 

Ysabel, Phelan e Cadell con i loro desideri e le loro decisioni hanno segnato una regione, forgiata dalle opposte visioni del mondo che avevano i due uomini e dalla donna che si è trovata fra loro. 2.500 anni di storia, al confronto dei quali venticinque anni di silenzio possono non apparire nulla più che un battito di ciglia. Ma quando quest’ultimo periodo si riferisce a una buona parte della vita di due persone, lascia in chi ne è protagonista un segno altrettanto indelebile di quello lasciato dalla conquista romana nella Provenza.

“Ci sono molte scale per misurare quello che può essere definito un tempo davvero lungo” pensa Ned evidenziando uno dei temi del romanzo. Ci sono molte scale, ma il passato lascia sempre i suoi strascichi, dai quali il presente non può prescindere.

 

Il passato può anche essere quello di un autore che, dopo aver sempre evitato il formato delle saghe interminabili tanto care alla fantasy moderna, riprende due personaggi già comparsi nella sua prima opera, la Trilogia di Fionavar, ponendoli però in un contesto nuovo. Le vite di Kimberly Ford e Dave Martyniuk sono state profondamente influenzate dalla loro esperienza in quello che viene definito da Kay “il primo di tutti i mondi”, ma non si sono fermate lì, e i problemi di adesso, anche se legati a un contesto più limitato del precedente, per chi vi si trova coinvolto in prima persona hanno la stessa urgenza.

Purtroppo proprio nella decisione di intrecciare la vicenda di Kim con quelle di Ned e del terzetto di personaggi misteriosi, pur se perfettamente funzionale alla trama, risiede uno dei pochi punti deboli del romanzo, almeno per il lettore italiano.

Una delle maggiori abilità di Kay è quella di far risuonare le parole come fossero gli accordi di una melodia, nella quale ciascuna nota risulta arricchita dall’accostamento alle altre. È come se le pagine fossero percorse da echi profondi, non sempre facili da identificare chiaramente ma capaci di creare con la loro presenza un’atmosfera profondamente suggestiva.

Ma per chi non conosce i romanzi dedicati a Fionavar, ormai entrati nella troppo folta schiera dei libri fuori catalogo e perciò introvabili nella nostra lingua, parte di quegli echi non trovano risposta, e si trasformano in altrettanti punti interrogativi. La storia è perfettamente comprensibile, ma rimane comunque una sensazione di non-detto che può essere lievemente frustrante.

 

L’altra pecca è legata al ritmo, un po’ troppo lento nella prima parte. I luoghi, le atmosfere, il senso di mistero sono descritti magnificamente, e i personaggi non sono da meno. Fino alla comparsa di Ysabel, però, è come se mancasse qualcosa.

Il senso di pericolo, l’urgenza di agire rimangono in sordina, e si limitano a fare capolino ogni tanto, per sparire poco dopo nell’incanto di quei luoghi paradisiaci. Poi arriva colei dalla cui scelta tutto aveva avuto origine, e la trama trova finalmente una sua direzione.

Non c’è più spazio per le riflessioni o per il distacco, e il tempo acquista un nuovo significato. Fino al confronto finale, nel quale ciascuno ha le sue ragioni e qualunque sia l’esito non può essere evitato un profondo senso di tristezza per qualcosa che non sarà più come prima. Perché quando le contrapposizioni non sono fra bianco e nero ma fra sfumature di grigio, la vittoria di uno significa inevitabilmente la sconfitta dell’altro.

 

Vincitore del World Fantasy Award 2008, questo romanzo si colloca lievemente al di sotto degli standard abituali di Kay, ma rimane comunque superiore rispetto alla maggior parte delle opere che si possono trovare in commercio.