Siamo in pieno inverno. Un periodo adatto per parlare di una leggenda che ha le sue radici in luoghi dove il freddo è un elemento importante. Parliamo infatti delle zone del Trentino Alto Adige, nel Sudtirolo, e il protagonista è lo stregone Masticabrodo. È lui al centro delle storie ambientate tra le valli alpine e le montagne della zona di Castel Rodengo, vicino Bolzano. Il nome del personaggio trae la sua origine dal termine Lauterfresser, letteralmente proprio "mastica brodo". È solo uno dei vocaboli strani che troveremo in questo racconto, d'altronde siamo vicini al confine con l'Austria e la sua influenza si sente. Il mago veniva chiamatò così perché nel suo vagabondare, di paese in paese, si fermava a chiedere ospitalità, e da mangiare chiedeva minestre e cibi morbidi, dato che aveva una bocca sdentata.

Masticabrodo era molto generoso con chi gli offriva un pasto abbondante. Come accadde per esempio presso una fattoria di Sant'Andrea. La padrona di casa si lamentava della scarsità di uova, così lo stregone si adoperò con la magia, e fece in modo che tutte le galline del circondario andassero a deporre nel suo pollaio. Aveva anche grandi capacità di metamorfosi, cosa che alle volte gli causava anche dei problemi. Masticabrodo infatti era un grande goloso e spesso usava le sue arti per trasformarsi e mangiare a sbafo. Una volta vide una contadina che stava preparando della panna. Per la panna andava matto, così si trasformò in zanzara e si infilò nel recipiente per ingozzarsi. La donna però si accorse dell'insetto, lo prese tra le dita e se ne liberò. Immaginate la sua sorpresa quando vide comparire di colpo Masticabrodo, sofferente, che zoppicava vistosamente. Alla richiesta di spiegazioni della donna rispose evasivamente che si era trattato di un piccolo incidente. Da quella voltà zoppicò per il resto dei suoi giorni, ma la voglia di panna non gli passò affatto.

Infatti tempo dopo, presso un'altra casa di Sant'Andrea, si trasformò in mosca, per succhiare ancora una volta della panna, che una donna aveva versato in una ciotola. La donna infastidita gli diede un rovescio e lo scaraventò a terra. Poi cercò l'insetto per schiacciarlo definitavemente, ma non lo trovò. La fortuna di Masticabrodo era che, a contatto con il suolo, i suoi poteri aumentavano, e poteva rendersi invisibile. Sfuggì così all'ira della donna.

Come abbiamo scritto Masticabrodo vagava di paese in paese, spesso presentandosi come venditore ambulante; quando si presentava l'occasione però offriva i suoi servigi "particolari". A vintl (il Comune di Vandoies) stava parlando con il sindaco e tra una chiacchiera e l'altra portò il discorso sul clima, che quell'anno era veramente pessimo per i raccolti.

- Qui nei dintorni si lamentano tutti. Ma nessuno si muove per risolvere la questione – disse il mago.

- E cosa si può fare! Tu credi che sia possibile influenzare il tempo?

- Naturalmente.

- E tu ne saresti capace?

- Certo. Se ne ricavassi un compenso adeguato, s'intende. Per me il tempo non fa nessuna differenza, io non possiedo dei campi. Ma per voi è diverso chiaramente. Venendo qui ho visto come sono ridotti i terreni a causa della siccità.

Il sindaco rifletté brevemente e poi venne al sodo. – Quanto vorresti?

- Mi basta poco. Un fiorino al giorno, più vitto e alloggio nella locanda del paese. Voi però dovrete dirmi esattamente quello che desiderate.

L'accordo fu preso e Masticabrodo cominciò a condizionare il tempo, secondo i desideri del sindaco. Ogni mattina si recava a chiedere istruzioni. Ma c'era sempre qualcuno che si lamentava. Il sindaco ordinava bel tempo, e allora i contadini del versante esposto al sole si lamentavano del caldo. Allora il sindaco li accontentava e chiedeva al mago un po' di pioggia. A quel punto erano i contadini con i terreni a nord a lamentarsi. In tutto questo Masticabrodo, mantenuto a spese del comune, se la divertiva un mondo. Ma infine i paesani vennero alle mani e il mago dichiarò disgustato: – È impossibile accontentarvi, neppure il Padreterno ci riuscirebbe!

Così se ne andò, divertendosi ogni tanto a sucitare tempeste, per capriccio. Bastava che avesse a disposizione dell'acqua. Gettava in essa un po' di spazzatura, sassolini, scaglie di pino, un chiodo di bara e una scheggia di campana. Subito si alzava il vento, cui seguiva presto un acquazzone o grandine, con chicchi grandi come noci.

Ricominciò quindi il suo vagabondare.

Girando aveva conosciuto un altro stregone, Tsachföger, che viveva sulla Montagna di Sant'Andrea. Era chiamato così a causa della sua slitta, del tipo cui si dà appunto quel nome. Con essa, non importava che tempo facesse, si spostava in un lampo in qualsiasi luogo. I due si erano messi d'accordo per giocare un brutto tiro agli abitanti di una vallata. Masticabrodo salì in cima all'Hundskopf, sopra Tschötsch. Tsachföger invece salì sulla Plose. I due scaterono un violento temporale e unendo i loro poteri stavano facendo l'impossibile. Volevano muovere le montagne stesse e avvicinarle fino a toccarsi con mano da una cima all'altra, distruggendo la valle. Il terremoto era già iniziato quando a salvare i cittadini intervenne il suono delle campane del paese, che spezzò l'incantesimo. Masticabrodo andò su tutte le furie ma promise di combinare altri guai.

L'occasione si presentò presto. La popolazione della zona aveva capito che le campane avevano un effetto benefico contro le stregonerie. A Sant'Andrea i cittadini chiesero una nuova campana, da aggiungere a quella di Sant'Anna. Ordinarono quindi la nuova alla fonderia di Bressanone. Masticabrodo allora stregò la strada che il carro doveva percorrere per arrivare a Sant'Andrea, e incantò gli animali che lo trainavano. I trasportatori quindi non riuscirono a superare Zinzages; di lì non si riuscivano a muovere oltre di un solo centimetro, e infine furono costretti a rinunciare.

Lauterfresser strinse sempre di più la sua alleanza con il diavolo. Si dice che gli stessi demoni lo aiutassero, quando si trattava di scatenare tempeste e nevicate. Uscivano dal lago Rodella e spingevano le nuvole verso Rodengo, usando bastoni biforcuti di nocciolo. Scatenavano un tale temporale che i cittadini commentavano dicendo che sembrava di essere nella grotta di Amaten. Facevano riferimento a una grotta dove per qualche tempo era vissuto Masticabrodo, che era capace di scatenare gli elementi anche al chiuso. A questo scopo si serviva di una bacchetta magica, composta da una penna d'oca in cui aveva infilato un chiodo di bara, lingua di verme e sperma di toro disposto a cometa. Soffiava nella bacchetta e la grotta si riempiva di nebbia, mentre si alzava un turbine di neve.