Un conquistador spagnolo ingaggia un combattimento per salire sull’alto di una piramide maya. Un chirurgo rifiuta l’invito di uscire con sua moglie per andare a fare una passeggiata sulla neve fresca preferendo, piuttosto, andare in ospedale a operare su uno scimpanzé malato di tumore. In una bolla sospesa nello spazio astrale, lo stesso uomo completamente calvo medita in posizione Zen, mentre una donna (la stessa) è in un letto d’ospedale. Questo l’originale inizio di The Fountain, il nuovo (e tanto atteso) film di Darren Aronofsky autore dei due capolavori come Pigreco e Requiem for a Dream.

Nonostante The Fountain sia illuminato dalla bravura dei suoi attori (Hugh Jackman e Rachel Weisz) e dal loro fascino, commentato da una colonna sonora commovente come quella di Clint Mansell, il film resta non solo ‘oscuro’, ma anche profondamente deludente.

Il titolo fa riferimento alla Fontana dell’eterna giovinezza che l’autore trasforma in un altro mito: quello dell’albero della vita creato da Dio insieme all’altro tristemente noto della conoscenza del bene e del male.

Lo sviluppo di tre storie (ma sono davvero tre oppure è una con ‘derive’ spirituali?) è costruito sul rapporto tra la ricerca della cura per il cancro e un albero (quello della Bibbia, del giardino dell’Eden ovvero l’albero della vita…) trovato da un missionario francescano. Difficile desumere chiaramente il senso della pellicola che punta a mostrare l’accettazione

della morte nell’ambito della ricerca dell’immortalità.

L’amore di un uomo per sua moglie lo porta a un disperato tentativo di trovare una cura, mentre – sul libro scritto da lei – trova la storia del soldato spagnolo alle prese con i Maya.

Un film confuso che nonostante metta senza ombra di dubbio in mostra il talento del suo autore, evidenzia come – forse – questo progetto rimandato per anni, abbia sofferto dei ridimensionamenti di budget dovuti alla perdita delle due star originali Brad Pitt e Cate Blanchett. Al di là degli effetti speciali non coinvolgenti (e comunque non belli) The Fountain soffre di un’eccessiva cura per la struttura narrativa (pulita, ma fragile) a dispetto dei contenuti che ‘scivolano’ fino ad arrivare a un finale quantomeno poco chiaro.

Alla fine il film vorrebbe riflettere su come – talora – la salvezza arriva quando è troppo tardi, ma – la sua ora e mezza di durata piena di

momenti ridondanti, lascia lo spettatore se non confuso, quantomeno perplesso da una messa in scena non all’altezza delle aspettative.

Frammentario e – forse – in alcuni momenti perfino privo di sostanza, The Fountain è un intrigante collage di buone idee che si tengono insieme con molte difficoltà. Non divertente e – talora – foriero di un umorismo involontario, il film lega con difficoltà i tre segmenti temporali che sembrano restare fini a se stessi.

Più New Age che Fantasy, più metafisico che coinvolgente, The Fountain soffre di una sceneggiatura

interessante trasformata, però, in un film di scarso appeal sotto il profilo squisitamente visivo ed emotivo.

Amore e morte, vita e speranza sembrano non legarsi al meglio nella prospettiva escatologica della conquista dell’eterna giovinezza. Difficile credere che si tratti di un film troppo ambizioso per un regista di

talento come Aronosfky, ma anche molto complicato pensare – come chiede l’autore – di vedere il film un paio di volte prima di ‘capirlo’…Una è più che sufficiente per pensarne – ahimé – ‘male’.