Anni Cinquanta, contea di Aberdeen, Stati Uniti. Truly Place sta per nascere. La pancia di sua madre è così ingrossata che fioccano le scommesse: quanto peserà il bambino? Saranno due gemelli? Invece no: lei, Truly, è sola, e per di più è una femmina. Come si spiegano le sue ragguardevoli dimensioni? Perché, con le sue camicie di flanella da uomo e le salopette, Truly è così diversa dalla sorella Serena Jane, perfetta quanto algida, più simile a una bambola di porcellana che a una bambina in carne e ossa? E perché quando le due sorelline restano orfane Serena Jane viene accolta e vezzeggiata dal reverendo Pickerton e signora mentre a Truly tocca trasferirsi alla fattoria dei Dyerson, gli “strambi del villaggio”? E cosa c’entra in tutto ciò una coperta che cela il segreto del Libro delle Ombre di Tabitha Morgan, la strega di Aberdeen vissuta qualche generazione prima?

Truly Place è La ragazza gigante della contea di Aberdeen, protagonista del romanzo della scrittrice statunitense Tiffany Baker. La narrazione avviene in prima persona, permettendo al lettore se non di immedesimarsi, di conoscere Truly e comprendere le dinamiche psicologiche che determinano le sue azioni. Truly è una “diversa” e non può non esserlo perché è un gigante. Sappiamo che, a un certo punto, Truly inizierà a rimpicciolire, ne veniamo informati dalla battuta d’esordio del romanzo. Come e perché questo succeda resta un assoluto mistero. In questo risiede il talento della Baker, nel narrare eventi semplici e, tutto sommato, perfettamente spiegabili da un punto di vista razionale come se fossero avvolti da un alone magico. Non importa che Aberdeen sia un luogo esistente e che nel romanzo si faccia cenno a drammatici eventi storici come la guerra in Vietnam o a malattie come il cancro e la leucemia. La realtà si sposa all'immaginazione, come la strega Tabitha sposò il primo dottor Morgan di Aberdeen e come, in fondo, la vita non può che sposare la morte. Se il vero, o quantomeno verosimile, viene narrato come una fiaba, quel che è davvero magico, le ricette di Tabitha, viene accettato come se non avesse nulla di inconsueto.

Altro punto di forza del romanzo sono i suoi attori: Truly è un personaggio a tutto tondo. Non è una santa, eppure fa del bene. Non è neppure malvagia, ma non sempre agisce mossa da nobili scopi. Come tutti, ha un lato "luminoso" e uno più in ombra, e si resta in bilico fino alla fine per decidere quale dei due l'abbia spinta a prendere decisioni non facili. Serena Jane, bella e perfetta, appare come una sorella maggiore distante e in fondo egoista. Eppure forse non è che una donna che, messa di fronte a certi eventi, ha deciso di abbandonare tutto e fuggire a bordo di una jeep verso nuove avventure lasciando famiglia e sicurezza. C'è poi Amelia Dyerson, sorella adottiva di Truly, silenziosa e leale ma allo stesso tempo meschina e pragmatica. Il dottor Robert Morgan, personaggio negativo che sembra lì lì per riscattarsi ma è incapace di farlo fino in fondo. E Marcus, l'unico amore di Truly, gracile e so-tutto-io appassionato di fumetti e poi reduce del Vietnam menomato nel corpo e nello spirito, che si dedica al giardinaggio perché lo considera la più perfetta metafora del ciclo di vita e morte. 

Ben scritto e ben equilibrato dal punto di vista narrativo, La ragazza di Aberdeen riesce, pur senza puntare su una trama ricca di eventi, a regalare al lettore personaggi indimenticabili, atmosfere soffuse e spunti di riflessione su vita, morte, diversità, guerra, malattia, eutanasia, travestitismo - nel personaggio di Bobbie Morgan, figlio dell'ineccepibile e severo dottore Robert Morgan e di Serena Jane. E lo fa in un romanzo che sembra parlar d'altro come, in fondo, ogni buon romanzo fantastico dovrebbe saper fare.