Il ritorno di Tintin al cinema è sicuramente ai vertici della tecnologia. Le tecniche che hanno consentito alla Weta di Peter Jackson di realizzare Avatar e ora questo film sono di forte impatto visivo.Sul fronte narrativo il film ripropone la grande avventura, movimentata, piena di viaggi, di posti esotici e situazioni pericolose. Non viene dimenticato il personaggio ideato da Georges Remi, alias Hergè, non tanto per la presenza, ritengo puramente simbolica di Nick Rodwell, titolare, insieme alla vedova di Remi, Fanny Vlamynck, della Moulinsart, ossia i rigidi detentori dei diritti sull'opera del maestro belga, quanto per la passione che Spielberg e Jackson sembrano avere per il personaggio. Se seguendo le rocambolesche avventure del giovane reporter belga, non avendo mai letto il fumetto, trovate impressionanti somiglianze con Indiana Jones, sappiate che Tintin è nato nel 1929. E' giusto anche sapere che quando nei primi anni '80 qualcuno fece notare la somiglianza tra i due personaggi a Steven Spielberg questi, dopo avere ammesso di non conoscere il personaggio, se ne sia appassionato al punto da volere produrre un film sin dall'epoca.  La storia di questa produzione non è stata poi tutta in salita, e solo in questi ultimi anni si sono verificate quelle condizioni che hanno permesso Spielberg di coprodurre il film insieme all'allievo Peter Jackson, che invece del personaggio ha detto di essere stato sempre fan.Che ci sia amore per il personaggio e la sua saga, è evidente sin dalla prima sequenza, dove appare persino Remi, morto nel 1983, ma qui fatto rivivere grazie alla magia delle texture digitali applicate alla motion capture. Il film è una storia a suo modo originale, si potrebbe quasi definire una venticinquesima storia del personaggio, che prende spunti da almeno tre albi a fumetti di TinTin, Le Crabe aux pinces d'or, Le secret de la licorne e Le trésor de Rackham Le Rouge, rispettivamente nono, undicesimo e dodicesimo della serie. Ma sono tantissimi gli elementi che fanno capolino durante il film, sotto forma di gustosi inside jokes che faranno molto piacere ai fan, dai tanti oggetti che richiamano altre avventure, all'apparizione della cantante Castafiore.

Com'è tradizione di Spielberg anche ai cinefili tout court viene l'occhiolino, anche con autocitazioni, molto divertente quella da Lo Squalo.

E' inoltre ammirevole che in tempi di politicamente corretto, si veda un adolescente impugnare, sia pur per difesa, e senza puntare verso persone, una pistola. E' un ritorno a tempi in cui si poteva scrivere per i giovani senza prenderli per stupidi? Speriamo. Ricordiamo che Spielberg aveva ritoccato digitalmente il suo E.T. sostituendo le pistole degli agenti governativi con cellulari. Stavolta è stato rispettoso della filologia del personaggio.

Se ai fan il film propone un percorso della memoria, a chi non conosce il fumetto viene proposta una mirabolante avventura, che nonostante la sceneggiatura attenta a non perdere pezzi, è incerta sul fronte del ritmo. Sia le parti discorsive che quelle d'azione non sembrano tarate sulla giusta tempistica. La volontà per esempio di mostrare quanto stupefacente e dinamico sia il lavoro compiuto dai tecnici, porta a sequenze d'azione che rischiano di stancare i pur ammirati spettatori.

La durata complessiva del film però bilancia ed equilibra il tutto. Fosse durato due ore il rischio stanchezza sarebbe diventato una certezza.

Una cosa però da non dimenticare è che Hergé era orgoglioso di rivolgersi a giovani lettori, c'è da chiedersi se tanta filologia sarà attrattiva nei confronti dei piccoli spettatori.

Spielberg si avvale di molti fidati collaboratori anche questa volta, dalla produttrice Kathleen Kennedy, al musicista John Williams, che realizza una partitura professionale pur se non memorabile, al montatore Michael Kahn, al direttore della fotografia Janusz Kamiski. La squadra stavolta ha realizzato un buon prodotto, non un capolavoro. Possiamo accontentarci di passare 107 minuti senza pretese, nell'attesa di un seguito che il finale stesso del film annuncia senza mezze misure, pur non lasciando la vicenda in un punto tronco.

Concludo con una parentesi sul titolo italiano. La vicenda prende le mosse dall'acquisto da parte di Tintin di un modellino di nave che cela un misterioso segreto, la Liocorno. Negli Stati Uniti Liocorno è stato tradotto con Unicorno, concettualmente non sono due cose diverse, ma non si capisce perché il titolo italiano non debba riprendere quello già esistente del fumetto invece di limitarsi a tradurre quello statunitense. In Belgio e nei paesi francofoni il titolo del film riprende l'originale. Che i titolisti italiani non siano stati informati dell'esistenza del fumetto?