Ovviamente, c’è qualcuno che desidera l’indesiderabile e questo qualcuno è John Dee, ex astrologo di Elisabetta I d’Inghilterra, allievo di Flamel e anch’egli alchimista e immortale. Nicholas e Perenelle si ritrovano così a difendere il Codice da un’orda di dèi e mostri vari, da San Francisco a Londra, a Parigi, e infine indietro di 10000 anni nella leggendaria isola di Danu Talis. Al loro fianco ci sono vecchi e nuovi amici: Scathach, la leggendaria vergine guerriera dell’Ulster; Jeanne d’Arc, la Pulzella d’Orleans; il conte di Saint-Germain suo marito, politico nel Settecento, star dance negli anni Duemila [2]; William Shakespeare, il Bardo; Palamede il Saraceno, cavaliere della Tavola Rotonda; Prometeo, padre dei primi uomini; Ecate, la dea dai tre volti; e, ultimi ma non ultimi, Josh e Sophie Newman, i due quindicenni coinvolti loro malgrado nella rocambolesca fuga, che Flamel e Dee ritengono essere “i due che sono uno e l’uno che è tutto”, i leggendari gemelli profetizzati nel Codice, i soli in grado di salvare la razza umana o condannarla all’estinzione.

La saga di Scott si inserisce in quel filone dei “miti ritrovati” oggi tanto di moda, dai vari Scontro tra titani e Immortals – che sarebbe più opportuno chiamare “miti stravolti” dato lo scarso interesse filologico degli sceneggiatori – al Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo di Rick Riordan, diretto rivale di Flamel. Laddove però i suoi colleghi si sono accontentati di lavorare su una leggenda o un pantheon alla volta, Scott ha optato per un pot-pourri di dèi, eroi e creature provenienti da più tradizioni – greco-romana (Ecate, Marte, Crono, Nereo, Prometeo); irlandese (Aoife, Scáthach, La Morrigan); celtica (Cernunnos, Palamede); biblica (Strega di Endor); egizia (Bastet, Iside, Osiride, Aten, la Sfinge); mesopotamica (Gilgamesh); norrena (Odino, Hel, Níðhöggr, le Valchirie); precolombiana (Coatlicue, Huitzilopochtli, Quetzalcoatl, Xolotl); micronesiana (Areop-Enap) – che ha imparentato in un unico, grande albero genealogico. Le mitologie classiche, infatti, hanno molti episodi e personaggi in comune: basti pensare al mito del Diluvio, presente nella Bibbia, nell’Epopea di Gilgamesh e nella vicenda del greco Deucalione; o ancora al dio del Sole, Ra per gli Egizi, Zeus per i Greci, Giove per i Romani. Per costruire la sua affollata genealogia, Scott ha preso come modello quella olimpica descritta nella Teogonia di Esiodo (VII-VIII secolo a.C.), strutturata in generazioni divine succedutesi nel tempo, ognuna soppiantando la precedente: là si chiamavano Titani, Giganti e Olimpi; qua Earthlords, Ancients, Archonts e Elders [3]. Alla fine della linea evolutiva, come in ogni mito, ci sono gli uomini, che nel mondo alternativo di Scott possono essere mortali o immortali – oltre a Dee e alla cricca dei Flamel, nella storia hanno un ruolo da protagonisti anche Niccolò Machiavelli, il pistolero Billy the Kid, l’esploratore spagnolo Juan Manuel de Ayala, il pellerossa Black Hawk, lo spadaccino giapponese Musashi Miyamoto e Virginia Dare, la prima inglese nata in America.

American Goods
American Goods

Tra le fonti di Scott troviamo però anche autori a noi più vicini. Innanzitutto Neil Gaiman, che nel suo American Gods (2001) aveva già immaginato un’America del XXI secolo popolata da vecchi dèi africani, asiatici ed europei, là sbarcati assieme agli immigrati e in lotta contro le nuove divinità dei media e della televisione. Poi H. P. Lovecraft. Leggendo di Antica Razza non si può infatti non pensare ai Grandi Antichi citati nei Miti di Cthulhu, esseri mostruosi “filtrati dalle stelle” quando la Terra era ancora giovane. Tanto più che Scott inserisce nella geografia del suo mondo fantastico anche i due luoghi più celebri legati alle creature dello scrittore americano, le Montagne della follia e la Città senza nome, trasformando quest’ultima nel luogo dove Prometeo trova, abbandonati in un enorme palazzo di vetro e metallo, le figure d’argilla che diventeranno i primi uomini e donne. Altri apporti vengono dal cinema: dagli anime giapponesi, come Ken il guerriero e Dragon Ball, dei quali si sente l’eco nelle aure energetiche che circondano i personaggi mentre combattono; ma soprattutto da Stargate (1994). Le porte di energia che Flamel e Dee usano per spostarsi da un continente all’altro sono parenti dell’anello ornato di geroglifici che nel film di Roland Emmerich trasportava Kurt Russell e soci in un Egitto fantascientifico. Quando poi, nell’ultimo libro, l’azione si sposta indietro nel tempo nella città di Danu Talis – che altro non è che la leggendaria Atlantide – il riferimento al film è più che mai esplicito: piramidi, soldati con corpi umani e musi da sciacallo e astronavi ipertecnologiche.