Dopo le avventure sull’Orient Express Hercule Poirot si trova Al Cairo dove incontra per caso il suo caro amico Bouc, in Egitto con la madre per fare una vacanza. L’uomo presenta all’investigatore l’ereditiera Linnet Ridgeway, da poco novella sposa dell’aitante Simon Doyle. La donna prega Poirot di aiutarla poiché si sente minacciata da Jacqueline de Bellefort, un tempo sua amica ma anche ex di Simon, che ha lasciato proprio per sposare Linnet. La giovane però pare non arrendersi e perseguita la coppia seguendola durante tutto il viaggio di nozze. Per cercare di evitarla Simon noleggia il lussuoso battello Karnak sul quale imbarca l’intera compagnia di amici, che comprendono il dott. Bessner ex fidanzato di Linnet, Andrew Katchadourian cugino e amministratore dei beni dell’ereditiera, la cameriera personale Louise Bourget, Marie Van Schuyler e la sua infermiera la signora Bowers, la cantante Salome Otterbourne insieme alla nipote e manager Rosalie. La compagnia visita il tempio di Abu Simbel dove qualcuno attenta alla vita di Linnet e Simon cercando di far cadere loro addosso un masso, ma quando tutti ritornano al battello trovano anche Jacqueline ad aspettarli.

Kenneth Branagh torna a vestire i panni di Hercule Poirot ma soprattutto ripropone la sua versione dell’investigatore belga, lontana da quella classica a cui il pubblico è abituato. Questa volta la prende alla lontana mostrando in un prologo in bianco e nero la donna di cui si era innamorato Poirot tanti anni prima e motivo della sua solitudine. Chi ricorda il film del 1978 troverà diverse differenze con questa versione, quella di John Guillermin era piuttosto fedele al romanzo di Agatha Christie del 1937. Senza porsi scrupoli Branagh piega la storia per portare il discorso dove gli interessa, modificando i personaggi, incupendo le atmosfere e drammatizzando l’intera vicenda in modo che il suo Poirot ne risulti quasi un eroe tragico.

Così come già accaduto con Assassinio sull’Orient Express del 2017, l’investigatore belga si trasforma in un eroe d’azione, con un passato tragico, ferito nei sentimenti e forse persino alla ricerca di un nuovo amore. Distantissimo quindi sia l’elegante Poirot di Albert Finney ma soprattutto quello tondo e spassoso di Peter Ustinov capace di infondere al personaggio un sottile humor nero che lo rendeva irresistibile. Splendida in questo senso la performance fatta insieme ad Angela Lansbury, una Salomè scrittrice attempata di romanzi d’amore, eccentrica e rumorosa ma spassosissima. D’altronde nel cast di Assassinio sul Nilo del 1974 ci sono nomi di star del calibro di David Niven, Mia Farrow, Bette Davis e Maggie Smith, capaci di dare alla pellicola un valore aggiunto non da poco. Anche Kenneth Branagh si affida a volti noti tra cui Annette Bening, Gal Gadot e Armie Hammer che, però, ha dato non pochi problemi al film a causa delle pesanti accuse di molestie che lo hanno travolto l’anno scorso, ritardando l’uscita nelle sale da parte della Disney.

Assassinio sul Nilo di Branagh utilizza anche la messa in scena come elemento di drammatizzazione nella storia. Le vetrate smerigliate del Karnak creano dei sipari dietro i quali si consuma l’azione con giochi di luci che celano risse tra sospettati e assassini nell’ombra. Ciò che smorza l’atmosfera è però l’uso massiccio del digitale, così posticcio da trasformare l’Egitto in un paesaggio più vicino a quello del Signore degli Anelli che a una ricostruzione storica degli anni ’30. Chi scrive ha potuto vedere l’anteprima di questa pellicola in 70 mm, un formato che se da una parte aiuta il film dando davvero respiro all’immagine, dall’altro ne accentua  anche i difetti, esasperando l’effetto fantasy. Comunque sia consigliatissima in tutti i casi la visione in pellicola per i fortunati residenti nelle vicinanze del cinema Arcadia a Melzo (MI), uno dei 30 al mondo a possedere una sala in grado di proiettare Assassinio sul Nilo nel formato 70mm.