A mio avviso, la narrativa fantasy si presta in modo eccezionale (dipende poi chiaramente dalle capacità degli autori) a dare superbi risultati sia che privilegi una scelta contenutistico/stilistica che l’altra.
Voi che ne pensate?

GM: Penso che la narrativa fantastica debba essere assolutamente libera da metafore e allegorie, che sono la morte della fantasia e rendono impossibile la vera evasione. Poi ognuno è libero di scrivere, anche molto bene, allegorie e metafore che alludano a contesti attuali o storici, ma – a meno che non ci si trovi davanti all’immensa magnificenza di un Dante Alighieri – il “patto evasivo”, come l’hai chiamato tu, va a farsi benedire. Quando leggo un romanzo io voglio salire in carrozza e scendere quando ho chiuso l’ultima pagina, svegliarmi al mondo e godermi quel meraviglioso momento di disorientamento. Se trovo allusioni, anche ben coperte, a questo o a quel contesto reale, non posso evitare di uscire dal viaggio e, fatalmente, dalla magia del racconto.

EP: Sottoscrivo, ma, più che di allegoria, parlerei più propriamente di simbolismo.

Sì, Errico ha ragione. Avrei dovuto citare anche il simbolismo. Restando sull’argomento, ho infatti trovato in internet una frase di Gabriele, “La metafora è nemica della fiaba vera”, proprio come risposta a una domanda sull’impronta prettamente evasiva del Regno nascosto. La citazione è sicuramente estrapolata da un contesto più ampio, per quanto faccia scopa con quanto sopra affermato. In fin dei conti, però, molte fiabe classiche sono allegoriche, o comunque veicolano messaggi o avvertimenti.

GM: Ho spiegato come la penso nella precedente domanda. Per quanto riguarda le fiabe classiche, decisamente allegoriche e “morali”, non posso dire altro che esistono, molte sono anche belle, ma non rispondono a quello che chiedo.

EP: Ripeto, è il simbolo, e non la metafora o l’allegoria, il tratto caratteristico della fantasia eroica.

Quali sono gli autori di fantasy che più apprezzate? In particolare: considerando i nuovi o relativamente nuovi, in quali riscontrate le maggiori potenzialità?

GM: Come ho già detto, tra i nuovi metto George Martin una spanna sopra tutti, sia per quello che ha già fatto, sia per le strade che potrà prendere in futuro. Poi mi piace moltissimo Neil Gaiman, quello di Nessun dove e di American gods, che è capace di scatenare la fantasia a livelli spettacolari: lui riesce davvero ad andare oltre, dove pochi hanno il coraggio di avventurarsi. Anche Jonathan Carroll è uno che sa lasciare briglia sciolta alla fantasia, ma lui esagera, tanto che dopo che hai chiuso il libro ti resta ben poco in mente.

Tra i vecchi, ovviamente Tolkien (anche se non si può parlare di fantasy in senso stretto, ma di qualcosa di più) e Stephen King: il suo ciclo della Torre Nera è grandioso.

EP: A parte Tolkien e Howard, che sono fuori categoria, le mie preferenze vanno a Poul Anderson e Gene Wolfe, un gradino sotto Paul Edwin Zimmer e Karl Edward Wagner. In assoluto, il romanzo di fantasia eroica più bello che abbia mai letto è La spada spezzata di Poul Anderson.

Il fantasy italiano. Quali radici? Quale attualità? Quale futuro?

GM: Per le radici, lascio la parola ad Errico, che è molto più puntiglioso di me. Per l’attualità italiana, lascio la parola ad Errico, che è molto più aggiornato di me. Ferma restando la necessità di scrivere “bene”, il futuro dovrebbe essere di chi ha il coraggio di osare di più, appunto come Neil Gaiman: speriamo che gli editori permettano il salto di qualità.

EP: Le radici affondano nel terreno fertile delle leggende storiche del nostro Paese, le stesse che, se adeguatamente esplorate, possono garantire ai nostri autori un futuro radioso.

Errico Passaro (Foto: Claudio Neri)
Errico Passaro (Foto: Claudio Neri)
Esiste, o può esistere, un fantasy “mediterraneo”?

GM: Come dicevo prima, può senz’altro esistere. Qualcuno ci ha anche provato, con risultati modesti. Ma se ci è riuscito King facendo un fantasy ambientato in un universo parallelo simile al vecchio west, perché non dovrebbe essere possibile con il Mediterraneo? Secondo me il vero motivo è che nessuno davvero bravo ci si è ancora messo di buzzo buono…

EP: Vedi sopra. L’esempio da seguire è Cavalieri del Tau della compianta Anna Rinonapoli.

E veniamo finalmente al Il regno nascosto. Iniziamo dalla trama?

GM: È il tempo degli Uomini: non ci sono più altri popoli a parte i Nani, che per lungo tempo hanno vissuto all’interno di quartieri naneschi nelle città umane. Infine, pur convivendo bene con gli uomini, hanno deciso di tornare agli antichi usi e sono partiti quasi tutti per il Grande Nord, per rifondare il Regno dei Nani. Ma nessuno ha più avuto notizie di loro. Il romanzo inizia con due giovani nani, Vitur e Tekkur, che partono alla ricerca del Regno, incontrando sulla strada amici inaspettati e nemici terribili.

EP: Semplice, basata sulla tema tradizionale della “ricerca”.

Come nasce il romanzo?