PER INIZIARE Prologo:

il simbolo del fuoco

Tiepide raffiche di vento mi sbattevano repentinamente i vestiti, mentre i ciuffi dei miei capelli si muovevano ribelli sulle tempie. Assaporai a occhi chiusi l’odore di quell’aria così pulita, dal gusto salmastro, respirandola a pieni polmoni. Allargai le braccia, per meglio bilanciarmi mentre nuotavo tra le nuvole.

“È così bello volare! Sto volando nel cielo, è meraviglioso!” dissi mentre un sorriso mi illuminava il volto. Con le mani sfiorai i candidi cumuli vaporosi delle nuvole e avvertii la loro fredda inconsistenza, il loro mutare improvviso di forma al suo passaggio. Portai le ginocchia al petto, per darmi maggior slancio e compiere capriole e acrobazie in quello spazio celeste, in quell’immensa massa soffice e bianca. Ridevo, ero completamente felice, libero da ogni pensiero, che sensazione meravigliosa!

Improvvisamente il cielo cambiò la sua tinta, scurendo all’orizzonte il suo blu pallido fino a colorarsi di mille sfumature rossastre man mano sempre più intense e calde. “È il tramonto” pensai con gli occhi fissi e la mente assorta. Pochi attimi e il buio mi avvolse nella silenziosa sera. Udii allora una soave musica provenire da ogni direzione, note melodiose che sembravano donare serenità e armonia, intervallate da flebili echeggi di donna. Mi volsi supino, incrociando le mani dietro la nuca e sbattendo dolcemente le piante dei piedi, quasi per rimanere a galla tra i soffi della notte. Osservai la coperta stellata sopra i miei occhi, una miriade di punti luminosi, a tratti congiunti da chiare e tenui pennellate. Vidi un bagliore arancione rischiarare l’oscurità dal basso, ruotai su me stesso per intuire la provenienza di quei magici riflessi. Sotto di me, la città dormiente nella sera sembrava non volersi abbandonare tra le braccia della notte. Luci pulsanti la coloravano e la ravvivavano, accendendosi e spegnendosi in continuazione, frementi di vita.

“Sono le luci delle case” pensai con stupore. Non avrei mai immaginato quanto potesse essere spettacolare la città di notte. Lunghe e attorcigliate strisce purpuree la attraversavano in ogni direzione, quasi lingue di lava palpitanti dal colore caldo e sfumato.

“Queste saranno le strade della città,” realizzai “ma non può essere il mio paese, è troppo vasto, non riesco neppure a scorgerne i confini...” Lo osservai con cura, cercando qualche dettaglio che potesse ricondurmi a un luogo familiare. D’improvviso sussultai, mi accorsi con orrore che stavo perdendo quota avvicinandomi sempre più verso il basso. Cercai di muovere le braccia per salire in alto, ma continuavo a sprofondare verso le mille luci della città, che parevano succhiarmi verso sé. L’angoscia mi attanagliò, il terrore d’impotenza si fece strada prepotentemente.

“Cosa succede? Perché sto cadendo?” urlai corrugando la fronte. I barlumi smisero di pulsare e poco a poco iniziarono a spegnersi. L’aria si era fatta più fredda e sentivo la fronte gelida e madida di sudore. La paura e l’agitazione mi pervasero, non riuscivo più a frenare la discesa, la velocità verso il basso aumentava sempre più. Le luci della città si erano spente totalmente, la terra scura era attraversata da lingue di fuoco che curvavano l’una verso l’altra. Aguzzai la vista, mi accorsi allora che disegnavano uno strano simbolo, preciso e delineato nei suoi confini. Sembrava un grande triangolo, i cui vertici sprigionavano tre semicerchi incandescenti.

“Mi schianterò in mezzo a quelle fiamme!” gridai in preda al panico mentre il calore si faceva sempre più insopportabile. La musica soave che pochi istanti prima mi aveva inebriato si percepiva ora solo da lontano, sempre più debole. Nuove ritmiche stridenti e discordanti la sovrastavano impetuose attraversando le mie orecchie con sordi frastuoni.

“Cosa sta accadendo... Aiuto!!” gridai coprendomi le tempie con le mani e scuotendo terrorizzato la testa. Mi parve allora di udire un coro di piccole voci provenire sopra di me: “Aiutaci ragazzo! Corri in nostro soccorso!”

Non potevo prestare attenzione, ero scosso dal terrore di schiantarmi tra quelle fiamme che vorticavano fameliche pronte a divorarmi. Un vento gelido mi attraversò completamente, avvertii i ciuffi di capelli indurirsi, quasi congelarsi a quel soffio glaciale. Improvvisamente una voce tetra soffocò ogni suono, attanagliandomi la testa e impedendomi di udire i rumori esterni.

“Unisciti a me, unisciti a me...”

Mi sentivo soffocare, avevo bisogno di aria, i miei polmoni invocavano avidi boccate d’ossigeno. Chiusi gli occhi continuando a urlare. Cosa mi sarebbe successo? Mi sarei schiantato al suolo in pochi secondi, inghiottito da quel vasto triangolo infuocato? Che potevo fare, nessuno mi udiva...

“Aiutatemi! Aiutatemi!” urlai ancora a squarciagola. “Aiutatemi! Aiutatemi!” Uno, due, tre... “Cosa sono questi battiti? È il mio cuore forse?” Quattro, cinque, sei... “Non è il mio cuore. Sembra ferraglia che sbatte.” Sette, otto... “I rumori che echeggiano, vibrano come fossero cancelli...” Nove.

PER CONOSCERE

da La Visione Ancestrale