Esisteva un mondo buio, poi un giorno un eroe coraggioso lanciò un arpione verso il cielo e afferrò il Sole trascinandolo verso la terra. Un altro eroe, tornato dal mondo dei sogni, portò invece con sé la Luna. Da allora i guardiani trascinano ininterrottamente ai lati opposti del pianeta i due astri che vivono grazie al potere reciproco. Succede però anche ai guardiani di andare in pensione e di essere sostituiti nel loro importante lavoro. Come da previsioni è Sohone, un giovane prestante, sempre attento a farsi bello con il gentil sesso, a diventare il nuovo guardiano del Sole ma, contro ogni previsione, è invece Mune, una piccola e imbranata creatura della notte, a essere eletto come guardiano della Luna. Questa inaspettata sorpresa darà la possibilità a Necross, un ex guardiano del Sole che in passato aveva cercato di rubarlo, di impossessarsi dell’astro di fuoco.

Presentato come film d’animazione creato dagli stessi autori di Kung Fu Panda, Mune – Il guardiano della Luna è in realtà un prodotto francese. Sotto molti aspetti lo si percepisce specie nel character design dei personaggi e, più in generale del mondo fantastico creato. Mune è certamente in debito con i Na’vi di Avatar, dal colore della pelle, alle efelidi luminose, agli occhi da gattone, così come Glim, la ragazza di cera di cui Mune si innamora, non può non ricordare le eroine disneyane. Sono anche evidenti i riferimenti al surrealismo di Dalì, specie nella rappresentazione del Tempio della Luna come un enorme uccello dalle lunghe zampe filiformi, e all’animazione giapponese, sia nell’immaginario naturale vicino a un certo stile dello Studio Ghibli, ma soprattutto nella rappresentazione del sogno. Ci sono un paio di sequenze, quelle oniriche per l’appunto, in cui il 3D cede il passo all’animazione tradizionale che ricorda molto gli anime giapponesi, creando un effetto davvero interessante.

Mune è, insomma, al di là della solita storiellina che piacerà senza dubbio ai bambini ma che non racconta nulla di nuovo, un pastiche visivo capace, forse non fino in fondo, di spezzare le regole dell’animazione da grande schermo. Non siamo in un modo riconoscibile per quanto alternativo, come quello dei giocattoli (Toy Story), della favole (Shrek) o degli animali che fanno kung fu. Nel mondo di Mune il male è rappresentato da serpenti bidimensionali in un modo tridimensionale, ci sono ragazze di cera che congelano durante la notte e si sciolgono se stanno troppo al sole, la luna è ancorata alla terra da sottili fili d’argento tessuti da esseri che stanno a metà tra una pigna, un uccello e un criceto, e alcuni abitanti sono fatti di pietra e peluche.

Insomma al di là della moralina sul “credere in se stessi”, Mune – Il guardiano della Luna è un interessante esperimento visivo, specie per un film europeo che prova a coniugare l’estetica del “grande incasso” a una più d’essai.