Scienza e divulgazione scientifica

In un auditorium San Girolamo invaso dai fan, Massimo Polidoro, segretario del CICAP, Luca Perri, astrofisico e divulgatore scientifico, e lo storico dell’astronomia, nonché divulgatore scientifico, Adrian Fartade presentano i nuovi podcast a tema scienza targati Audible. Polidoro presenta la seconda serie di Questa è Scienza, podcast in cui presenta a ogni incontro un esperto di una diversa branca scientifica; Perri e Fartade presentano invece VS – Verso lo Spazio, in onda dal 21 ottobre, in cui veicolano informazioni sull’astronomia. Lo scopo dei tre divulgatori? Rendere la scienza accessibile a tutti, attraverso informazioni, curiosità, in una guerra spietata alla diceria e alle opinioni infondate. L’ingrediente fondamentale? Catturare l’attenzione del pubblico, in un momento storico di sistemica sfiducia verso l’informazione, in cui la comunità scientifica chiede fiducia al pubblico e si arrabbia se non la ottiene, come osservano Fartade e Perri. Ma la fiducia si ottiene tramite dialogo e il dialogo tra scienziati e non scienziati è la divulgazione scientifica: che i podcast di oggi possano ereditare il ruolo delle riviste pulp americane di un secolo fa?

Scienza e fantascienza

Che la fantascienza abbia avuto un ampio ruolo nella divulgazione scientifica non è argomento nuovo. Film come Interstellar, una piccola perla in cui si cerca di essere realistici (secondo la definizione di Perri) possono aiutare a spiegare una materia complessa come l’astrofisica e temi difficili, che non hanno a che fare con il quotidiano. È la creazione di un immaginario condiviso a rendere più facile la comunicazione con il pubblico digiuno di scienza. Certo, non tutto il fantastico è creato con questo scopo, o può funzionare per questo fine: lo osserva Massimo Polidoro, citando il caso di X-Files, che precorre l’ondata della mentalità complottista e si trasforma, in una parte dell’immaginario collettivo, in una sorta di documentario.

Non è un caso, secondo Fartade, che il periodo di diffusione di X-Files sia quello successivo ai grandi scandali pubblici (da Nixon alla P2), che hanno corroso la fiducia nelle autorità e nella democrazia (e sull’importanza del giusto contesto culturale per il successo di un’opera o di un movimento si è espresso, in questi giorni, anche Bruce Sterling, nello spiegare i motivi del successo del Cyberpunk). La scienza, pur essendo democratica (e Polidoro tiene molto a sottolineare questo aspetto), non permette di decidere a maggioranza come “si fanno le cose”, cosa accade e perché, ma non sono nemmeno gli scienziati a deciderlo. Il problema, però, è come trasmettere questa consapevolezza al pubblico. Tutto dipende, chiaramente, dal modo in cui la scienza viene letta dai diversi autori, che sono, a loro volta, ispirati all’ambiente culturale in cui vivono. E proprio per questo, non è nemmeno semplice capire se la fantascienza sia causa o sintomo di quella pulsione alla conoscenza di cui parla Luca Perri. È sull’ispirazione reciproca che punta Adrian Fartade, secondo cui il nostro immaginario fantastico è influenzato dal valore che gli ultimi secoli attribuiscono alla scienza, un valore che però è un accidente storico, poiché, secondo le sue parole, l’evoluzione scientifica cui assistiamo non è una necessità storica. Una posizione contestata da Luca Perri, secondo cui al contrario la fantascienza non è un derivato della nostra epoca, ma un faro ispiratore, come dimostra la straordinaria esperienza di Jules Verne, un vero profeta, che ha indovinato sul futuro molto più di Nostradamus (il paragone è, ancora, di Perri). Se è vero che alcuni vecchi film di fantascienza ci fanno tenerezza per la loro ingenuità, o per la distanza rispetto alle scoperte scientifiche successive, a volte capita ancora di vedere come si concretizzino le ipotesi che presentano (è il caso, suggerisce Polidoro, di Minority Report).

