Lucy è una matchmaker ovvero una combina coppie, un moderno cupido che mette insieme i clienti in base allo stipendio, le caratteristiche fisiche e i bisogni da soddisfare. Questa equazione matematica sembra funzionare per molti, compresa l’ultima coppia di suoi clienti che si sta per sposare e, proprio al loro matrimonio Lucy incontra John, il suo ex squattrinato che divide ancora con dei coinquilini un appartamento a New York che non può permettersi. Tra i due c’era stata una travolgente storia finita proprio a causa della precaria condizione economica di John ,che ora fa il cameriere al catering di matrimoni ma spera un giorno di fare l’attore. Allo stesso tavolo di Lucy è però seduto Harry, fratello dello sposo, che lei definisce “un unicorno”, ovvero il partner perfetto che chiunque vorrebbe accanto a sé: bello, gentile e ricco. La donna si trova così a dover scegliere tra la sicurezza economica datale da Harry e il sentimento mai finito per John.

Dopo il successo internazionale e inaspettato di Past Lives, la regista coreano-canadese Celine Song torna ai triangoli romantici “a tema”. Se nella pellicola precedente ad interessarle era un discorso sulla sorte e su come il destino possa essere arbitrario, scompigliando il futuro delle persone indipendentemente da quanto sia profondo il loro legame, in Material Love si parla di amore e materialismo. La regista che firma anche la sceneggiatura, partendo dalla preistoria e dal primo momento in cui un uomo ha messo un anello al dito di una donna, usa l’utilitarismo della sua protagonista, che dichiara di voler sposare solo uomini ricchi, per descrivere i rapporti di coppia oggi. Le aspettative insomma dell’uomo e della donna medi, che invece di inseguire la ricerca dell’anima gemella sono impegnati a trovare un partner sufficientemente appetibile a livello sociale, in grado di dar loro un valore agli occhi degli altri.

È chiaro però fin dalle prime battute (quelle dell’anello di fiori nella preistoria) da quale parte penda la bilancia per Celine Song e quale sarà la scelta di Lucy. Un discorso zuccheroso il suo, incredibilmente lontano dal pragmatismo di Past Lives, e che sconcerta per la superficialità. Nessuno si metterebbe mai a dire, specie in una commedia romantica hollywoodiana, che la scelta migliore per la protagonista sia seguire il portafoglio, ma non basta scritturare Pedro Pascal nei panni dell’”altro”, per mettere dei dubbi su quale sarà la scelta di Lucy. La morale della protagonista poi non cambia per John ma per una scelta lavorativa sbagliata che la fa sentire in colpa, e che riapre il suo cuore all’idea di vivere una relazione autentica.

Al pari della tesi che le leggi matematiche non possano essere applicate nella ricerca del partner, Material Love finisce per risultare schematico, ma nel senso opposto. Quale sia l’alchimia speciale che lega Lucy a John non ci è mai dato sapere, l’unica cosa certa è che lei se ne è andata perché lui era povero e non poteva darle la stabilità che desiderava. Possibile che un rapporto si riduca solo a questo? Soldi o amore? La verità è che in mezzo ci sono una serie di sfumature e di compromessi che emergevano perfettamente in Past Lives ma di cui non c’è traccia in Material Love, perso tra il glamour dei tre protagonisti, oltre a Pascal completano il cast Dakota Johnson e Chris Evans, e l’idea riproposta ancora nel 2025 che amore voglia davvero dire solo mettersi un anello al dito. Viene da chiedersi se qualcuno consideri ancora questa roba “romantica”.
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