L’eco delle imprese di Napoleone Bonaparte, con le sue guerre e la sua voglia di creare un immenso impero, anche a distanza di due secoli sembra non volersi spegnere.

Che sia visto come eroe nazionale e sognatore, o come fiero e terribile avversario, il corso e la sua epoca continuano a comparire in innumerevoli romanzi storici, così come nella saggistica e nella cinematografia.

Ora questa passione sembra aver contagiato anche il mondo della fantasy. E, dopo il famosissimo Jonathan Strange e il signore Norrell di Susanna Clarke, adesso è la volta di Naomi Novik, che ha scelto di fare della guerra fra Gran Bretagna e Francia lo sfondo per le avventure di Il drago di Sua Maestà.

In questo primo volume della serie di Temeraire l’equipaggio della Reliant, capitanata da Will Laurence, riesce ad abbordare e catturare la fregata francese Amitié. Nell’esaminare il bottino di guerra gli inglesi trovano la più grossa delle sorprese: un preziosissimo uovo di drago pronto a schiudersi.

Niente magia o altri elementi fantastici, la discrepanza fra il nostro mondo e quello della narrativa è tutta qui, nella presenza di creature che non trovano spazio nella nostra realtà.

Sarà proprio la schiusa di quell’uovo, e la nascita di Temerarie, a rivoluzionare per sempre la vita di Laurence, facendolo trasferire dai ranghi della marina a quelli non desiderati dell’aviazione.

Un cambiamento di questa portata non è certo indolore. Sulle prime Laurence è restio ad abbandonare un cammino già intrapreso da tempo e che, se anche non gli prospetta la grandezza, gli dà la certezza di avere un suo posto nel mondo e nel cuore delle persone che gli sono vicine.

L’arrivo di Temerarie cambierà tutto. Un drago non è esattamente un docile animale da compagnia e dividere la vita con lui significa dover accantonare tutto il resto, famiglia compresa.

Una volta accettato il suo nuovo ruolo, l’ex capitano di marina ne scoprirà anche gli aspetti positivi, primo fra tutti il rapporto che riesce a instaurare con il suo nuovo compagno.

Qui la Novik si diverte a giocare con molti degli stereotipi che riguardano queste fiabesche creature. Ci ricorda la loro intelligenza e la loro insaziabile curiosità, molto maggiori rispetto a quelle del suo compagno umano, ma al contempo ne mostra l’ingenuità in scene fondamentali per mantenere un’atmosfera allegra e frizzante durante tutto il romanzo.

Parla delle loro dimensioni, cancellando l’immagine tradizionale del cavaliere solitario in groppa al suo drago per sostituirla con quella di un’equipe altamente specializzata.

E mostra i loro difetti, come la passione per i gioielli e la vanità, rendendoli almeno in questo estremamente simili agli esseri umani.

Una buona parte della storia è dedicata all’addestramento di Laurence e Temerarie. Qui, nella base scozzese che per molti mesi diventerà la sua nuova casa, l’ufficiale dovrà scoprire le regole del mondo in cui è finito, e rivedere molti dei suoi pregiudizi.

Al suo fianco si muove un’affascinante galleria di personaggi, dai draghi Celeritas e Levitas, tanto competente e determinato il primo quanto triste e malinconico il secondo, agli altri comandanti. Jeremy Rankin, in primo luogo, brillante ma inadatto al ruolo che ricopre, ma anche Catherine Harcourt, ancora alla ricerca di una sua stabilità ma determinata nel rivendicare la propria posizione, o la fiera e schietta Jane Roland.

 

Per quanto riguarda l’azione vera e propria, anche se si è nel pieno della guerra di scontri se ne vedono pochi. Dopo il confronto iniziale fra le due navi, l’azione, sempre vista con gli occhi di Laurence, si allontana forzatamente dal campo di battaglia.

E anche se i problemi non mancano la sensazione di pericolo si percepisce come attutita, smorzata dalla distanza, solo fuggevolmente ravvivata da episodi come l’arrivo di un drago ferito.

Anche la battaglia di Trafalgar, nota nel romanzo soltanto attraverso il resoconto di alcuni personaggi, non può avere l’immediatezza e la vivida concretezza dello scontro di Dover nel quale i protagonisti si trovano finalmente coinvolti in prima persona.

 

In conclusione, Il drago di Sua Maestà è un buon romanzo d’esordio. Piacevole, brillante, ricco di personaggi affascinanti che interagiscono fra loro in modo convincente e tengono sempre viva l’attenzione del lettore malgrado la quasi totale assenza di situazioni drammatiche, limitate per lo più alle ultime pagine.

E con un imprevedibile sviluppo finale che, anche se in questo caso può essere un po’ troppo simile all’apparizione di un deus-ex-machina, fornisce lo spunto ideale per il proseguimento della serie.