Hugo Cabret è la storia di un bambino che vive in una stazione ferroviaria nella Parigi degli anni '30. Un bambino orfano che, nascosto tra gli anfratti della stazione, in zone di cui nessuno ricorda l'esistenza,  continua a ripararne gli orologi. E' un talento speciale quello di Hugo per la riparazione dei congegni. Glielo hanno trasmesso il padre, morto in un incendio, e lo zio, che appunto di mestiere riparava gli orologi della stazione. All'inizio della vicende però Hugo è solo, lo zio è scomparso. Hugo si deve quindi organizzare sia per sopravvivere, sfuggendo alle grinfie dell'ispettore di Polizia della stazione, che per reperire i pezzi di ricambio per l'unica eredità lasciatagli dal padre: un misterioso automa, scoperto in museo, ma non funzionante, insieme a un taccuino in cui è descritto il metodo per ripararlo.

Uno dei bersagli preferiti di Hugo è il negozio di giocattoli della stazione, gestito da Papà Georges, nel quale il bambino è solito rubare giochini meccanici, attrezzi e pezzi di ricambio.

Ma un giorno Papà Georges riesce a bloccare Hugo e gli requisisce il taccuino. E' l'inizio di una avventura nella quale Hugo scoprirà il mistero legato al lascito paterno, ma anche quello del passato del misterioso giocattolaio, facendo amicizia con la di lui nipote, Isabelle, e risolvendo persino il conflitto con l'ispettore, che da parte sua è impegnato nella sua personale ricerca dell'amore, ossia la conquista della bella fioraia Lisette. Ma non sono gli unici misteri del film questi, anche se i più importanti. Quale oscuro segreto cela il sig. Frick, al quale il cane della sig.ra Emilie ringhia in continuazione? E quale sarà il ruolo dell'enigmatico sig. Labisse?

Tante domande, tanti quesiti in questa autentica festa del visivo che Martin Scorsese ha tratto dal romanzo di Brian SelznickLa straordinaria invenzione di Hugo Cabret.

La scoperta del mistero principale, ossia l'identità di Papa Georges non è che l'occasione per una celebrazione dei primordi della scuola del cinema.

Non è uno spoiler rivelare che trattasi nientemeno che di Georges Méliès, primo autore di film fantastici nella storia della cinema, autore di capolavori come Viaggio sulla Luna (Le voyage dans la lune, 1902), con il famoso razzo che colpisce la luna nell'occhio, e di In viaggio attraverso l'impossibile (Le voyage à travers l'impossible, 1904), ispirati ai romanzi di Jules Verne.

La parabola della vita dell'artista (/notizie/13049/) è narrata, in forma romanzata anche nel film e non è mio compito parlarne qui. Ma qui è interessante notare che il massimo della tecnica odierna, il tanto criticato 3D, è funzionale alla resa artistica dell'epoca in cui tutto era fisico, "reale", in cui gli effetti speciali erano frutto di sudore e fatica, di pupazzi di gomma, di fondali mobili e di botole, di esplosioni di fumogeni e di montaggi e fotomontaggi.

Suggestivo, e impeccabilmente appartenente agli stilemi di Scorsese, uno dei primi piani sequenza del film, nel quale lo spettatore tende a schivare scalette e ingranaggi dell'orologio della stazione, che sembrano pararsi davanti all'improvviso.

E' forse lo stesso effetto provato dai primi spettatori dei fratelli Lumière, che temevano che la locomotiva del primo film della storia del cinema li travolgesse?

Ora siamo più smaliziati, ma non tanto da non apprezzare questa autentica fiaba, resa con tanta coinvolgente efficacia.

Sono perdonabili anche alcune melensi momenti, fatti di lacrime e buoni sentimenti, ma che non stonano con il ritmo e l'emozione dell'avventura alla fine.

La strizzata d'occhio ai cinefili è poi colta e degna di attenzione, specialmente quando a essere citato per primo è un artista straordinario come Harold Lloyd, con il suo capolavoro Preferisco l'ascensore, visto dai due ragazzi nel loro tentativo di imbucarsi al cinema. Non che non venga tributato il giusto omaggio a Chaplin o Buster Keaton, o al francese Max Linder, ma Hal Roach e Lloyd devono essere in cima alle preferenze di Scorsese visto che vengono citati in continuazione, per esempio con parecchie gag che coinvolgono i cani, o con il piccolo Hugo che resta letteralmente appeso alle lancette dell'orologio della stazione, come nel già citato film di Lloyd.

Fatta la tara del 3D, la messinscena non è meno che sontuosa, con la premiata ditta Dante Feretti e Francesca Lo Schiavo, autori di scenografie e ambienti curatissimi in ogni dettaglio.

La fotografia di Robert Richardson è penalizzata dal 3D, che se stavolta è funzionale alla narrazione cinematografica, resta comunque coprente, rendendo più scure le scene. Peccato. 

Semplicemente perfetto il montaggio della pluripremiata Thelma Schoonmaker, che considero vera coautrice insieme a Scorsese, Ferretti e Lo Schiavo, del film. Molto più dello sceneggiatore John Logan, che diligentemente riesce comunque  a mediare tra l'esigenza di narrare la vicenda del romanzo, con i dovuti adattamenti, e quella di Scorsese di realizzare il suo supremo omaggio al cinema.

Professionale è la colonna sonora di Howard Shore

Il comparto degli attori contribuisce alla resa del film. Ben diretti i piccoli Asa Butterfield e Chloe Moretz che si confermano dotati di grandissimo talento. Ben Kingsley recita con il pilota automatico, ma fa la sua parte, come fanno la loro parte le attrici Helen McCrory nel ruolo della moglie di Méliés, ed Emily Mortimer, nel ruolo della fioraia.

Piccoli a parte, su tutti spiccano Sacha Baron Cohen, che si conferma un grande talento e Michael Stuhlbarg, che appare verso la fine, nel ruolo dello studioso di cinema Tabard, bucando letteralmente lo schermo.

Il cameo di Johnny Depp se c'era mi è sfuggito, conto di recuperarlo in prossime visioni.

Alla fine, dopo una visione così suggestiva e ricca di amore per il cinema che fu, non solo consiglio di vedere questo film, ma anche di recuperare, se possibile, quei film che hanno fatto la storia del cinema. Ne vale ancora la pena, credetemi.