Ma non è necessario arrivare a queste esagerazioni (che pure, non stupitevi, mutatis mutandis potreste leggere in certi commenti in tanti blog i quali, con ridicolo furore iconoclasta, si scagliano sul fantasy soprattutto di matrice italiana, e a maggior ragione se si presenta anche la scusa ulteriore della giovane età). Ci pensa infatti il saggio Aldo, con raro (oggigiorno) buonsenso, a replicare al baldo Francesco e a riportare tutto, dall’iperuranio dove era finita la discussione, al pianeta Terra:

"Allora devi farlo per ogni oggetto che viene nominato, dato che tutto il mondo di un fantasy “fa” monastero sul cocuzzolo della montagna… Non puoi nominare un paio di stivali, o una picca, o un paio di baffi, senza spiegare come conciano le pelli e di quali animali, come cavano la pietra o estraggono il metallo, come ottengono lame di rasoio".

L’interlocutore Francesco, a questo punto, si azzittisce. Sempre difficile replicare a dosi massicce di buonsenso, in effetti…

Ed è esattamente questo il punto. Ci sembra davvero che qui si sorpassi ormai il maniacale, un perfetto esempio di ciò che gli Anglosassoni definirebbero il non saper distinguere il bosco dall'albero. Si perde di vista cioè, in base a dettagli insignificanti, quello che è l'obbiettivo primario della narrativa: intrattenere in primis. Processo che non viene certo inficiato da questioni su birre e candele. Se poi in aggiunta fa anche riflettere, ancor meglio, ma non certo far riflettere sulla fabbricazione delle suddette birre e candele, o dei prosciutti crudi assortiti e dei sarchiaponi vari che sfilano nel testo. Né si può affermare che la coerenza, la quale va indubbiamente perseguita e tenuta sempre presente, vada riferita a inezie del genere, che appesantirebbero la lettura e nient'altro, prestando il fianco ad altre critiche (e stavolta legittime).

Questo felice connubio birra-candela riuscirà a mettere finalmente d'accordo tutti?
Questo felice connubio birra-candela riuscirà a mettere finalmente d'accordo tutti?

Chiude questo spaccato-disamina sulle dissertazioni internettiane più recenti in materia di fantasy il solito esempio (sempre tratto dai post che seguono al pezzo della signora Lipperini) di commentatore che definirei addirittura archetipo, per via del fatto che fisicamente egli si esprime attraverso mille commentatori diversi, e tuttavia ricorre puntuale come una cambiale con la stessa identica, universale solfa:  la fissa della marchetta, per cui se un sito di letteratura parla abbastanza bene di un libro che lui ha odiato, ci devon essere per forza di mezzo i soldi allungati sottobanco al recensore compiacente. È triste, ma molti non hanno ancora capito che qualsiasi recensione risente di gusto e formazioni personali. Pertanto, per sua natura intrinseca non può essere obiettiva e condivisibile da tutti.

Anche perché, per fortuna, al mondo non c'è una sola cosa su cui tutti concordino. Una circostanza che sarebbe fonte, fra l’altro, di estrema noia. Pertanto, riprendendo un vecchio adagio, pur mutuato da tutt’altro contesto, ma buono anche per tutti gli argomenti toccati in questo articolo… W LA DIFFERENCE!

Con buona pace di tutti gli omologatori di pensiero in preda ad assurde, anacronistiche, risibili velleità censorie.