Come abbiamo visto in apertura, la signora Grilli, troppo infervorata nella difesa della moralità dei giovani contro lo strisciante ‘mala tempora currunt’ che pervade la moderna società, ha deciso di glissare sul discorso più sostanziale e francamente l’unico degno di interesse: quello di una disamina, ancorché breve, dei contenuti dei libri incriminati, per valutare se davvero la loro pubblicazione può essere producente o meno per editore e autore. Non, si badi bene, per il lettore, che contrariamente a quanto si vuole far comunemente credere non è la parte più debole della trafila, avendo in mano quell'arma formidabile che si chiama portafogli e l'ancor più formidabile facoltà di aprirlo o meno.

FantasyMagazine invece, non vuole sottrarsi a tale compito, proponendo in questa sede qualche riflessione, anche se va premesso che chi firma questo articolo ha letto solo uno dei tre fantasy citati, e per ‘par condicio’ non dirà quale (e a questo proposito userà, proprio per evitare fraintendimenti, la parola ‘autore’ in senso molto generico, attribuibile cioè indistintamente a scrittori maschi, femmine, singoli o a più mani).

Ebbene veniamo a ciò che tutti i nostri lettori desiderano sapere: il romanzo in questione, qualunque esso sia, risente dell'età di chi lo ha scritto? Certo che ne risente, ma non si evince certo da assurdi particolari lamentati in certi blog che si occupano di vivisezionare il fantasy nostrano (un bizzarro fenomeno di cui parleremo fra poco), quanto piuttosto da come sono strutturati certi passaggi della storia, dalla scarsa maturazione psicologica dei personaggi, da certi idealismi in bianco o nero e da certe ingenuità nei dialoghi (non a caso uno degli elementi più difficili da padroneggiare anche per gli scrittori adulti). Alcuni di questi difetti sono appunto 'mali di (acerba) stagione', ma va detto che altri possono essere presenti nei manoscritti di qualunque esordiente, a prescindere dalla sua età anagrafica.

Al posto dell’editore, dunque, avremmo dato una chance a chi ha scritto il romanzo in esame? Sì, ma non subito. Avremmo atteso che l'autore maturasse. Non anagraficamente, perché lo stile attuale potrebbe essere benissimo quello di un venticinquenne, ma proprio in quanto autore, al momento narratore acerbo e tuttavia sicuramente capace di irrobustirsi, sia dal punto di vista della costruzione del romanzo sia dal punto di vista delle idee e delle soluzioni adottabili. Forse, negli anni ‘50 e ‘60, quando le grandi case editrici assorbivano ancora un po’ del mecenatismo che appartiene ormai a una cultura di tempi irrimediabilmente andati, avrebbero potuto prendere l’autore sotto l’ala protettiva, indicargli delle letture formative e curarne il percorso per gradi, come si 'allevano' per esempio gli ‘under 21’ delle squadre di calcio. Ma un’operazione di questo tipo, oggigiorno, è probabilmente antieconomica. Oggi bisogna decidere in fretta, battere la concorrenza sul catalogo stagionale, e poi passare ad altro. Sono cambiate le logiche e le tempistiche, e allora l’editore ha scelto altrimenti, decidendo che valeva la pena giocare il tutto per tutto. Se poi ha calcolato male le misure, questo – come si diceva sopra – lo deciderà il mercato, premiando o affossando la scelta. Un’operazione unicamente commerciale può infatti andare molto bene la prima volta, proprio perché è la prima, ma questi tre libri approdano ormai al mercato 'giovanilista' sulla scia di altri predecessori, quali Christopher Paolini o Licia Troisi. Il pubblico, dunque, è più avvezzo e consapevole di qualche anno fa, e ha avuto tutto il tempo per stufarsi, se il successo di quegli autori riposava solo sull’effimero elemento fornito dalla loro giovane età e non anche su un genuino apprezzamento di contenuti. E se il pubblico si è stufato, di certo ora si rivolgerà altrove anche se l’offerta di quella tipologia si è arricchita e ampliata.

Tuttavia queste sono tutte considerazioni piuttosto astratte da – ci si passi il termine –  ‘addetti ai lavori’. Ma la pratica  spesso è più semplice della teoria, e allora è lecito chiedersi: la maggioranza dei lettori si avvede mai di queste cose? Non delle logiche di mercato appena ricordate, ma delle debolezze del testo rimarcate poc’anzi. La risposta è no. Di solito se ne avvede chi ha masticato molti libri di genere e/o chi si interessa di scrittura, e quindi legge con un'ottica diversa da quella usuale. Di solito questi due aspetti coincidono poi con un lettore adulto. La maggioranza dei ragazzi cui si indirizza un libro 'giovanile' si concentrerà invece sul fatto che la storia risulti avvincente o meno ai suoi occhi. Al limite, sul fascino dei personaggi, se i giovani lettori troveranno in essi un elemento che possa accomunarli (indipendentemente dallo spessore psicologico e l'abilità con cui sono stati tratteggiati).