Il ruolo del fantastico

Se il legame tra fantascienza e scienza può apparire quindi evidente, è anche possibile notare come l’accostamento tra fantastico in generale e scienza sia meno scontato. Da un lato, potremmo osservare che il fantastico può essere considerato un modo per porre delle domande sul mondo, in modo simile eppure opposto al mito, che serve per fornire all’uomo risposte sul mondo (e ricordiamo che il mito può essere identificato come uno degli antenati più rispettabili del fantastico). Ed è pur vero, come ricorda ancora Adrian Fartade, che una certa riflessione sull’importanza della domanda e della risposta nel nostro approccio al mondo è uno degli argomenti della riflessione di Douglas Adams, che in Guida Spaziale per Autostoppisti ci ricorda proprio che la domanda che poniamo all’universo è spesso più importante della risposta (che comunque è 42). Lo scienziato è qualcuno che si pone delle domande: soprattutto, chi si pone domande che nessuno si è fatto prima. E l’ingrediente segreto per trovare una domanda nuova, secondo Luca Perri, è la fantasia.

Certo, la fantascienza si basa sull’improbabile, ma almeno vagamente ipotizzabile, mentre il fantastico è basato su impossibilità. Eppure, possiamo accettare che il fantastico abbia un ruolo anche come proposta per l’umanità, oltre che come modo per leggere e interrogare il presente: è questa l’interpretazione di Daniel Abraham e Ty Franck, in arte James S.A. Corey, gli autori della serie The Expanse, presenti al Lucca Comics per vari incontri con il loro pubblico. In uno dei loro educational, i due autori osservano che things are unthinkable until you think them: è solo nel momento in cui qualcosa viene immaginato che si crea la possibilità di crearlo veramente. Un punto che può valere per un’ipotesi scientifica, una futura scoperta, ma non solo: creare un immaginario (del futuro, nel caso di The Expanse, ma non solo) ci permette di riflettere su cosa dovremmo, o potremmo, fare. Ad esempio, offre la possibilità di immaginare una società in cui non esistono violenze sessuali e in cui le donne hanno esattamente gli stessi diritti degli uomini: due caratteristiche del mondo futuro della serie targata Corey, in cui questi elementi sociali non sono visti come problematici, o strani. Sono, e quindi, in qualche modo, possono esistere: non sono il cuore dello show, non sono elementi controversi, eppure permettono al pubblico di riflettere su come sarebbe davvero la società se quegli elementi fossero stabili anche nel nostro mondo.

Tra intrattenimento e impegno

Una riflessione che non è semplice da trasporre nel nostro mondo, poiché trattare temi attuali come l’integrazione (uno dei nuclei tematici portanti di The Expanse) in un contesto attuale e realistico può far sentire le persone in pericolo, in qualche modo coinvolte, o semplicemente attaccate. La fantascienza, come anche il fantasy (David e Ty non sono a favore delle distinzioni e delle tassonomie che distinguono i due generi), hanno sempre qualcosa a che fare con il mondo in cui i singoli autori vivono: eppure, proprio perché sfiorare le vite delle persone, i generi narrativi devono essere usati con grande delicatezza per parlare della realtà. Per questo usano l’intrattenimento, che è comunque il loro scopo principale, per creare un contesto che permetta di parlare anche di argomenti dolorosi o comunque poco piacevoli. L’intrattenimento, il divertimento, non impediscono di insegnare alle persone che mettersi nei panni di qualcun altro ci permette di capire le motivazioni interne delle loro azioni, anche quelle che non possiamo assolutamente accettare; o ancora, ci permette di capire la capacità di resilienza dell’essere umano, che sopravvive anche in condizioni estreme (come osservato da Sterling, in un altro educational). Insomma, per dirla ancora con David e Ty, being true doesn’t make it right. Non è la verità di una storia a renderla giusta. Non è il realismo a rendere una storia giusta. La scelta della percentuale tra reale e fantastico dipende da cosa e come vogliamo davvero trasmettere.