Uno degli aspetti più interessanti di Tenebre e Ghiaccio è l'ambientazione molto diversa da ciò a cui tanto fantasy ci ha abituato, visto che si svolge in una società che si rifà alla Russia zarista. Perché questa scelta tanto particolare? 

Leigh Bardugo: A parte alcune splendide accezioni, moltissimo fantasy prende ispirazione dall'Europa medievale. Io volevo portare i lettori in un ambiente diverso e nella Russia ho sentito di aver trovato il riferimento culturale perfetto per la storia che avevo in mente. Le ricerche che ho fatto non hanno che confermato alcuni degli elementi che volevo sviluppare (ovvero le differenze di ceto, lo stato disperante dell'esercito, il fallito tentativo di industrializzazione del paese). Detto ciò, Ravka resta un paese immaginario; la storia e la cultura russe sono il punto di partenza, non la destinazione del mio racconto. 

La cultura e la politica che animano la società che descrivi nel tuo romanzo sono ricche e articolate (penso in particolare agli intrighi della corte reale): l'impressione è che possano attrarre anche persone che normalmente non leggerebbero fantasy. È corretto?

Beh, speravo di riuscire ad attrarre anche i lettori che normalmente non si interessano di fantasy, ecco perché la maggior parte del libro è narrato dalla prospettiva di Alina: speravo che la sua voce – pragmatica, quasi contemporanea – avrebbe aiutato il lettore a sentirsi a proprio agio nel mio mondo. La politica invece trova ancora più spazio nel secondo libro della serie; è sempre eccitante giocare con la magia ma credo che sia particolarmente interessante esplorare il modo e la potenza in cui può impattare sulla società. 

Parlaci della tua protagonista, Alina. Poco fa l'hai definita pragmatica. Io aggiungerei anche molto umana e ricca di contraddizioni. 

Mi rende sempre felicissima conoscere lettori che si relazionano con Alina. Dall'inizio ho cercato di dare vita a un personaggio che dovesse davvero lottare con se stessa per essere forte, a prescindere dal possedere o meno capacità magiche. Alina ha passato tutta la vita assoggettata ai vincoli della sua classe sociale. È un outsider, una rifugiata, un'orfana, non una popolana ma neppure una nobildonna. Ecco perché, quando scopre di possedere questo straordinario potere, ci mette un po' a comprendere cosa può significare per lei e per il suo paese e per imparare a utilizzarlo consapevolmente. Keramzin, l'orfanotrofio in cui è cresciuta, è stata la chiave che mi ha permesso di comprendere Alina perché nella prima parte del libro molte delle scelte di Alina sono motivate dai fantasmi del suo passato e dal desiderio di integrarsi finalmente nella società in cui vive. Preferisco le eroine imperfette, che devono lottare per le proprie vittorie, tanto quanto mi piacciono i "cattivi" che mettono in discussione le certezze del lettore. 

Cosa vorresti che restasse di questo libro ai tuoi lettori?

Personalmente alla fine di un libro che ho amato voglio solo restare in quel mondo anche dopo aver sfogliato l'ultima pagina. Sarei tremendamente onorata se un lettore si sentisse nello stesso modo nei confronti di Ravka. Ma se c'è un messaggio, in questa storia, è che le cose che temi ti rendano debole, strano o sbagliato possono essere quelle che ti rendono forte. 

Il terzo libro della trilogia di Grisha uscirà tra pochi mesi. Senza troppi spoiler, c'è qualcosa che puoi anticiparci?

Tutto quello che posso dire è che potete aspettarvi più azione, più sentimento e grosse rivelazioni sul potere di Alina. Non tutti arriveranno vivi alla fine della saga, e quelli che sopravviveranno saranno persone molto diverse da quelle che erano.