La discussione in seguito è virata sulla genesi della saga di Brennan più nota, almeno in Italia: La guerra degli elfi. L’autore ha spiegato ai suoi lettori la genesi di questo mondo: “Pensando a questo argomento mi vengono in mente due storie. La prima è un segreto, quindi partiamo dalla seconda. La seconda è che un mio amico, che lavora nel campo dei giocattoli, mi disse che secondo una ricerca la prossima tendenza nell’ambito dei giocattoli sarebbero state le fatine. Mi disse che avrei dovuto scrivere un libro sulle fate ma io gli avevo risposto che non ero interessato. A quel punto lui mi chiese: “Tu cosa sai dei nomi delle farfalle?”. Io non ne sapevo nulla. Comprai una guida alle farfalle che ne riportava nomi e traduzione latina. Mi resi conto che i nomi delle farfalle erano davvero creativi. C’erano nomi come “l’imperatore viola” [NdR il titolo originale di uno dei romanzi della saga Faerie Wars], e altri che facevano balenare dei personaggi nella mia mente man mano che leggevo. Così iniziai a seguire quel che mi suggerivano questi personaggi e iniziai a scrivere questo romanzo che all’epoca nella mia testa si chiamava soltanto Fairy, fate. Quando arrivai al quarto capitolo, mi resi conto che non avevo un editore, non avevo mai scritto nulla di quel genere e che probabilmente avrei fatto la fame se non mi fossi prima trovato un editore. Quindi parlai con il mio agente chiedendogli di trovarmi qualcuno. L’agente disse “Non mi piace”. Però scrissi altri sette capitoli, basandomi sui suggerimenti della mia agente e per tre mesi non seppi più nulla. Poi seppi che il libro era stato preso dalla Bloomsbury e che sarebbe stato pubblicato in Inghilterra e negli Stati Uniti e poi finì per essere un successo in tutto il mondo”. 

Oltre all’incontro con i lettori, Herbie Brennan ha tenuto un seminario di scrittura creativa nel corso del Lucca Comics & Games per condividere con gli aspiranti scrittori la sua esperienza nel comporre storie. Tuttavia ha “donato” il più importante dei suoi consigli anche ai lettori presenti in sala Ingellis, con cui si è raccomandato: “Se volete scrivere un romanzo, la prima cosa da fare è scriverlo”, ha affermato. “Vengo dall’Irlanda, dove tutti pensano di poter essere il “nuovo, grande scrittore” di turno, e finiscono per passare il loro tempo al pub oppure in famiglia a parlare di questo romanzo e l’unica cosa che non fanno è scriverlo”. 

Oltre ad aver partecipato all’incontro con Herbie Brennan in sala Ingellis, noi di Fantasy Magazine siamo riusciti a ottenere un’ulteriore intervista esclusiva con lo scrittore, che ha utilizzato il pochissimo tempo a disposizione tra l’incontro e una sessione di firme autografi per rispondere ad alcune nostre domande, dimostrando grande disponibilità e sensibilità.

I libro game hanno un approccio più interattivo, il lettore può prendere parte attivamente alla storia. Ti diverti di più quando scrivi un libro game piuttosto che un romanzo in cui tutto è già deciso in precedenza? 

I libro game. Ogni volta che ne scrivo mi diverto molto di più. Con i libro game ci si può rilassare, ci si può arrabbiare, reputo i libro game la vetta della mia carriera di scrittore in termini di divertimento. 

E la saggistica?

Scrivo saggi così come scrivo romanzi: inizio con il primo capitolo e lascio che sia il primo capitolo a condurmi a scrivere il secondo. Scrivo il secondo e lascio che sia il secondo a portarmi al terzo. Non pianifico nulla da prima, seguo il flusso del libro stesso. 

I tuoi romanzi sono etichettati prevalentemente come opere per ragazzi. Quando scrivi hai in mente un preciso target di pubblico? Pensi ai tuoi libri come “romanzi per ragazzi” o credi siano opere appetibili anche per gli adulti? 

Scrivo esattamente allo stesso modo, un po' per gli adolescenti e soprattutto pensando ai bambini. Penso che la cosa più importante nella scrittura sia la chiarezza, la capacità di comunicare. È interessante notare, a proposito de La guerra degli elfi, che in Inghilterra è stato etichettato come un libro per bambini e non è andato affatto bene, in America è stato visto come un libro per adolescenti ed è stato un successo, in Germania l’hanno pubblicato come un fantasy per adulti e poi hanno fatto la versione per bambini, come è capitato per altre edizioni all’estero. Non so come si siano comportati in Italia. In realtà La guerra degli elfi sarebbe un romanzo crossover, adatto sia a lettori più giovani che più adulti. 

Ne La guerra degli elfi si percepisce il tuo interesse per temi come la salvaguardia degli animali. Ci sono dei messaggi che ritieni di dover o voler trasmettere alle giovani generazioni con i tuoi romanzi?

No, no, assolutamente non cerco di diffondere dei messaggi nei miei libri, io odio i libri che cercano di far passare dei messaggi. Peraltro io quando scrivo non pianifico dove debba andare un libro, mi lascio trasportare dai miei personaggi. Personaggi che mi portano a fare quello che vogliono loro. Per esempio, quando Henry scopre che sua madre ha una relazione con un’altra donna, io sono rimasto assolutamente sopreso, come lui. Ci sono delle cose che i miei personaggi fanno che stupiscono me in primo luogo. 

Parliamo de La guerra degli elfi. Hai un personaggio preferito?

Henry. Seguito molto da vicino dal signor Fogarty. 

La saga si è davvero conclusa?

In realtà pensavo che la storia si fosse conclusa con il quarto libro [Il destino del regno, NdR]. Il quinto libro già “non c’entra più”, nel senso che si svolge quindici anni dopo. In realtà, partendo da qui, mi piacerebbe scrivere un altro libro o magari anche degli altri ancora, però in questo momento il mio editore in Inghilterra non è interessato.