Il tuo approccio alla scrittura (in genere) e a quella horror di The Tube.

Sarà scontato ma il piacere di scrivere è una conseguenza diretta del piacere per leggere. Piacere per i libri che i miei genitori sono stati bravi a trasmettermi. Ricordo le belle giornate da ragazzino, immerso nelle avventure di Robinson Crusoe o catturato dagli episodi de Il club dei sette di Enid Blyton.

Poi mi piaceva inventare delle storie, in forma di racconti o a fumetti. Credo avessi otto anni quando a scuola scrissi un racconto che, senza rendermene conto, aveva già elementi horror. Narrava di scheletri viventi schiavizzati da stregoni al fine di spaventare gli abitanti di un vicino villaggio, i quali dapprima fuggivano terrorizzati, ma poi tornavano per combattere gli stregoni e liberare gli scheletri. Scena finale: una grande festa tra paesani e scheletri viventi.

Non ricordo il responso della maestra. Forse si sarà chiesta che razza di storie mi raccontavano a casa.

Anni dopo è arrivata la passione per la musica metal, e da lì il passo alla cultura horror è stato breve. Ringrazio ancora i miei compagni di scuola, metallari come me, che mi fecero scoprire Dylan Dog e successivamente Stephen King. Per fortuna poi, più adulto, ho diversificato le letture. Ma la passione per la cultura horror, dopo un periodo di latitanza, è tornata assieme a quella per il noir e alla voglia di affrontare la scrittura più seriamente.

Dunque, quando la saga The Tube ha visto la luce (in questo caso dovrei forse dire il buio…) per me è stato un invito a nozze.

Per quanto riguarda invece il metodo di scrittura, be’… non ce l’ho. Sono ancora un novizio e sto cercando la strada giusta. In genere mi piace trastullarmi con un’idea per diverso tempo, quasi sempre questa corrisponde a un incipit. Quando credo che possa finalmente essere trasformato in parole, allora mi metto a scrivere. Ma lavoro su questo finché non mi soddisfa e lo reputo abbastanza solido. Solo dopo vado avanti. E qui nasce il dilemma: proseguire seguendo l’intuito o avvalermi di una solida scaletta? A volte il fiuto basta e la storia sembra prendere forma da sola (è stato il caso per I ripulitori). Altre volte mi trovo infilato in un vicolo cieco e allora rimpiango non essermi imposto prima una solida struttura. Come dicevo, sto ancora imparando.

Puoi descriverci l’esperienza del contest di The Tube ?

Avevo fatto un primo tentativo che però non era andato a buon fine. Al secondo le cose sono andate meglio ma ancora non abbastanza. Franco Forte, pur apprezzandone la qualità, riteneva che mancassero alcuni elementi per entrare nella serie The Tube. Quando poi è nata la collana gemella The Tube Exposed, allora il mio racconto aveva tutte le chances per rientrare in gioco. Aggiustandone il tiro e con le opportune migliorie I ripulitori poteva far parte della nuova collana. Sono grato a Franco Forte. Da lì (spero di non peccare di superbia) credo che le cose siano andate via lisce, con qualche scambio di opinione tra Franco e me. Il più era fatto.

Quali consigli daresti a coloro che partecipano alla selezione?

Innanzi tutto di leggere i capitoli di The Tube e The Tube Exposed così da conoscere il mondo che viene narrato. Non credo sia necessario memorizzare tutto di personaggi e vicende. Certo può aiutare, ma più che altro è importante impregnarsi di quelle atmosfere. Anche libri e film aiutano a conoscere il mondo zombie, così da impadronirsi di quelle due o tre regolette, o codici, che il genere richiede.

Regole che poi, volendo, possono anche essere infrante, lasciando libero sfogo alla fantasia. Ricordo le lezioni di cinema che ho frequentato, in cui si insisteva molto su questo punto: tutte le regole della scrittura filmica (nel nostro caso narrativa) possono essere trasgredite, ma per farlo bisogna prima conoscerle.

Poi ti dirò che molti stimoli arrivano dai libri. E non parlo solo di letteratura horror. Mi è capitato di essere immerso nella lettura di un libro che nulla aveva a che vedere con gli zombie e di sentire le sinapsi in vibrazione, e allora mi veniva un’idea per il racconto che stavo scrivendo. Non si tratta di copiare una scena, ma di approfittare di quegli stimoli per scatenare la fantasia, di entrare in sintonia con le emozioni che un determinato libro trasmette. È come quando butti un sasso in uno stagno. L’onda che tocca la riva non è partita dal sasso, ma è comunque connessa all’onda generatrice. E i libri sono eccezionali in questo, forse più dei film, dal mio punto di vista.

Quali gli elementi che distinguono The Tube dalle altre storie Horror?

Sicuramente il fatto che tutti possono contribuirvi, ciascuno con il proprio background, con la propria sensibilità, con il proprio stile. Questo genera capitoli sempre sorprendenti. Quando credi di aver inquadrato una certa situazione ecco che tutto si rimette in gioco. In un capitolo sei sulle montagne russe, in quello dopo sulle autoscontro, poi nella centrifuga. Insomma, c’è molta varietà, eppure tutto ha una coerenza che infonde sicurezza.

Un’altra caratteristica di questa serie è anche il coraggio di osare da parte dei partecipanti. Ci sono capitoli che sono stati scritti da autori che fino a questo momento conoscevano poco l’universo “zombesco”, eppure sono uscite storie bellissime. Lo trovo fantastico! Non so se ci siano altre serie di questo tipo.

Ci descrivi, senza troppi spoiler, la trama del tuo racconto?

In realtà tutto parte da un’idea che mi frullava per la testa da molto tempo, ancor prima che si parlasse di The Tube, ma che era rimasta lì bloccata tra i pensieri. La domanda era: come potrebbe essere affrontato il tema sociale e del lavoro in un mondo post-apocalittico, visto che già oggi c’è da mettersi le mani nei capelli?

Ecco, in estrema sintesi il racconto potrebbe essere visto come metafora del modello economico odierno. Il quale mette sullo stesso livello persone e merci, il lavoro precario, le difficoltà di vivere una vita degna, narrato in chiave “zombesca”.

Ci anticipi qualche elemento del prossimo racconto?

È presto, è presto!

Progetti per il futuro?

Preferisco non parlare di progetti futuri perché ho sempre l’impressione che a parlarne senza niente di concreto in mano perdano un po’ di forza.

Però ti posso dire quale è il mio desiderio per il futuro. È quello di riuscire a imparare il metodo, la disciplina nella scrittura.

Si è portati a pensare che scrivere, così come altre forme espressive legate alla creatività, siano figlie dell’assoluta libertà, delle divagazioni nel caos… Niente di più sbagliato! Ci vuole un rigore e un’autodisciplina ferree. Tutti i professionisti sono concordi nel ritenere che bisogna scrivere sempre, non solo quando se ne ha voglia, non solo quando ci sono le idee. Questa è forse la cosa più difficile della scrittura. Ecco, su questo faccio ancora un po’ fatica. È difficile amministrare bene il proprio tempo, farlo fruttare… Se riuscissi in questo sarei già contento, poi i progetti vengono da sé.

Be’, e se proprio devo dirlo, The Tube occupa molti miei pensieri e vorrei tanto che i Ripulitori tornassero…