Ciao Fabrizio e Marina, grazie per la vostra disponibilità.

Ricordate o riuscite a identificare l'evento, il film o il romanzo che vi ha fatto appassionare al fantastico?

Fabrizio Cadili: Intanto grazie a te e alla redazione di FantasyMagazine per l’opportunità che ci offrite. È un piacere fare quattro chiacchiere. Veniamo alla prima domanda: per quel che ricordo, fin da bambino sono sempre stato attratto da film, cartoni animati e fumetti fantastici. Per mia grande fortuna gli anni ’80 e ’90 sono stati un’esplosione di fantasia. Ricordo che due volte alla settimana riguardavo la videocassetta di Terminator e quella del primo mitico Conan; senza parlare di Ken Shiro o dei Cavalieri dello Zodiaco, di cui conoscevo a memoria ogni puntata. Crescendo mi sono appassionato soprattutto ai fumetti giapponesi e, infine, alla veneranda età di 19 anni, anche ai libri fantasy… e da allora ne ho divorati parecchi!

Marina Lo Castro: Ciao Emanuele, grazie anche da parte mia, è un piacere rispondere alle tue domande. Non credo di riuscire a individuare un momento preciso in cui ho iniziato ad amare il fantastico. Da bambina costringevo mia madre, insegnante di lettere, a raccontarmi l’epica, invece delle favole, per esempio. Avrò visto decine di volte Ladyhawke, così come i film e i cartoni animati anni ’80 e ’90 citati da Fabrizio (è l’effetto di aver avuto un fratello maggiore, forse). Crescendo sono passata ai romanzi, al gioco di ruolo da tavolo eccetera. Senza considerare i manga. Diciamo che è una passione cresciuta insieme a me. Ricordo che, al liceo, un compagno di classe, un giorno, mi disse: “Marina, esci da questo tunnel!”, riferendosi, appunto, alla mia passione per il fantastico. Direi che non ne sono uscita…

Quali sono i vostri autori di riferimento come lettori?

F: Difficile dare una risposta a una domanda come questa. Leggo di tutto e apprezzo sia i grandi scrittori fantasy (J.R.R Tolkien, Raymond Feist, Sergej Luk’janenko, R.E. Howard, Stephen King, George R.R. Martin, Valerio Evangelisti e tanti altri) che gli autori nostrani che con il fantasy hanno poco a che spartire (come Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Fava, eccetera).

M: In generale i libri che mi appassionano hanno una scrittura senza troppi fronzoli e trame complesse, ma non eccessivamente surreali. Probabilmente a causa della mia (de)formazione universitaria, amo Luigi Pirandello e Italo Calvino. Passando al fantasy, i miei autori preferiti sono Robin Hobb, Sergej Luk’janenko e George Martin, ma non disdegno (anzi) autori giovani come Brandon Sanderson e Mark Lawrence. Poi, ovviamente, ci sono i mostri classici Tolkien e Howard. Aggiungo alla lista Dennis Lehane e Richard Matheson: penso che Io sono leggenda sia un romanzo che vada letto da chiunque, a prescindere. Ho, poi, un rapporto di amore-odio con King.

Domanda banale, scusatemi. Siete diventati prima una coppia nella vita o nella scrittura?

F&M: Domanda per la quale è sufficiente una risposta corale: prima nella vita. Come coppia, ci sopportiamo a vicenda dal 2006, come “scrittori” dal 2007.

Come si è articolata la scrittura a quattro mani?

F&M: Altra risposta di coppia a una domanda che ci fanno spesso e alla quale a noi fa sempre piacere rispondere. Abbiamo “inventato” la nostra tecnica man mano, visto che anche nei manuali di scrittura è difficile trovare qualche nozione sullo scrivere con due teste (che è peggio delle quattro mani). Siamo stati fortunati perché siamo riusciti a ricavare ognuno il proprio ruolo preminente: Fabrizio è soprattutto il creativo, colui che dà lo spunto, imposta il lavoro e crea la prima bozza; Marina mette insieme il tutto, scrive, rifinisce, integra. Ognuno è libero di compiere incursioni nel campo dell’altro, com’è ovvio, e negli ultimi anni questo sta avvenendo con più frequenza. Siamo in continua evoluzione, insomma. È scontato dire che discutiamo moltissimo, e lo facciamo in maniera costruttiva e distruttiva fino a che non arriviamo a un prodotto finale che piaccia a entrambi, sia nell’aspetto “interno” (trama, personaggi, svolgimento) che in quello “esterno” (struttura, punto di vista, stile).

Non sempre accade che si trovi la giusta mediazione, e infatti abbiamo diversi progetti ancora allo stadio embrionale, che aspettano la nostra maturazione.

Non si avverte soluzione di continuità nello stile del romanzo. Ossia non saprei dire chi ha scritto un capitolo e chi un altro. Per voi è un complimento?

F: Per Marina lo è di certo perché l’opera finale, stilisticamente parlando, è un suo parto (e dico davvero: ha impiegato nove mesi a completare il lavoro, dopo i miei dodici per abbozzare i capitoli). Della mia opera originale sono rimaste le impostazioni dei capitoli, i personaggi, i dialoghi e qualche descrizione.