Rand cerca di sfuggire a Moraine, che tenta di decidere il suo futuro, e si reca nella città di Tear per prendere possesso della mitica spada Callandor, che le leggende vogliono possa essere impugnata solo dal Drago Rinato. Moraine, intanto, accompagnata da Lan, Perrin e Loial, lo insegue disperatamente. Contemporaneamente a Tar Valon sono stati rubati dei preziosi manufatti dalle Aes Sedai dell’Ajah Nera; Egwene e Nynaeve, assieme ad Elayne, devono scovare i seguaci dell’Ombra presenti nella Torre stessa. Le loro indagini le portano a supporre che questi siano stati portati a Tear.

Il mio parere è che questo Il drago rinato, terzo libro della saga, sia il più bello.

L’azione si fa più incalzante e la separazione dei tre ragazzi dei Fiumi Gemelli porta finalmente lo scrittore a delinearne i rispettivi caratteri e cambiamenti in maniera esaustiva.

Rand è il più riuscito, umanamente squassato da dubbi e paure. Nonostante vi sia un episodio non molto chiaro, in cui uccide degli uomini (a causa della follia?), la sua strada, il suo destino e le sue remore lo rendono vero, anche se i suoi continui dubbi possono annoiare il lettore; alla lunga l’eroe riluttante stanca e scade nel lamentoso, ma proprio quando sta per accadere ciò, Robert Jordan dona a Rand una nuova consapevolezza e forza che gli fanno accettare il proprio destino, rendendolo attivo e non più in balia degli eventi. Anche Mat, inizialmente il “cinico” e meno simpatico della situazione, diviene un personaggio migliore, grazie a una concretezza che non gli toglie l’attitudine altruista e quasi da eroe. Non solo, la sua nuova caratteristica di “fortunato”, genera situazioni estreme, che, lontano dal risultare scontate, sono molto avvincenti e sorprendono.

Perrin è forse il più solido e costante in tutti i libri; i suoi cambiamenti sono minimi. Anche lui diviene più consapevole della sua natura di Ta’veren, e l’affronta con la solidità e l’attaccamento al dovere che lo contraddistinguono; tanto che personalmente mi aspetto grosse sorprese da lui in futuro.

La struttura dei romanzi inizia comunque a diventare ripetitiva. Dopo essere stati dispersi toccando i quattro angoli del continente, tutti i protagonisti si ritrovano nello stesso posto, un punto di convergenza tessuto dalla Ruota del Tempo, in cui il mondo ha uno dei suoi punti nodali di svolte che condurranno verso il bene o il male.

Alla lunga questo schema potrebbe annoiare e sembra Jordan approfitti del fatto che La Ruota sia ciclica per riproporre di continuo gli stessi eventi. Per quanto mi riguarda considero questo aspetto soltanto una trama nella trama, dato che comunque i tre libri sono molto diversi tra loro. D’altronde se tutti i protagonisti si trovassero sempre assieme, ne risulterebbe un’infinita ‘cerca’, tra l’altro abbastanza ridondante: dare costantemente voce a sette otto personaggi che vivono gli stessi eventi è quantomeno noioso!

Anche in questo libro vengono introdotti nuovi personaggi, che so diventeranno importanti nei futuri volumi. Come suo solito Jordan conclude alcuni argomenti e ne introduce di nuovi, regalandoci di volta in volta un’evoluzione sempre più avvincente della sua saga.